CONTRORDINE.

Di tutor, di più.

di Alessandro Rebecchi, da il Manifesto del 27 marzo 2005

 

Secondo i nuovi orientamenti della riforma scolastica, le ultime cifre del mercato del lavoro e alcune battute di stampo satirico-economico del professor Brunetta, si può finalmente disegnare la nuova vita media di un ipotetico italiano medio in questo medio livello di merda in cui ci troviamo. Mediamente. 0-5 anni. L'età migliore, e infatti è difficile ricordarla. Mamma deve scegliere se lavorare per pagare il nido o risparmiare sul nido e non lavorare. Ma tu, perso nell'estasi dei tuoi bisogni primari, sembri felice.

6-14 anni. Hai il diritto-dovere di andare a scuola. Non è esattamente un obbligo, è un diritto-dovere, come quello del voto, lo stesso per cui alti prelati e vecchi politici invitano a non andare a votare. Diritto-dovere, da queste parti, è una formula retorica che significa: «fai un po' come cazzo ti pare».

15-18 anni. Scuola-lavoro. Stages. Apprendistato. Una volta lo pagava (poco) l'azienda dopo la scuola. Ora lo paga (niente) l'azienda durante la scuola. Confindustria si dice soddisfatta, chi l'avrebbe mai detto. Chi vigila sul fatto che questa faccenda dell'alternanza scuola-lavoro non sia un barbatrucco per fregarti un paio d'anni di (magro) salario? Vigila il Tutor. Esatto, nel volgere dell'anno che ti fa maggiorenne sei messo così: non hai praticamente più la scuola e non hai ancora un lavoro. Però hai il Tutor. E' il progresso. Coraggio, presto andrai anche a qualche convention. Il Tutor della legge Moratti ha dunque la funzione di inserirti lentamente e senza traumi nel mondo del lavoro. Dovevano chiamarlo Vaselina, ma poi hanno preferito Tutor, è più professionale.

19-24 anni. Il tuo stage è andato molto bene e ti ha dato dei crediti formativi e sei finalmente uscito dal tunnel della scuola. La tua alternanza scuola-lavoro ora è solo lavoro. E' sparito pure il Tutor, ora puoi farti male da solo. Qualche mese in nero, poi potrai godere di tutti i meravigliosi optional della legge Biagi/Maroni. Un anno a termine, uno a progetto, sei mesi a chiamata, di nuovo a termine, di nuovo a progetto e poi sei mesi a spasso, poi di nuovo a progetto eccetera.

25-30 anni. Non hai un vero lavoro, ma tre o quattro pezzettini che messi insieme potrebbero anche assomigliare a un'occupazione, con un salario che equivale a quello che ti chiedono per l'affitto di un monolocale. E' piuttosto seccante. Più seccante ancora che ad ogni momento ti si rinfacci di contrarre i consumi, di non comprare macchine o case, deprimendo così l'economia del paese. Non spendi, il declino è un po' anche colpa tua. Sei proprio uno stronzo.

30-35 anni. Ormai non hai più scuse, sei un adulto. Alla tua età tuo padre aveva già due figli e un lavoro con l'articolo 18 incastonato in oro su una montagna di privilegi comunisti. Alla tua età cominci a pensare di condividere la vita con un amore vero, ti piacerebbe avere dei figli veri e sai che per fare tutto questo ti servirebbe un lavoro vero. Chiedi consiglio alle aziende che fraternamente ti accompagnano nel tuo viaggio da anni, dai tempi del Tutor. E tutte ti esortano paternamente ad aprire una partita iva.

35-40 anni. Ne hai fatta di strada! Non hai un lavoro da almeno quindici anni. Bisogna festeggiare! Ti guardi indietro e sei stato di tutto, hai un curriculum bestiale. Sei stato parasubordinato, occasionale, somministrato, a tempo, a chiamata, a cottimo, a progetto, collaboratore, nonché un paio di volte stagista, un paio di volte borsista e qualche volta persino in contratto formazione-lavoro, per non parlare di quando sei stato co.co.co, co.co.pro. e altre sigle che non ti ricordi, ma che ti hanno permesso di arrancare fino a una vita normale. Secondo i tuoi calcoli al termine della tua avventura lavorativa, tra un quarto di secolo, potrai reclamare una pensione di ventun euro, virgola sessanta.

40-45 anni. Ora sei più che adulto, sei un signore, o una signora, di mezza età con figli, una vita strutturata.

45-50 anni. Finita la pacchia, amico! Ora stai per varcare quella soglia in cui da precario diventi «oggetto di tagli». Come dice il prof. Brunetta bisogna eliminare sprechi e privilegi, certi lussi sovietici tutti luccicanti come la «giungla della cassa integrazione», le pensioni di invalidità, i lavori socialmente utili. Insomma quei minimi air-bag antiurto che ti sono rimasti.