PAGELLE

L'ELOGIO DELLA MERITOCRAZIA SI FERMA

SULLE SOGLIE DEGLI EDIFICI SCOLASTICI .

Viva la competitività,

ma guai a bocciare uno studente.

 da Il Nuovo Riformista del 22 giugno 2005

 

Qualcuno, diviso tra il giornale dove fa l'editorialista e il settimanale del padrone dell'Italia che quel giornale stesso contesta, si chiede perché i «ragazzi non sanno perdere». Si riferisce alla tragedia di alcuni alunni che si sono suicidati dopo aver appreso di essere stati bocciati. Se la prende con il barbaro neo-liberismo che ha imposto un cultura della competizione e del fallimento come negazione identitaria. Altri, su quotidiani che ospitano decine e decine di insegnanti del liceo che nel tempo libero - tanto, evidentemente - scrivono libri e magari decantano l'immaturità scambiando la linea d'ombra di Conrad per la battaglia navale durante le ore di supplenza. Sono gli stessi che poi si lamentano della mancanza di competitività dell'Italia, della regressione morale, del declino culturale. Le cause sanno sempre identificarle nella politica, nella riforma scolastica sbagliata, nei lasciti di Gentile, nel capitalismo. Mai nella mancanza di meritocrazia, nel tabù della bocciatura creato da insegnanti che non sanno insegnare - alcuni non sono mai cresciuti - e quindi figuriamoci educare. Figuriamoci dire un no a un adolescente. Per carità. Ti buca la macchina. Ti prende a male parole. I genitori poi vengono a piangere rabbiosamente.
In nome del libertinismo scolastico si tollera tutto. Non si boccia nessuno. E quando capita non è tollerabile e può portare fino al gesto estremo. La bocciatura non è reale e quindi non è razionale. Non è accettabile. Ed ecco il gesto irrazionale. Che però rimane insondabile fino in fondo. Quello che è certo, invece, è che la bocciatura è vista da tutti come un sopruso. Come una negazione del diritto allo studio (che è un diritto ma non un dovere). E poi anche gli alunni tengono famiglia. O meglio, tengono genitori pronti a piagnucolare dai professori che tengono famiglia (i figli, appunto, diventa un circolo vizioso).

Un ex professore e scrittore sempreverde, che alcuni hanno pensato fosse l'uomo dietro lo pseudonimo di Elena Ferrante, ammette che prima di andare in pensione sperava venisse abolita. Perché non aveva più senso. Soprattutto dopo il '69, il kamasutra scolastico, l'anno in cui - sostiene - l'esame è diventato una farsa per far piacere alle scuole private che da sempre chiedevano un esame più facile, così da aumentare il loro volume di affari. Certo, anche perché si doveva anche acquietare il '68 egualitario, ammette. Però il profitto ha più colpe. Il '68 non si tocca. Non si tocca il sei politico nel profitto e il suo omologo otto fantapolitico in condotta, che non si può negare neanche agli allegri allagatori del liceo classico Parini di Milano. Al Virgilio di Roma, invece, ha fatto scalpore il pugno duro con chi ha occupato illegalmente la scuola e accumulato assenze deliberate insieme ad altri atti di eversione scolastica. Tornando a Milano, vale la pena ricordare l'altro liceo storico, il Beccaria, liceo della Milano bene o male illuminata dal teorico dei «Delitti e delle pene», il cui principio cardine era quello di pena come deterrente, non come ritorsione. Nessuno, dunque, vuole confondere il liceo classico con l'omonimo carcere minorile. Ma neanche il Parini con l'acqua fan di Riccione.