Risultati impietosi del rapporto dell'Ocse.

Un anno in più d'istruzione aumenta il pil pro-capite.

In Italia preparazione scolastica ko.

Più si va avanti e più scarseggiano i titoli di studio acquisiti.

da ItaliaOggi del 24/5/2005

 

L'Italia fa fatica a tenere il passo degli altri paesi nelle classifiche in tema di preparazione scolastica. Secondo uno studio, condotto nell'ambito delle nazioni più industrializzate, dall'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), la popolazione italiana si colloca ai livelli più bassi di preparazione e di competenza, relativa ai più elementari titoli di studio posseduti. Infatti ancora oggi il 6,8% non possiede nessun titolo di studi; il 26% ha la licenza elementare e il 28,5% possiede un titolo di scuola superiore, mentre è più alto, il 31,9%, degli altri paesi Ocse, il numero di quanti sono in possesso del solo diploma di scuola secondaria inferiore. Questo è vero specialmente per le fasce di età più alte, ma riguarda anche, in qualche modo, quelle più basse. Il 40% delle persone tra i 25 e i 34 anni si situa in questa categoria, a fronte di una media europea e Ocse del 25%.
Vi è poi un'elevata percentuale di giovani che non lavora e che fa pensare a un difficile passaggio tra il mondo della scuola e quello del lavoro. Anche il rischio di disoccupazione in età più avanzate è considerevolmente più alto per coloro che hanno solo il diploma di istruzione secondaria inferiore.

Mentre i giovani di età compresa tra i 16 e i 25 anni che lavorano sono coloro che abbandonano presto gli studi e le cui competenze con molta difficoltà saranno compensate dall'esperienza lavorativa. L'Ocse stima che a lungo termine, un anno in più di istruzione permette un aumento del pil pro-capite compreso tra il 4 e il 7%. Per l'Italia in particolare, si tratta in media del 5%, soprattutto al Sud: qui, dove il tasso di disoccupazione tra le persone con elevate competenze (25%) e quelle con scarsa qualifica (29%) è di 4 punti, l'aumento del pil pro-capite è di 2 punti superiore rispetto al Nord d'Italia. È dunque necessario il recupero di questo divario esistente con il meridione, che fra l'altro rappresenta un terzo della popolazione italiana.

Un altro dato significativo riguarda il numero di coloro che arrivano alla laurea: qui la percentuale di giovani che ha portato a termine gli studi universitari è molto ridotta, addirittura solo l'8,8%. Molti sono quelli che cominciano ma come si vede pochissimi ancora quelli che arrivano alla fine. Un altro dato decisamente scoraggiante è che gli studenti italiani sono coloro che per conseguire un diploma universitario impiegano più anni rispetto alla media, innalzandone il costo-opportunità e scoraggiando la formazione di professionalità di alto livello. Uno dei problemi dell'università consiste indubbiamente nell'insufficiente numero di professori giovani, per i quali esistono barriere all'entrata. Le procedure concorsuali a cattedra non sono trasparenti e i progressi di carriera non sono sempre legati ai risultati didattici e scientifici; l'Italia spende assai meno della media europea in ricerca e sviluppo e ancor meno per l'università.

Questa è una delle ragioni per cui molti brillanti laureati si trovano costretti ad andare a lavorare all'estero ed è presente un pronunciato fenomeno di ´fuga dei cervelli'.