Linea di confine.

Libertà di telefonino nel Paese dei balocchi.

di Mario Pirani, da la Repubblica del 7/3/2005

 

Letizia Moratti alle prese con gli scioperi negli atenei non ha preso in considerazione la mia modesta richiesta di diramare una circolare per proibire l´uso in classe dei telefonini (vedi ultima «Linea di confine»). Leggendo le due pagine di interviste a insegnanti, genitori e ragazzi, che «Il Messaggero» ha dedicato alla questione mi rendo, peraltro, ancor più conto delle ragioni della prudenza ministeriale. Il libertinaggio cellulare tocca, infatti, il fulcro del quesito: debbono sussistere o no nell'ambito della scuola un assieme di regole normative, oggettivamente imposte, non certo in nome di una severità accademica ottocentesca, ma almeno tali da garantire il normale corso degli studi, accompagnato da quel tanto di disciplina formativa indispensabile alla convivenza degli studenti fra di loro e ad un rispetto dell'insegnante nei limiti, almeno, della buona educazione? L'ovvietà dell'interrogativo non comporta purtroppo una risposta altrettanto ovvia. Il problema presenta, infatti, una caratteristica ben diversa da episodi che destarono scalpore (ad esempio l'allagamento provocato del liceo Parini di Milano): qui siamo invece di fronte ad una normalità patologica subita come ineluttabile che non dovrebbe neppure destare meraviglia. Il trillo continuo del telefonino è solo l´abituale accompagnamento sonoro di un degrado generale della vita scolastica, naturalmente con eccezioni che appaiono in questo contesto tanto più straordinarie, come di straordinaria qualità e coraggio sono quegli insegnanti che ancora riescono a far fronte al loro compito.

Fornisco qualche brano delle interviste: «In generale i docenti sono soli, non hanno l´appoggio dei dirigenti scolastici, se dai brutti voti vieni accusato di non saper insegnare, alla fine rinunci e dai tutti 6... La scuola è diventata una contrattazione continua: devi contrattare per fare un compito, per fissare in anticipo la data di una interrogazione... Un tempo in caso di insuccesso scolastico i genitori assumevano un atteggiamento correttivo nei riguardi del figlio, adesso vanno dal magistrato.. Nella mia prima media su 18 allievi solo uno non ha il telefonino... il telefonino viene fatto squillare di continuo, anche per scherzo, a ricreazione volano pure bottigliette d´acqua, qualcuno torna a casa con un occhio nero perché non ha voluto dare soldi ai più grandi». Quando si denunciano questi fatti i corifei del pedagogismo imperante, che, in odio al vecchio ordinamento, hanno ispirato le infinite riforme e riformicchie, danno una risposta contrassegnata da un comune denominatore: la necessità di adeguarsi ai nuovi tempi, alle nuove insopprimibili esigenze dei giovani, alla democrazia che non può convivere con l´autoritarismo, alla domanda di partecipazione delle famiglie, all'imperativo di una scuola di massa, per tutti, non più ferita da suddivisioni elitarie.

All'invito a prendere atto dei catastrofici risultati ribattono che «ben altro è il problema». In effetti hanno concorso vari fattori a così sconfortanti esiti. Da un lato l´assunzione della falsa idea che lo studio debba essere «facile», gradito, privo di verifiche che filtrino il grado di apprendimento.

In nome di una balorda interpretazione della democrazia tutti debbono andare, comunque, avanti. Quindi niente brutti voti, esami-burla (quando ancora sussistono), abolizione delle pagelle, del rinvio a settembre, della bocciatura, delle sospensioni e quant'altro. Dall'altro, in nome dell'autonomia, si è battezzata «azienda» la scuola, i presidi sono stati indotti a fare i manager e ad attrarre i clienti (gli studenti) i quali, in quanto tali, «hanno sempre ragione», liberi di comportarsi come credono, titolari di diritti pari a quelli di un lavoratore adulto (di qui telefonini ma anche interrogazioni «contrattate» e abolizione di ogni legame tra valutazione del profitto e della condotta). Come se non bastasse si è inventata l'autonomia individuale del percorso scolastico: accanto a residui pilastri dell'insegnamento eguale per tutti si va affermando la libera scelta delle materie e dei temi che i singoli (col sostegno colpevole delle famiglie) decidono di privilegiare. Pinocchio e Lucignolo godettero di cinque mesi di cuccagna nel Paese dei Balocchi prima di venire trasformati in ciuchi. Quindi, dopo numerose disavventure, il burattino venne gettato in mare dove innumerevoli pesci lo liberarono dall'involucro asinino. Qui da noi, però, la cuccagna si è prolungata molto più a lungo e non si vedono all'orizzonte pesci salvifici capaci di operare il miracolo.