Aumentano gli stranieri.

«La scuola è impreparata».

I docenti: mancano risorse, a rischio il sistema didattico.

I sindacati: gli insegnanti di sostegno in 4 anni sono passati da 700 a 40.

di Annachiara Sacchi, da Il Corriere della Sera del 3/5/2005

 

È la capitale degli studenti stranieri ma non riesce a garantire loro un diploma, aspira all’integrazione ma non ha gli strumenti adatti, combatte per una scuola migliore ma ha i giorni contati, perché «il problema sta per scoppiarci tra le mani». Milano dichiara lo stato di emergenza: serve «una strategia adeguata, complessa, reticolare» per gestire la questione degli stranieri. Ma anche energie e risorse. E più impegno, perché «la scuola è ancora sorda, impreparata, nonostante la buona volontà e le competenze di tanti insegnanti». Subito.
A lanciare l’allarme sono docenti, sindacalisti, amministratori, educatori: tanti soggetti che si sono dati appuntamento, ieri in via Corridoni, al convegno sull’immigrazione «Non uno di meno».
Le istituzioni e gli addetti ai lavori. Ognuno a raccontare la propria esperienza. Di giovani appena arrivati dal Paese d’origine e che non riescono ad andare oltre al primo anno delle superiori. Di adolescenti che abbandonano gli studi perché nessuno insegna loro l’italiano. Di classi in cui i facilitatori linguistici sono troppo pochi. Di risultati poco convincenti e di ritardo scolastico, con una netta differenza tra età anagrafica e classe di inserimento.
«È necessario - spiega Graziella Favaro, responsabile pedagogica del centro Come - mettere a confronto le esperienze realizzate nelle scuole per costruire un quadro di accoglienza e di inserimento adeguato ai bisogni dei "nuovi" allievi».
Obiettivo molto difficile. Lo sa bene Sandro Barzaghi, assessore provinciale all’Istruzione, che insiste: «Questo dovrebbe essere il momento di guardare avanti, con lo sguardo profondo di chi conosce lo spessore del problema e per certi aspetti la sua drammaticità». Barzaghi, assessore di Rifondazione comunista, è duro con la scuola del ministro Moratti: «Servono risorse economiche e umane, ma assistiamo a continui tagli. I facilitatori di apprendimento sono passati da 700 a 40 in quattro anni».
I progetti, però, ci sono. Studiati da un tavolo interistituzionale (Comune, Regione, Provincia, ministero) che ha ideato i Mat, moduli di accoglienza temporanea. Brevi full immersion di italiano secondo il modello francese, in partenza da settembre. Dal prossimo anno scolastico, poi, la Provincia metterà a disposizione i suoi 11 uffici decentrati per trasformarli in centri di orientamento.
«Dobbiamo - precisa il provveditore milanese, Antonio Zenga - rafforzare la collaborazione tra istituzioni. Soprattutto con gli enti locali che oggi sono chiamati a svolgere un ruolo più attivo».
Sono oltre il 10 per cento, a Milano, gli studenti di cittadinanza non italiana. Poco più di 29 mila in città e Provincia. Di questi, il 13,3 per cento frequenta le superiori, per lo più istituti tecnici e professionali.
Sono peruviani, cinesi, filippini, albanesi e marocchini, romeni ma sono in forte aumento ucraini e moldavi, figli delle badanti che assistono gli anziani di Milano. «È il vento dell’Est - racconta Vinicio Ongini, ricercatore dell’ufficio per l’integrazione del ministero - e nei prossimi anni gli stranieri aumenteranno ancora, anche oltre le previsioni ufficiali».
Studiare nuove forme di integrazione, facendo i conti con i tagli alle risorse. «Del resto - è secco Wolfango Pirelli, segretario lombardo della Uil - la scuola di qualità deve investire. Ma, evidentemente, non c’è interesse a farlo». Proprio ieri si è tenuto l’incontro sugli organici tra i sindacati e il direttore scolastico, Mario Dutto. «Anche il direttore - racconta Pirelli - ha riconosciuto che le cattedre sono insufficienti, che i 140 posti aggiuntivi concessi da Roma non sono abbastanza. Poteva chiederne di più, ma non l’ha fatto. Dovrà assumersene la responsabilità». Replica Dutto: «Mi sembra, invece, che ci sia stata attenzione nei confronti della Lombardia. Il punto è questo: dobbiamo imparare a gestire la scuola con le risorse disponibili».