Docenti discriminati

Corte di giustizia Ue

condanna l'Italia sull'accesso al ruolo.

La normativa penalizza gli stranieri.

Italia condannata sulla libera circolazione degli insegnanti.

Ilaria Cortesi, da ItaliaOggi del 13/5/2005

 

Le norme per l'accesso al ruolo docente, infatti, discriminano gli insegnanti provenienti da altri paesi Ue violando così le regole comunitarie relative alla libera circolazione dei lavoratori all'interno della comunità (regolamento 16217'68).

Il disco rosso alle norme nazionali in tema di reclutamento degli insegnanti arriva dalla Corte di giustizia della Comunità europea che con la sentenza 278/03, ha rilevato come l'Italia non tiene conto in maniera identica, ai fini della partecipazione dei cittadini comunitari ai concorsi per l'assunzione di personale docente nella scuola pubblica, dell'esperienza professionale acquisita da questi cittadini nelle attività di insegnamento svolte in altri paesi Ue.

Dei tre sistemi di reclutamento, concorso per titoli ed esami, graduatorie permanenti e graduatorie per il conferimento di supplenze, la Corte ha bocciato senz'altro gli ultimi due per dedurre che comunque l'Italia è in violazione sulle norme comunitarie che regolamentano l'accesso all'impiego.

In linea generale, secondo la interpretazione della stessa Corte del regolamento comunitario, infatti, qualora un ente pubblico di uno stato membro assume personale stabilendo di tenerne conto delle attività anteriormente svolte dai candidati presso una pubblica amministrazione, non può nei confronti dei cittadini comunitari operare alcune distinzioni a seconda che tali attività siano state esercitate presso la p.a. dello stesso stato membro o presso quella di un altro stato.

Principio al quale l'Italia ha contravvenuto. Tanto per comunicare, come ha ammesso lo stesso governo italiano ritenendo però giustificata la discriminazione, con la previsione delle graduatorie permanenti. In questo caso, effettivamente l'Italia assicura un trattamento diverso a seconda che l'esperienza professionale necessaria per la iscrizione nelle liste sia acquisita sul territorio nazionale o all'estero, giustificando la disparità con l'assenza di equivalenza tra i contenuti e i programmi dell'insegnamento italiano e quelli dell'insegnamento straniero.

Per la Corte però "un rifiuto assoluto di prendere in considerazione l'esperienza acquisita con attività di insegnamento svolta in altri stati Ue, non è giustificato". Non si può negare infatti che una esperienza d'insegnamento specifica quale quella richiesta dalla normativa italiana può essere acquisita anche in altri stati membri".

Nè garatitsce parità di trattamento l'assunzione tramite apposite graduatorie per il conferimento di supplenze. In questo caso sotto accusa sono i più bassi punteggi attribuiti ai servizi forniti in scuole o istituti di altri stati membri, considerati sempre di terza fascia. "In tale contesto si deve constatare che, anche se l'esperienza professionale acquisita da cittadini comunitari fuori del territorio nazionale viene presa in considerazione(...), essa non viene sempre valutata allo stesso modo di una esperienza analoga acquisita sul territorio nazionale, senza che il governo abbia fornito al riguardo la minima giustificazione", conclude la corte.