Il ministro Moratti ha ribadito l’importanza degli studenti

che hanno rappresentato la spina dorsale della «medium tech».

Attesa per il passaggio della formazione professionale alle Regioni.

Crollano gli iscritti.

«Ma gli istituti tecnici restano una risorsa».

«La riforma non ha chiarito il futuro di queste scuole».

Il preside del Giorgi: bisogna dare ai giovani un titolo spendibile sul mercato

di Annachiara Sacchi, da Il Corriere della Sera del 7/3/2005

 

Sono tutti d’accordo: gli istituti tecnici sono una risorsa preziosa per la scuola italiana e, in particolare, per il sistema produttivo lombardo. Lo ha ribadito il ministro dell’Istruzione, Letizia Moratti, lo ripetono a gran voce politici di ogni colore, rappresentanti di Confindustria e manager delle aziende di tutta la Regione. E gli insegnanti, naturalmente. Intanto, però, gli istituti che hanno formato la spina dorsale della «medium tech» (così li ha definiti Gianluigi Rocca, vicepresidente di Confindustria con delega all’education ), continuano a perdere iscritti. L’emorragia dura ormai da qualche anno. Da quando, con il disegno di riforma del ciclo scolastico superiore, si è deciso di «licealizzare» gli istituti tecnici e di convogliare i professionali nel canale della formazione. Il calo è stato progressivo: nel 2000-2001 gli aspiranti geometri della Provincia di Milano erano 19.528, nel 2003-2004 sono scesi a 17.910.

«Questa incertezza sul futuro - commenta l’assessore regionale all’Istruzione, Alberto Guglielmo - non giova a nessuno. L’istituto tecnico non può essere trasformato in toto in liceo tecnologico. E nemmeno si possono aggiungere materie che dilatano sensibilmente l’orario delle lezioni. Sia chiaro, se alcuni tecnici si trasformano in licei non sono contrario. Non ritengo giusto, invece, che tutti i tecnici chiudano».

Sotto accusa, le materie curricolari del liceo - come storia dell’arte e filosofia - che toglierebbero spazio all’esperienza «sul campo», tipica della formazione tecnica: stage, laboratori, lezioni pratiche.

Per ora, comunque, la questione è ancora aperta. E una vera strategia di intervento per salvare gli istituti tecnici non sembra essere stata ancora definita. «Vedremo insieme alle Regioni - ha spiegato il ministro Moratti al convegno inaugurale dell’Expo dell’Educazione e del Lavoro che si è svolto la settimana scorsa alla Fiera di Milano - come intervenire. Nostro obiettivo, comunque, resta valorizzare e potenziare il patrimonio degli istituti tecnici».

Ma come? Se lo domandano i presidi di Itis, tecnici commerciali e istituti per geometri, che devono fare i conti, anche quest’anno, con un forte calo di iscrizioni.

«L’unico modo per valorizzare la formazione tecnica - spiega Rodolfo Rossi, a capo del Giorgi - è creare poli tecnologici, dove contemporaneamente ci sia liceo, istituto tecnico e professionale, dove si collabori con le imprese, con l’università, con gli enti locali. È necessario, poi, dare ai nostri giovani un titolo spendibile sul mercato. E rendere queste scuole più appetibili. Dove chi frequenta, al termine degli studi, possa decidere se andare a lavorare o continuare nel sistema universitario. Insomma, la doppia scelta va conservata. L’errore della riforma, invece, è dividere tra università e lavoro: questa scelta a 14 anni è inaccettabile».

Più fiduciosa Bruna Sinnone, dirigente del tecnico commerciale Besta: «Piano piano le competenze sulla formazione professionale passeranno alle Regioni. Nel frattempo, i due sistemi conviveranno: avremo licei tecnologici e istituti tecnici e professionali. Sarà un passaggio graduale e nessuno rimarrà senza scuola. Su questo possiamo stare tranquilli».

asacchi@corriere.it