La Corte Costituzionale e il decreto Moratti.

La Corte Costituzionale non ha dichiarato la legittimità costituzionale
del decreto Moratti sulla scuola dell'infanzia e sul primo ciclo,
ha soltanto confermato la competenza dello Stato.

di Corrado Mauceri, da Fuoriregistro del 22/7/2005

 

Nei giorni scorsi alcuni organi di stampa hanno dato la notizia secondo cui la Corte Costituzionale avrebbe dichiarato la legittimità costituzionale del decreto Moratti sulla scuola dell'infanzia e del primo ciclo.

In realtà la Corte Costituzionale con la sentenza n. 279 del 15/07/2005, a parte alcuni aspetti marginali per le quali ha censurato il decreto perché non è stata sentita la Conferenza Stato-Regioni, ha dichiarato infondate tutte le altre censure sollevate dalle Regioni Emilia Romagna e Friuli V. G. ma soltanto perché le Regioni maldestramente mettevano in discussione la competenza legislativa dello Stato.

Ciò significa che il decreto Moratti è conforme ai principi costituzionali? No, perchè le Regioni non avevano sollevato (nè per la verità erano legittimate a farlo) le vere questioni di illegittimità del decreto Moratti e della stessa legge di delega e cioè la violazione dell'art. 76 Cost. per avere disciplinato con il decreto materie non previste nella legge di delega, la violazione degli artt. 33 e 117 Cost. per avere invaso l'ambito che rientra nell'autonomia scolastica e stravolto la funzione istituzionale della scuola statale; le Regioni hanno sollevato questioni, peraltro molto discutibili, sia sotto il profilo giuridico che politico; difatti, dando un'interpretazione estensiva all'infelice riforma del titolo V, le Regioni con il ricorso in questione hanno tentato di limitare l'ambito della competenza statale in materia di "norme generali sull'istruzioni", rivendicando una competenza legislativa anche in materie che, come ha affermato la Corte Costituzionale, rientrano invece nelle "norme generali dell'istruzione" e quindi sono di competenza dello Stato.

Le Regioni Emilia Romagna e Friuli V. G. hanno difatti contestato il decreto Moratti relativo alla scuola dell'infanzia ed al primo ciclo osservando che:

a) la definizione di un orario annuale stabilito per legge statale sarebbe lesivo della competenza regionale concorrente;

b) la definizione con legge statale dei titoli e dei contratti di prestazione d'opera con gli esperti esteri sarebbe lesiva del principio di leale collaborazione;

c) l'istituzione della figura del tutor e la definizione dei relativi compiti rientrerebbe nella competenza legislativa delle regioni;

d) il mantenimento in via transitoria, dell'organico di diritto per la scuola media sarebbe invasivo della competenza legislativa delle regioni in materia organizzatoria;

e) l'utilizzo del personale docente con orario inferiore all'orario di cattedra dovrebbe essere disciplinata dalle regioni.

Già quando si venne a conoscenza di questi ricorsi che contestavano le leggi Moratti per un eccesso di "statalismo", manifestammo viva preoccupazione; si rischiava difatti, per contestare la politica scolastica della Moratti, di spianare la strada alla devolution di Bossi; difatti le Regioni con tali ricorsi tendevano a ridimensionare le competenze statali in materia di "norme generali", identificando, erroneamente, le "norme generali" con i "principi fondamentali".

Con questa sentenza la Corte ha cercato di chiarire la distinzione tra norme generali e principi fondamentali; le "norme generali" di competenza statale sono difatti, come ha precisato la Corte, "quelle sorrette in relazione al loro contenuto, da esigenze unitarie e, quindi applicate indistintamente al di là dell'ambito propriamente regionale"; l'ordinamento scolastico, l'orario scolastico, lo status del personale della scuola statale ecc. sono tutte "norme generali" che, pur dopo la riforma del Titolo V, rimangono nella competenza legislativa esclusiva dello Stato.

La sentenza della Corte ha quindi riaffermato il carattere statale del nostro sistema scolastico; preoccupa però che tale carattere statale sia stato messo in discussione dalle Regioni, peraltro mentre è in corso di approvazione una riforma costituzionale che prevede in materia scolastica la "devolution".

La legge ed i decreti Moratti devono essere contestati (anzi devono essere il più rapidamente possibile abrogati), ma non per le ragioni addotte con i suddetti ricorsi dalle Regioni, bensì perchè propongono una scuola classista, discriminatoria, ministeriale e lesiva dell'autonomia scolastica; questi sono gli aspetti di illegittimità costituzionale delle leggi Moratti.

La Corte Costituzionale con la sentenza n°279/05 ha impedito che ai danni della Moratti si aggiungessero quelli di una regionalizzazione invasiva; è auspicabile che dopo questa sentenza, la necessaria opposizione alle leggi Moratti sia ricondotta nell'alveo naturale della loro abrogazione e non attraverso pericolose forme di regionalizzazione.