Secondo ciclo

da TuttoscuolaFocus N. 105/201 , 30 maggio 2005
 

 

Secondo ciclo/1

Un parto laborioso.

C'è chi dice che quella approvata in prima lettura dal Consiglio dei ministri dello scorso venerdì sia stata l'undicesima bozza messa a punto dall'ufficio legislativo del MIUR. Altri si erano fermati a nove, qualcuno a dieci.

Insomma, un gran lavorio, durato mesi, che ha trasformato in modo profondo l'iniziale im-postazione del decreto, apportando una serie successiva di limature e assestamenti, soprattutto rivolti a preservare uno spazio autonomo e riconoscibile per i licei tecnologici ed economici. Su Tuttoscuola una guida al nuovo testo.

Il compromesso nella maggioranza è stato trovato configurando un'area liceale bipolare, una specie di ellisse a due fuochi, corrispondenti alle due sub-aree, generalista e tecnica. AN - che voleva evitare la "regionalizzazione" dell'istruzione tecnica - si è dichiarata soddisfatta, l'UDC ancora non del tutto (Beniamino Brocca chiede che i "campus", nei quali dovrebbero coesistere i licei e i percorsi professionali, diano spazio soprattutto agli ex istituti tecnici e professionali), mentre il Nuovo PSI invita governo, opposizione e Regioni a cercare punti di convergenza che assicurino alla riforma un consenso più ampio, per esempio su struttura e obiettivi del biennio iniziale.

Il confronto è appena iniziato: per ora non sono stati resi noti gli allegati al decreto, contenen-ti le "Indicazioni nazionali" e gli OSA (Obiettivi Specifici di Apprendimento), ma c'è da scommettere che anche su questo non mancheranno le polemiche, come è già avvenuto per i medesimi documenti allegati al decreto n. 59/2004 riguardante il primo ciclo.

 

Secondo ciclo/2.

Liceo classico "primus inter pares"

L’ultima versione del dlgs ha accolto la richiesta di AN di precisare solo per il liceo classico che esso «offre gli strumenti necessari per l’accesso qualificato ad ogni facoltà universitaria». Occorre sottolineare che nel testo da nessuna parte è detto, però, che gli altri licei non consentono l’accesso a tutte le facoltà universitarie.

L’espressione "accesso qualificato" rimanda ad un retropensiero culturale gerarchico molto lontano dal principio della pari dignità non solo tra tutti i licei, ma tra essi ed i percorsi dell’istruzione e formazione professionale che, con l’anno integrativo, consentono anch’essi l’accesso a tutte le facoltà universitarie. Un’espressione che può essere interpretata come un "attentato" sostanziale, se non formale, al principio della pari dignità, pur proclamato tanto nella legge quanto in più passi dal decreto legislativo, e fortemente sottolineato dal ministro nella conferenza stampa, ma che rischia di rimanere un’esercitazione retorica. La previsione, nonostante le critiche sollevate da tutte le parti per il suo anacronismo, ha resistito, ed è stata mantenuta nel testo approvato.

 

Secondo ciclo/3.

Le modifiche fatte in "Zona Cesarini"

Diversa, invece, la vicenda dell’emendamento chiesto dall’Udc al comma 14 dell’art. 1 del dlgs. Nella versione precedentemente approvata dal ministero, il comma recitava che: "I percorsi del sistema dei licei e quelli del sistema di istruzione e formazione professionale possono essere realizzati in un’unica sede, anche sulla base di apposite convenzioni tra le istituzioni scolastiche e formative interessate". Era chiaramente la prospettiva del campus, dove la scommessa della pari dignità passava soprattutto attraverso l’autonoma iniziativa delle scuole e le responsabilità delle Regioni in tema di programmazione e organizzazione dell’offerta formativa. Secondo l’Udc, il comma andava, così, riformulato: «i percorsi dei licei con indirizzi» (cioè i licei artistico, economico e tecnologico) «possono raccordarsi con i percorsi di istruzione e formazione professionale costituendo insie me un centro polivalente denominato campus». Solo questi, quindi, non gli altri licei senza indirizzi.

La scelta dell’Udc, combinata con l’emendamento di An, avrebbe portato di fatto a costituire: a) il liceo per eccellenza, il classico, attivato in una sua sede; b) i licei che svolgono la stessa funzione del liceo classico, ma con "minori pretese" (liceo coreutico musicale, liceo linguistico, liceo scientifico, liceo delle scienze umane) in sede diversa; c) i licei con indirizzi che assorbono l’attuale istruzione tecnica e i percorsi regionali di istruzione e formazione professionale triennali o quadriennali, nei poli (voluti dalla Confindustria), definiti campus. Insomma, serie A, serie B e serie C.
All’ultimo momento, però, le pressioni di Forza Italia e del governatore Formigoni hanno portato ad una correzione di tiro. La versione finale, infatti, del comma consente di attivare nel campus, se le istituzioni scolastiche e le regioni lo vorranno, percorsi congiunti liceali e di istruzione e formazione professionale. La scelta sarebbe consigliata soprattutto per i licei con indirizzi, salvando "capra e cavoli", e cioè Udc e Forza Italia.

 

Secondo ciclo/4.

Le critiche politiche scuotono il progetto

Il percorso politico istituzionale del decreto si presenta molto difficile, anche perché il governo non ha costruito condizioni minime di consenso fuori dal coro della maggioranza, tanto più necessarie di fronte ad un mutato quadro politico nei contesti regionali.

Qual è il termometro del consenso suscitato dalla bozza del decreto? Soddisfatti AN, Forza Italia e Confindustria, che difendono ed apprezzano il progetto. Contrari i partiti dell’opposizione, i sindacati e le regioni, che esprimono giudizi fortemente negativi sul metodo e sul merito del provvedimento.

Andrea Ranieri, responsabile scuola dei Ds, parla di "incredibile arroganza", ponendo in dubbio la stessa "costituzionalità del decreto". L’on.le Sasso (Ds) esprime sconcerto per questa ulteriore forzatura, mentre la sen. Soliani (Margherita) avverte che "Moratti ha solo fretta di salvarsi l’anima dicendo che la riforma è fatta" e che le commissioni parlamentari "chiederanno conto degli errori che il governo ha procurato al sistema scuola".

La sen Acciarini (Ds) afferma che il ministro "procede solitaria senza risorse finanziarie, senza consenso (...) continua a fare piani quinquennali che entreranno in vigore in tempi in cui non sarà più ministro...". L’on.le Colasio (Margherita) sottolinea che il governo si è mosso in totale autonomia... "senza l’intesa con la Conferenza Stato-Regioni".

Rilievi critici sono espressi da Vasco Errani, Presidente della Conferenza Unificata, il quale ribadisce che un principio di "leale collaborazione" deve caratterizzare il rapporto tra i diversi livelli istituzionali e che il governo ha sbagliato a rompere il tavolo con le Regioni ed ad approvare una proposta di riforma della scuola superiore "ampiamente discutibile".

Ferma e decisa la presa di posizione di Silvia Costa, assessore all’istruzione, formazione e diritto allo studio della regione Lazio, che sottolinea che il decreto sul secondo ciclo scolastico è stato approvato in prima lettura dal Consiglio dei Ministri senza essere stato "oggetto di un serio approfondimento, né con il mondo della scuola, né con i soggetti istituzionali e sociali. È mancato un confronto sistematico sugli aspetti organizzativi e gestionali dell’intero sistema scolastico, che competono alla Regione. Una rivoluzione che il ministro Moratti sta facendo al buio... senza rispetto per le ragioni e le esigenze di chi dovrà attuarla".

Insomma c’è materia e tempo per discutere di una riforma che tutti in linea di principio riconoscono necessaria.

 

Secondo ciclo/5.

Pollice verso di Cgil e Cisl sul decreto del 2° ciclo

La Cgil-scuola titola l’annuncio dell’approvazione dello schema di decreto con un sintomatico "Una brutta secondaria", a cui fa seguire innanzitutto una valutazione negativa sul metodo del confronto con le parti sociali, a suo dire più annunciato che praticato, seguita da un pesante giudizio di merito.

"Siamo di fronte ad un provvedimento - dice il comunicato sindacale - che aumenterà le diseguaglianze fra i giovani e che relegherà la scuola secondaria nel ruolo di chi sanziona, anche culturalmente, le differenze anziché contribuire a superarle com’è stato fino ad ora, pur in mezzo a difficoltà e ritardi, nella migliore tradizione laica e cattolica della nostra scuola".

La nota cigiellina si conclude con una constatazione e un pesante annuncio di scontro: "Con questo provvedimento, i cui contenuti chiaramente non cambieranno in modo sostanziale, il Governo ha deciso di iscrivere nella sua agenda l’apertura di uno scontro durissimo con la FLC CGIL.

Sarà accontentato".

Non meno pesante la titolazione della nota congiunta di Cisl e Cisl-scuola, emessa subito dopo l’approvazione dello schema di decreto: "ma di che riforma parliamo?"

"Si conferma la linea ispiratrice della riforma che è quella di creare tutti i presupposti per un progressivo deterioramento della scuola pubblica statale e dell’intero sistema formativo".

Il provvedimento viene giudicato "privo di ogni sforzo per rendere il percorso del 2° ciclo rispondente alla domanda educativa dei giovani e delle loro famiglie, con l’aggravante di una evidente discriminazione sociale dei due percorsi ideati (scuola e formazione professionale), con una canalizzazione precoce e con un abbattimento, attraverso una licealizzazione selvaggia, delle migliori esperienze pregresse, quale quella degli istituti tecnici e professionali".

Anche la Cisl denuncia la contraddizione di metodo del Governo che annuncia l’esigenza della concertazione che però, con arroganza politica, non applica sull’istruzione e la formazione.

 

Secondo ciclo/6.

Cauto lo Snals, critica la Gilda,
la Uil Scuola invita a "fermare i motori"

Un giudizio parzialmente positivo viene dallo Snals, che parla di "un apprezzabile recupero della cultura dell’istruzione tecnica, patrimonio degli attuali istituti. Mancano, tuttavia - dichiara il segretario generale Gino Galati - alcuni passaggi politici di primaria importanza, quale la conferenza Stato–Regioni (...). Inoltre il finanziamento è ben lontano dal minimo necessario per garantire un avvio responsabile del processo di riforma".

Per Di Menna, segretario della Uil-scuola, è sostanziale e prioritario il merito del confronto con le rappresentanze sindacali e istituzionali e la partecipazione dei docenti alla definizione della riforma.

"È rimasta elusa - afferma Di Menna - la forte richiesta della UIL Scuola di prevedere un confronto triangolare Governo-Sindacati-Regioni per dare certezze al personale coinvolto in questa riforma" e per evitare "il rischio che venga meno l’impianto unitario e nazionale del nostro sistema di istruzione". Simile richiesta su incontri triangolari era stata presentata anche dallo Snals.

"Le nostre divergenze sul decreto appena approvato - aggiunge intanto Di Menna - riguardano il mancato coinvolgimento degli insegnanti. Per evitare ‘pasticci’ nella definizione dei programmi, nelle indicazioni nazionali, negli obiettivi di apprendimento occorre fare tesoro dell’esperienza degli insegnanti nelle varie discipline".

"A questo punto sarebbe più saggio fermare i motori e aprire una discussione in grado di costruire un processo di riforma della secondaria condiviso e partecipato."

Per la Gilda si è trattato di "un inaccettabile atto di forza del Governo rispetto alle posizioni critiche espresse da forze di maggioranza e di opposizione, da tutte le forze sindacali e in particolar modo dai docenti, che sono stati sistematicamente esclusi dal processo di definizione degli assetti della nuova scuola secondaria": duro il giudizio di metodo della Gilda che aveva segnalato già l’inopportunità della messa a regime di una riforma scolastica che ha già prodotto disagi e difficoltà nelle scuole, che produrrà danni al patrimonio di valori e di cultura della nostra scuola superiore". Anche la Gilda chiede di fermare la riforma.

Insomma, una riforma che non piace alla maggioranza di chi la dovrebbe applicare (o almeno a chi li rappresenta).

 

Secondo ciclo/7.

Un percorso a ostacoli

Anche ammesso che non intervengano problemi di tipo politico, il cammino della riforma del secondo ciclo appare difficoltoso. Basti considerare la serie di passaggi, adempimenti e scadenze che sarebbe necessario rispettare per poter avviare la riforma dal 1° settembre 2006, data indicata dal decreto legislativo. Ecco un elenco, certamente incompleto:

- acquisizione dell’intesa delle Regioni sulle parti del decreto legislativo che riguardano il sistema di istruzione e formazione (ma le Regioni fanno sapere che vogliono l’intesa su tutta la legge, non si accontentano di esprimere un parere);

- acquisizione del parere delle Commissioni parlamentari Cultura della Camera e del Senato, che potrebbero avanzare richieste di modifica con maggioranze trasversali già in parte annunciate;

- approvazione in via definitiva del decreto entro il 17 ottobre 2005;

- piano di comunicazione alle famiglie e alle scuole sulle caratteristiche dei nuovi licei e percorsi professionali, da realizzare in tempo utile per le iscrizioni all’a.s. 2006-2007 (dicembre 2005?);

- disposizioni per le scuole, d’intesa con le Regioni, ai fini della scelta tempestiva dei nuovi percorsi liceali e/o professionali che esse intendono avviare (novembre 2005?)

- piano di formazione in servizio del personale docente e dirigente;

- accordi con i sindacati sulle materie riguardanti la formazione per la riforma, le classi di concorso, i docenti che operano nei due sistemi o a cavallo di essi, come potrebbe accadere nei "campus";

- indirizzi e informazioni alle case editrici per consentire la tempestiva preparazione dei libri di testo e degli altri supporti alla didattica.

 

Secondo ciclo/8.

Letizia&Luigi: destini paralleli?

E’ stato notato da molti - ad esempio da Andrea Casalegno sul "Sole-24 ore" di sabato 28 maggio - che tra il modello panlicealista della legge n. 30 di Luigi Berlinguer e il modello neolicealista prefigurato nel decreto legislativo sul secondo ciclo (assai più che nella legge n. 53) ci sono molti elementi di affinità, e non solo per il fatto che entrambi si sono preoccupati di salvaguardare la specificità della formazione tecnica.

A ben vedere, tra il minuscolo (e tutto da costruire e verificare) "sistema di istruzione e formazione" varato dal decreto Moratti e il sistema della formazione professionale regionale cui facevano riferimento le abrogate leggi n. 30 (riordino dei cicli) e n. 9 (innalzamento dell’obbligo scolastico) non c’è una distanza abissale, considerato anche il fatto che queste ultime leggi prevedevano la cogestione tra la scuola e i centri di formazione professionale di percorsi integrati in uscita dalla scuola già per gli allievi quattordicenni, al primo (e per loro ultimo) anno di scuola secondaria superiore.
Un secondo elemento di affinità è costituito dal fatto che le due leggi (la 30 del 2000 e la 53 del 2003) sono state approvate non all’inizio delle rispettive legislature ma a metà o più avanti (quella di Berlinguer-De Mauro passò addirittura a poco più di un anno dalle elezioni politiche), con la conseguenza di proiettare la fase di attuazione della riforma – almeno per quanto riguarda la fascia 14-18 anni – al di là della scadenza elettorale: 1° settembre 2001 per la legge n. 30, 1° settembre 2006 per la legge n. 53. Con la conseguenza di fare della riforma, inevitabilmente, un oggetto privilegiato della polemica politica.

C’è chi ritiene che una parte della sconfitta del centro-sinistra alle elezioni del 2001 sia da addebitare proprio alla legge n. 30, che aveva previsto la soppressione della scuola media e la riduzione della scuola di base a sette anni. Vedremo ora se la storia si ripeterà, e se la riforma del secondo ciclo diventerà un tema della ormai imminente, lunga campagna elettorale che ci attende.

 

Secondo ciclo/9.

Quanto costa la riforma?

Nelle ultime versioni della bozza di decreto legislativo le cifre indicanti le risorse finanziarie messe a disposizione della riforma del secondo ciclo avevano avuto un andamento carsico, essendo prima comparse e poi scomparse dall’art. 30, l’ultimo.

Ora finalmente si conoscono, e sono 44 milioni euro per il 2006, e 43 dal 2007 ("senza alcuna indicazione della fonte di imputazione", ha sottolineato la Cisl). La ripartizione interna di tali somme sarà la seguente: per il 2006, 30 milioni andranno alle istituzioni scolastiche per coprire le spese per attrezzature e laboratori, 6 milioni saranno stanziati per le spese relative al personale, 8 per far fronte al mancato introito delle tasse scolastiche.

A decorrere dal 2007, 16 milioni andranno alle istituzioni scolastiche, sempre per spese relative ad attrezzature e laboratori, 19 saranno spesi per il personale, e sempre 8 per il mancato introito delle tasse scolastiche.

Le somme stanziate appaiono tutt’altro che straripanti, anche se va tenuto conto del fatto che il decreto prevede il congelamento degli organici, e quindi la stabilizzazione di questo costo per cinque anni. Forse gli stanziamenti sarebbero stati più rilevanti se si fossero realizzati risparmi (come era sembrato in un primo momento) riducendo gli orari di lezione dei vari corsi.

Ma una domanda gli operatori della scuola a questo punto se la pongono. Presentato l’ultimo tassello del progetto di riforma ("con questo provvedimento si chiude la riforma della scuola", ha annunciato il ministro Moratti nella conferenza stampa dopo l’approvazione in consiglio dei ministri), viene da chiedersi a cosa pensava il Governo quando annunciò in un’altra conferenza stampa (era il 12 settembre del 2003), presenti una raggiante Letizia Moratti e il premier Berlusconi in persona, un piano di investimenti di 8.320 milioni di euro in cinque anni, dal 2004 al 2008.

Se a progetto di riforma ormai avanzato se ne è stanziata solo una parte limitata, non sarebbe ora opportuno spiegare che quei soldi non ci sono più? Non che il mondo della scuola non lo abbia già capito, ma ciò non toglie che sarebbe una prova di serietà da parte di chi governa dirlo con chiarezza.