Burnout, psicopatie e antidoti

Vita “diffacile”.

 di Vittorio Lodolo D'Oria da Proteo Fare Sapere del 22 maggio 2005

 

I miei anni sono 44 come i gatti di quella famosa canzone dello Zecchino d’oro che vide la luce negli anni sessanta. Stando alle statistiche ho cominciato la discesa dopo aver superato il “mezzo del cammin di nostra vita”. Eppure, ancora oggi, di fronte alla domanda se la vita è facile o difficile, non saprei rispondere.

In taluni momenti mi sembra che il solo sopravvivere al quotidiano sia un’impresa da titani, in altri mi vien da pensare che sarebbe facile come bere un bicchier d’acqua, se solo non ci mettessi del mio a complicare l’esistenza. Forse ha ragione mio figlio di 5 anni che mi ha inconsapevolmente fornito la risposta coniando una nuova parola con la fusione dei due aggettivi. Quando non gli riesce un gioco mi dice, con garrula vocetta, “papà, ma è diffacile”, quasi a significare che dipenderà dal mio intervento la cancellazione delle prime tre lettere, piuttosto che dal mio disinteresse la trasformazione della “a” in “i”. In altri termini sembra volermi dire: “Dipende da te papà, dal significato che attribuirai alla vita, dal peso che le darai, da come la guarderai”. Altra lezione sull’interpretazione delle cose me la diede mia figlia che, in una radiosa giornata di sole, col ditino puntato verso l’inceneritore di rifiuti a ridosso di casa nostra, mi chiese cosa fosse quel tubo enorme puntato verso il cielo. Guardando il fumo bianco salire verso il cielo, mi accingevo a studiare una risposta accessibile alla bimba che, eccitata, mi anticipò: “Papà, è una fabbrica di nuvole!”, ed io di rimando “Come hai fatto a capirlo?”. Per non parlare di quella volta che, mettendo in difficoltà me e mia moglie, chiese come avevamo fatto a scoprire, alla sua nascita, che lei era una femminuccia e non un maschietto. Anche allora, incapace di attendere la replica, si diede da sola la soluzione: “Io lo so, per la pettinatura!”. Non osammo confutare tanta saggezza e innocenza pensando che in fondo Barbie e Big Jim si distinguono proprio per le fluenti chiome.

Trascorsi gli anni ci troviamo anche noi alle prese con l’adolescenza dei figli e le prospettive non sembrano rosee perché siamo di fronte – come scrive Pirani su Repubblica a proposito di bullismo e vandalismo nelle scuole – “…al risultato catastrofico di scelte culturali ed educative nella scuola e nella famiglia, prevalse a cavallo degli anni settanta e coltivate pervicacemente fino ad oggi col concorso di tutte le culture politiche, in ispecie di sinistra, che hanno contribuito a destrutturare e delegittimare ogni idea di disciplina, autorità, divieto, punizione, sforzo e fatica nelle generazioni che si sono succedute…Messa al bando l’accettazione e l’elaborazione della frustrazione, i giovani sono stati allevati dalle famiglie e dalla pedagogia imperante nell’ideologia che nulla è davvero vietato… Cancellato è il senso del limite e le conseguenze sono catastrofiche… Al permissivismo, introdotto dalla sinistra nella scuola con le occupazioni consentite, l’abolizione degli esami, dei voti negativi e del rinvio a settembre, ha poi fatto eco l’aziendalizzazione della destra che – prosegue Pirani – ha trasformato anche lo scolaro nel cliente che ha sempre ragione…”.

Se poi diamo uno sguardo al tempo libero lo sconforto diviene totale tra videogiochi dove “…primeggia il rispetto acquisito grazie alle armi, alla potenza muscolare, al sex-appeal, alla spregiudicatezza di fronte alle regole…” e DVD che propongono maghetti capaci di risolvere tutte le situazioni con la bacchetta magica, senza alcuno sforzo. La violenza diventa gioco e poiché è gioco diviene lecita poiché nel gioco tutto è permesso. E’ l’ubriacatura totale dell’uomo che crede fin da piccolo a chi, nella vita, lo inganna facendolo credere un dio dove è “tutto intorno a te”, come recita il noto slogan pubblicitario. “Far credere a un bambino o ad un adolescente che può far tutto a suo piacimento – aggiunge Pirani - che non ha di fronte a sé né divieti, né inevitabili frustrazioni, che può fingere in un videogioco di uccidere selvaggiamente un uomo o un avversario, ovvero insultare senza timore il maestro o il compagno, incendiare l’aula, essere promosso senza studiare, devasta la formazione etica, civile e scolastica dei cittadini di domani. Si tratta di capire che quel che è grave non è che una violazione delle regole venga commessa, ma che non ci siano regole, non esista il divieto… Infine il bambino prima, ed il ragazzo poi, adusi a non aver coscienza di un punto limite, saranno spinti a richiedere, ad ottenere e a fare sempre qualcosa in più. Cresceranno con meno frustrazioni, ma quando entreranno nella vita più adulta ne sconteranno il prezzo. Altissimo per loro e per la società”.

Educare senza valori ed in assenza di punti di riferimento è praticamente impossibile, e l’insegnare - da mestiere inizialmente “diffacile” - diviene difficile.

 

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