Per gli altri sette indirizzi sarebbero previste prove di ammissione.

Divisi gli insegnanti: «Un criterio giusto».

«Rivalutare anche altri curriculum di studio».

Riforma dei licei,

il giallo dell’accesso all’università.

L’ultima bozza del decreto riserverebbe l’iscrizione a tutte le facoltà

solo a chi ha la maturità classica. «Discriminata la formazione scientifica».

di Giuseppe Tesorio da Il Corriere della Sera del 23/5/2005

 

Il classico e gli altri sette licei. Verso la riforma, tra annunci, smentite e piccoli brividi. «Ma davvero il classico è l'unico liceo che consentirà l'accesso a tutte le facoltà?». No che non è vero, hanno risposto dal ministero. Intanto la polveriera si è accesa. I tempi sono stretti (il decreto va approvato entro il 17 ottobre, già venerdì dovrebbe essere varato dal Consiglio dei ministri) e stretti rimangono alcuni nodi da sciogliere. Appaiono bozze nuove, che contraddicono quelle precedenti. Nuovi quadri orario, aggiustamenti, ripensamenti. L'ultima bozza della riforma appare in rete ai primi di maggio. Riporta a due ore settimanali l'educazione fisica (nobilitata a «scienze motorie»), ma non riesce a calmierare il carico di lavoro: era stato promesso un tetto massimo di 30 ore, siamo a 38 negli artistici, 35 al tecnologico, 31 al classico. Aggiunge 2 ore di storia dell'arte al ginnasio, ma fa scendere a tre ore la lingua e letteratura italiana al tecnologico (di contro, ci sono 4 ore per le due lingue straniere). Toglie il latino al quinto anno dello scientifico (per far posto alle scienze) e lo inserisce al liceo economico, accanto all'italiano, 5 ore settimanali nel biennio e 4 nel triennio.

Ma, soprattutto, c'è quella notizia circolata all'uscita dell'ultima bozza e che diceva pressappoco così: solo chi sceglie il classico ha il privilegio dell'accesso ad ogni facoltà universitaria, mentre per tutti gli altri percorsi liceali l'accesso risulta debitamente filtrato e canalizzato.

E torniamo alle dissertazioni del secolo scorso, sul prestigio e l'unicità del liceo classico, cuore del sistema educativo italiano. «Le altre scuole consentono di avvicinare mondi specifici e nuovi, aprendo orizzonti di contenuto e di metodo. Il classico apre poco, ma approfondisce, questo è il suo punto di forza», dice Mara Seva, del liceo Zucchi di Monza. «Il classico insegna a studiare, riflettere, argomentare, smontare, ricomporre (con la filosofia) a concentrarsi (con le traduzioni), a esplicitare il pensiero. Ci sono poche ore a scuola perché si deve studiare tanto a casa, per possedere sul serio quei contenuti». La replica: «Ma non è che allo scientifico il rigore, il carico di lavoro e l'abilità di riflettere e ricomporre siano inferiori, anzi...», controbatte Marcello Fiori, prof di matematica e fisica.

Il legislatore, questa volta, utilizza 81 parole per descrivere l'unicità del classico. A differenza degli altri sette percorsi liceali, non deve pensare troppo a «competenze, conoscenze e abilità», piuttosto a «una dotazione di contenuti e di sensibilità all'interno di un quadro culturale di alto livello e di attenzione ai lavori anche estetici che offra gli strumenti necessari per l'accesso qualificato ad ogni facoltà universitaria».

Negli altri licei, dunque, devono offrire solo gli strumenti per il rispettivo indirizzo di studi? Non è così, ma si può bene fraintendere. Ma è davvero necessario fare il classico, per fare bene l'università? «Niente affatto - osserva Mara Seva - proprio perché oggi la preparazione da classico ce l'hanno in pochi e l'università la fanno in molti, gli atenei si accontentano di livelli più bassi, almeno per i primi anni, partendo da preparazioni meno alte». Le scelte dopo il classico? Un «classico»: in prima posizione lettere, poi economia, giurisprudenza, medicina, ingegneria e architettura, scienze politiche, matematica e fisica, comunicazione e spettacolo.