L’Invalsi e i suoi compiti: 1 e 2.

da Tuttoscuola del 25/7/2005

 

Più complessa si presenta, invece, la questione relativa agli standard di prestazione relativa agli obiettivi specifici di apprendimento elencati nelle Indicazioni nazionali. Al riguardo si registrano due scuole di pensiero.

La prima ritiene che gli standard devono essere definiti e decisi a livello nazionale dall’Invalsi o dal Ministero, la seconda, ripresa da Bertagna, che questo compito non può essere, invece, risolto a priori, in maniera centralistica, cioè stabilendo, a Roma, quali devono essere gli standard di prestazione a cui tutti i ragazzi si devono poi adeguare. Si deve eseguire, al contrario, coinvolgendo attivamente le scuole e i docenti, ed avvalorando, come peraltro vuole la legge n. 59/97 e l’art. 117 della Costituzione, l’autonomia delle istituzioni scolastiche e dei docenti.

In particolare, il prof Bertagna, prevede:

«a) che i docenti accompagnino sempre gli obiettivi formativi delle loro unità di apprendimento con i relativi standard di prestazione (così come è richiesto dalle Indicazioni nazionali);

b) che l’Invalsi individui un campione di scuole rappresentativo a livello nazionale, da monitorare nel tempo, con cui interloquire in maniera sistematica e da cui ricavare informazioni sugli standard di prestazione effettivamente raggiunti dai ragazzi negli obiettivi formativi delle diverse unità di apprendimento predisposte dai docenti sulla base degli obiettivi specifici di apprendimento presentati nelle Indicazioni nazionali; all’Invalsi sarà più facile, e anche corretto, poi, a partire da questi standard reali, ricavare prove universali sulle conoscenze e abilità con standard di prestazione attesi nazionali che non siano né troppo bassi, né troppo alti rispetto alla media del campione, ma opportuni.»

 

La Direttiva (punto 4, 3° ultimo capoverso) affida all’Invalsi il compito di definire «procedure di determinazione di standard di prestazione attesi, di progettazione, somministrazione e correzione delle prove nazionali che garantiscano la trasparenza, l’imparzialità e la correttezza di tutte le fasi suddette, in modo da conseguire risultati affidabili sul piano scientifico; tali procedure – una volta definite – devono essere oggetto di ampia diffusione nel mondo della scuola e rientrare nei programmi di formazione di cui ai punti precedenti».

La Direttiva non scegliendo una delle due ipotesi, sembra che abbia voluto affidare alla responsabilità scientifica dell’Invalsi di decidere quale delle due procedure sia scientificamente migliore e, allo stesso tempo, più rispettosa, da un lato, dell’autonomia delle istituzioni scolastiche e, dall’altro lato, del principio «di favorire la crescita e la valorizzazione della persona umana, nel rispetto dei ritmi dell'età evolutiva, delle differenze e dell'identità di ciascuno e delle scelte educative della famiglia, nel quadro della cooperazione tra scuola e genitori» (art. 1, co. 1 della legge n. 53/03).