SCUOLA

I rilievi in un dibattito organizzato dal Gilda sul nuovo decreto.

Sul reclutamento docenti

un mare di ricorsi in vista.

da ItaliaOggi del 5/3/2005

 

Il nuovo reclutamento degli insegnanti è ad alto rischio di ricorribilità. Il meccanismo per formare i docenti del futuro e immetterli in ruolo, previsto dal decreto attuativo dell'articolo 5 della legge n. 53/2003, approvato la scorsa settimana dal consiglio dei ministri, potrebbe facilmente cadere sotto la mannaia del giudice amministrativo. Dall'eccesso di delega, rispetto alla legge n. 53, alla violazione del principio del concorso pubblico, previsto dall'articolo 97 della Costituzione, sono molteplici i profili sotto i quali il neonato reclutamento, che manda in soffitta il concorso pubblico, potrebbe essere sanzionato, secondo quanto rilevano i tecnici della materia. È quanto è emerso ieri nel corso di un dibattito, organizzato dal sindacato autonomo Gilda. L'organizzazione, guidata da Alessandro Ameli, ha ribadito il no a qualsiasi previsione normativa che affidi ai dirigenti scolastici il compito di reclutare gli insegnanti, analogamente a quanto fanno i datori di lavoro di aziende private. No, insomma, a quell'assunzione diretta dei prof che è l'elemento cardine della proposta di legge Santulli-Napoli (Ac 4091) sulla quale si è consumato in questi mesi non solo lo scontro con l'opposizione e i sindacati, ma all'interno della stessa maggioranza. Una revisione dello status dei docenti, dalla formazione al reclutamento, è però già contenuta nel decreto attuativo della riforma del ministro Letizia Moratti, che dovrà essere definitivamente varato dal consiglio dei ministri, dopo i passaggi parlamentari, entro ottobre 2005.
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Il decreto è viziato da un abuso di delega, in quanto l'articolo 5 della legge 53 assegnava al ministero il compito di regolamentare solo la formazione iniziale dei docenti e non anche il reclutamento", rileva Fulvio Rocco, magistrato del Tar Veneto. Che punta il dito anche contro il meccanismo dell'accesso alla professione: "Non si può assegnare all'università il compito di fare una selezione sostitutiva del concorso pubblico, sviando così il precetto del legislatore costituzionale", dice Rocco. Argomentazione, quest'ultima, condiva anche da parte della maggioranza, tanto da far presagire un non facile iter parlamentare del provvedimento.

Il decreto prevede lauree specialistiche per i prof, che saranno ammessi a facoltà a numero rigorosamente chiuso. Finito l'iter universitario, saranno inseriti in graduatorie regionali, "
distinte per la scuola dell'infanzia, la scuola primaria e, per la scuola secondaria di primo e di secondo grado, per ciascuna classe di abilitazione, organizzate per aree disciplinari". Da tali liste attingerà l'Ufficio scolastico regionale per assegnare alle scuole gli aspiranti, nell'ordine delle graduatorie tenendo conto delle preferenze degli stessi candidati. Se l'anno di prova avrà esito positivo, si passerà all'immissione in ruolo.

Dalle nuove graduatorie sarà attinto il 50% del contingente. La restante metà andrà ai docenti del pregresso sistema. Il decreto non interviene sulla carriera, che "dovrà essere oggetto di apposita contrattazione", chiarisce Pasquale Palmiero, direttore generale dell'Aran, "
giacché su orari di lavoro e salari è tutt'oggi competente il tavolo contrattuale nazionale".