passa parola.

La pensione del professore

Tra sogni, ricordi e illusioni.

di G.Tes.  da Il Corriere della Sera del 13 giugno 2005

 

L'ultimo anno di scuola. «Ma come, proprio adesso che viene il bello te ne vai in pensione? E la scuola nuova che avanza?». Il prof di storia finisce di mettere a posto il registro, gli argomenti svolti, le assenze diligentemente annotate, i voti sparpagliati tra le caselle del quadrimestre. L'ultimo passato dietro una cattedra. Quanti anni? Troppi. Quel tanto di stanchezza, di incomprensione, di illusioni perdute, di riforme non condivise o semplicemente con capite. Svuota il cassetto e riempie la mente di voci e volti, il professore. «Doveva andare diversamente, era lo storico che volevo fare. Ricerca, libri, viaggi. Ho rincorso, invece, gli strafalcioni dei ragazzi, le loro curiosità, i loro silenzi». L'insegnamento emotivo è il motore per imparare a imparare. Ragione e sentimento, sempre. «Solo che nella scuola, l'emozione si è persa nel tempo. Non c'è più emozione nelle cose che si fanno e che si dicono. Non c'è più entusiasmo. Si trasmettono dati e si controlla che il dato è stato memorizzato, tutto qui». Stringe i compiti in classe con le fascette che archiviano un anno di lavoro, il professore che ora potrà leggere, e far ricerca e viaggiare. «Ci puoi giurare, la pensione ti rende libero. Forse». Sfilano i volti degli studenti e sente le scaramucce dei colleghi, sempre quelli, contro tutto, il ministro, il colore delle pareti, il preside. «Se avessi potuto, ci sarei rimasto ancora a scuola, con i miei ragazzi e le mie nuove illusioni». Settembre è un altro anno, e si vedrà.