Le famiglie rischiano di trasformarsi in “clientela”.

L’autonomia degli istituti ha modificato gli equilibri precedenti,

le famiglie rischiano di trasformarsi in “clientela”.

di Francesca Nunberg da Il Messaggero del 6/3/2005

 

ROMA - Primo caso, Roma: madre inferocita di un bambino delle elementari che chiede come fare ricorso contro la scuola; e perché signora? «Perchè alla recita di fine anno mio figlio non ha avuto il ruolo che meritava». Tra le motivazioni addotte, «mio figlio è bello». Secondo caso, Napoli: un prof di seconda media di fronte alle intemperanze di un ragazzino gli dice scherzando «se proprio devi tirare quel cancellino, tiralo a me» e viene preso in parola; colpito in faccia, due giorni di sospensione, col preside che chiama i genitori, viene minacciato telefonicamente dal padre e lo denuncia. A raccontare queste scene di ordinaria follia scolastica è Bruno Iadaresta del Moige, movimento genitori. Ma che il preside prenda le difese dell’insegnante non è così scontato, anzi è nell’allentamento di questo rapporto, assieme al fossato scavato tra scuola e famiglie (iperprotettive, ipercritiche) che si consuma l’ardua vita del professore. Triste e solitaria.

«In una situazione di rapporti scolastici così difficili - spiega Massimo Di Menna, segretario generale della Uil scuola - sarebbe fondamentale il ruolo del dirigente scolastico, che dovrebbe prendersi le sue responsabilità e non scaricarle sui docenti. E invece spesso accade che gli dica solo: stai attento, i genitori sono venuti a reclamare, non creare problemi. Ma questa è un’interpretazione errata della concorrenzialità, chiedere al genitore dimmi cosa ti serve e io te lo procuro; magari loro vogliono che il figlio faccia teatro quando invece avrebbe bisogno di tre mesi di recupero d’inglese. Il meccanismo del consenso ha i suoi rischi ma dobbiamo stare attenti, la scuola non è un supermarket e deve mantenere il ruolo formativo».

Metafora condivisa da Alessandro Ameli, coordinatore nazionale della Gilda: «Da quando c’è l’autonomia, la scuola sembra diventata un supermercato, e mantenere la propria clientela può essere più importante che tutelare i dipendenti. E’ scorretto generalizzare, ma non sempre i dirigenti scolastici sono all’altezza di gestire le risorse umane». I professori, insomma, «non hanno gli strumenti per difendersi», non solo dalle battaglie in classe, ma nemmeno fuori: «Porti i ragazzi in gita e non hai copertura assicurativa, in compenso ti danno l’indennità di missione: 1 euro e 30 al giorno, quell’assegno me lo conservo...». Ma poi tutte queste sono quisquilie, il cellulare in classe, la sigaretta in bagno; a rompersi davvero secondo Ameli è stata «l’alleanza tra scuola e famiglia, che prima rendeva molto forte il rapporto educativo».

Così il prof finisce in balia di cancellini volanti e genitori a spada tratta. «Non parlerei di lassismo dei dirigenti - dice Armando Catalano, responsabile nazionale presidi della Cgil scuola - anche perché allora si potrebbe contraccambiare l’accusa dicendo che i prof non sanno insegnare; evidenzierei invece la complessità del fenomeno, in cui la scuola fa quello che può ma tutti debbono accettare le regole. Oggi la sensibilità è cambiata: questa non è più un’adolescenza con la paura del lupo, è più avvertita, più acuminata, e bisogna trovare sempre nuove strategie. Ma le regole servono, da imporre anche con le sanzioni (magari diverse dalla sospensione: si può pensare a riparare danni, a fare qualche servizio per la scuola). Io posso interrompere la lezione perché un ragazzo si mette a piangere, e il dramma viene condiviso dalla classe, ma sul cellulare che squilla non c’è mediazione possibile».

Regole, regole, non sarà una ciambella di salvataggio? «Dopo i fatti di Milano - spiega Gigliola Corduas, presidente della Federazione nazionale insegnanti - con il Parini allagato dagli studenti e i prof che si sono rivolti al ministro chiedendo interventi più severi, vogliamo rilanciare il tema dei diritti e dei doveri degli studenti. Il documento è quasi pronto: la scuola deve prevedere un organismo di tutela che affronti i problemi disciplinari, non può essere tutto demandato al singolo prof, al consiglio di classe o al preside. La domanda è semplice: la scuola deve inseguire il gradimento delle famiglie o esplicare le finalità formative che la Costituzione le attribuisce?».

La non-risposta arriva da un terzo caso: in un liceo classico della Capitale qualche giorno fa il preside convoca d’urgenza tutti i genitori, gli insegnanti e gli studenti di una classe “famigerata” e annuncia «noi questi ragazzi non riusciamo più a gestirli».