Decreto sulla formazione dei docenti:

e le paritarie?.

da TuttoscuolaNews N. 189, 14 marzo 2005

 

La bozza del decreto legislativo sulla formazione dei docenti continua a far discutere. Non è piaciuta neanche alla Compagnia  delle  Opere, finora    tra   i  maggiori  sostenitori  della  riforma  Moratti.  Il responsabile scuola della CdO, intervistato dal  settimanale  "Tempi", ha sostenuto: "è una jattura  per  le  scuole  statali.  Perpetua  il peggiore dei difetti del nostro sistema, cioè la certezza del posto a prescindere dalla capacità di  insegnare".  E  rincara  la  dose:  "I decreti Moratti-Sindacati-Alti Burocrati  fanno  tornare  indietro  di vent'anni la scuola. Sono da riscrivere".

Il   decreto  attuativo  sulla  formazione  e  il  reclutamento  degli insegnanti programma solo l'ingresso degli insegnanti statali, ma tace di quelli necessari alle scuole paritarie delle Regioni,  dei  Comuni, degli enti morali e dei privati. Un  silenzio  inquietante,  ma  così apparentemente irragionevole da essere sospetto. L'omissione,  se  non colmata nel corso del perfezionamento del decreto, potrebbe portare al paradosso della chiusura degli istituti paritari per  l'impossibilità di reperire sul "mercato nazionale" i docenti necessari per assicurare gli insegnamenti previsti dai nuovi ordinamenti (lo schema prevede che il numero degli accessi sia calcolato sul  fabbisogno  previsto  delle sole scuole statali aumentato del 10%).

 

O forse l’omissione del MIUR potrebbe essere un modo per suggerire altro? Per esempio, che gli enti gestori delle scuole paritarie, o i loro rappresentanti di categoria, potrebbero autonomamente stipulare convenzioni con le università sia per selezionare un numero adeguato di candidati alla laurea magistrale per l’insegnamento sia per la successiva formazione dei vincitori nell’anno di tirocinio? O anche per suggerire che, ferme restando le regole generali stabilite dallo Stato per le lauree magistrali per l’insegnamento, le Regioni e/o il consorzio degli enti non statali che chiederanno le convenzioni con le università per la formazione dei loro abilitati potrebbero rivendicare il diritto di aggiungere alle regole statali anche vincoli coerenti con la legge di parità n. 62/2000 (come candidare all’ingresso alla laurea magistrale per l’insegnamento in scuole non statali solo studenti che accettino le scelte educative dei Pof degli istituti che chiedono la copertura di posti?).

Sarebbe interessante sapere se questi possibili scenari siano stati taciuti solo perché avrebbero sollevato obiezioni insuperabili da parte dei contrari alla sussidiarietà, all’autonomia e, conseguentemente, ad una piena parità, oppure se tali scenari siano solo un generoso, ma sterile, tentativo di rendere sensate scelte che alla lettera lo sono poco. Forse, più banalmente, la mancata indicazione è solo il frutto di una grave superficialità che testimonia, al di là delle affermazioni di principio, la scarsa attenzione ad una gamba del nostro sistema scolastico: il pubblico non statale.