Foto di giovani in famiglia. (di Chiara Saraceno)

Foto (sempre più sfocata)

dei giovani fuori dalla famiglia.

un commento di Alessandro Rosina, da La Voce del 6/6/2005

 

Nel suo intervento su Lavoce.Info (1) Chiara Saraceno, rileggendo alcuni risultati dell’indagine Idea che abbiamo presentato qualche settimana fa all’Accademia dei Lincei, alla luce anche della pubblicazione in questi giorni di alcuni dati dell’indagine Istat Famiglia e soggetti sociali (2) , ha proposto alcune considerazioni sulla condizione giovanile italiana, sempre più caratterizzata da una particolarmente lunga permanenza nella famiglia di origine. E’ forse però il caso di tornare su questo tema per arricchire il quadro con ulteriori elementi che possono aiutare a meglio delineare i cambiamenti in atto sul rapporto tra giovani, mercato del lavoro e percorso di transizione alla vita adulta.

La progressiva posticipazione dei giovani del momento di uscita dalla casa dei genitori è un fenomeno in corso da vari decenni, che però sta attualmente toccando livelli inediti e che vede in ogni caso l’Italia, come giustamente sottolineato da Chiara Saraceno, su posizioni tra le più estreme nel mondo occidentale (come del resto vale anche per la bassa fecondità e per l’invecchiamento della popolazione). Le più recenti indagini forniscono però il ritratto di un processo di transizione alla vita adulta che, oltre ad essere sempre più ritardato, sta diventando anche sempre più flessibile. E questo è forse il maggiore cambiamento che sta investendo le più giovani generazioni rispetto a quelle precedenti.

In particolare, quello che si osserva è una notevole diminuzione della sincronizzazione tra il momento di uscita dalla casa dei genitori ed il matrimonio. Ovvero aumentano le uscite per motivi diversi dalla diretta formazione di un’unione coniugale. Andare a vivere come single e andare a convivere con un/una partner sono scelte sempre più comuni, soprattutto nell’Italia centro-settentrionale. Tali scelte sembrano essere legate ad un aumento di un senso di insicurezza nelle giovani generazioni, conseguenza, su un piano generale, della sempre maggiore complessità della società della modernità avanzata, per dirla alla Giddens, e su un piano più specifico, di un mercato del lavoro che fornisce sempre meno stabilità e certezze. Diventa allora sempre meno praticabile il tipico tradizionale percorso che prevedeva prima la conclusione degli studi, successivamente la ricerca di un lavoro stabile e definitivo, l’accumulo di risparmio per l’acquisto della casa, ed infine, realizzati tali prerequisiti, l’uscita dalla famiglia di origine per matrimonio. Flessibilità e mobilità occupazionale se da un lato consentono forse di anticipare l’entrata nel mercato del lavoro, dall’altro offrono meno garanzie di continuità di occupazione e reddito. I dati ci dicono del resto che è aumentata notevolmente negli ultimi anni la quota di giovani meridionali che escono dalla famiglia di origine per lavoro, e di giovani uomini e donne dell’Italia centro-settentrionale che cominciano una vita autonoma come single o convivendo, prima ancora di realizzare le condizioni per arrivare al matrimonio. Il disporre di un lavoro, per quanto flessibile e precario (che per le fasce sociali più basse e meno istruite corrisponde a stipendi d’ingresso molto bassi e per le fasce sociali più alte e più istruite impone spesso una mobilità territoriale per inseguire le migliori opportunità) può incentivare un distacco dalla famiglia di origine, ma espone anche ad elevati rischi di fallimento e quindi di rientro nella casa dei genitori.

L’indagine Idea ha cercato di misurare tale fenomeno, ed i risultati ottenuti sono di particolare rilievo. (3)

Più di due giovani su cinque tra quelli che escono dalla famiglia di origine per lavoro, sono poi costretti a rientrarvi. Tali difficoltà e fallimenti non possono che contribuire a rinforzare il senso di incertezza percepito dai giovani. Secondo la nostra indagine, oltre la metà dei giovani è preoccupato per il proprio futuro, e lo vede pieno di rischi ed incognite. Fino agli anni ’90 del secolo appena concluso tale insicurezza ha portato a posticipare sempre più le le tappe di transizione alla vita adulta, ed in particolare le scelte percepite come particolarmente vincolanti ed irreversibili, come il matrimonio ed il mettere al mondo dei figli. (4)

Ora la risposta non agisce più solo sui tempi, ma anche sui modi del diventare adulti. Flessibilità e mobilità del mercato del lavoro, favorendo l’uscita dalla casa dei genitori prima ancora che le condizioni per il matrimonio siano realizzate, agiscono verso una flessibilizzazione del percorso di transizione alla vita adulta. Il processo è sempre meno unidirezionale. Insicurezza e flessibilità comportano anche una reversibilità delle scelte, ed un esempio sintomatico è proprio il rientro nella casa dei genitori. Quella che abbiamo definito come "sindrome del figliol prodigo". Fenomeno che oltre ad avere cause strutturali ed economiche (precarietà lavorativa, affitti costosi, assenza di adeguati ammortizzatori sociali) si coniuga anche con specificità culturali italiane. La relazione tra genitori e figli è infatti molto più forte e solida rispetto ai paesi dell’Europa nord-occidentale. Anche dopo l’uscita dalla casa dei genitori, la famiglia di origine rimane il punto di riferimento fondamentale per i giovani single e le giovani coppie. Quando non possono contare più sulle proprie forze, ed in assenza di adeguati sostegni sociali, risulta naturale per i giovani-adulti rivolgersi ai genitori. Questi ultimi del resto sono spesso i primi ad incentivare un rientro dei giovani quando vedono che la qualità della vita dei loro amati figli rischia di diminuire significativamente. Sono spesso non solo ben disposti a riaccoglierli, ma anche a festeggiare il loro rientro ammazzando il vitello grasso.

L’uscita ed il rientro nella famiglia di origine può quindi essere vista come un fenomeno fisiologico nel contesto di una società che cambia, che diventa sempre più complessa, e nella quale vincoli ed opportunità si intrecciano in modo sempre meno prevedibile. Il problema vero è però quello dell’equità sociale. Chi ha una famiglia solida e benestante su cui contare ha comunque una rete di protezione pronta ad attivarsi nei momenti di necessità. Cosa accade invece ai giovani che trovandosi in difficoltà nel proprio percorso di vita e lavorativo non hanno una famiglia di origine in grado, per vari motivi, di accoglierli e sostenerli? Come ne escono in un sistema nel quale l’unico vero armonizzatore sociale per i giovani è la famiglia? Non solo. Il prossimo futuro sarà sempre più caratterizzato da uno schiacciamento delle generazioni di mezzo italiane sotto un doppio peso, quello dei figli giovani-adulti non ancora pienamente autonomi, e quello dei genitori anziani non più autosufficienti. (5)
Tale doppio peso già si sta facendo sentire, ma soprattutto è destinato a diventare notevolmente più rilevante nei prossimi anni. Riuscirà la famiglia italiana a resistere (da sola) a tale sfida?

 

(1) Chiara Saraceno, "Foto di giovani in famiglia", Lavoce.info, 06.06.2005.

(2) Istat, Rapporto Annuale 2004, cap. 4, "Le trasformazioni della famiglia", Roma, maggio 2005.

(3) Letizia Mencarini, Rosella Rettaroli, Alessandro Rosina, "Primi risultati dell’indagine Idea", documento presentato al Convegno su "Famiglie, nascite e politiche sociali", Accademia dei Lincei, 28-29 Aprile 2005.

(4) Giuseppe A. Micheli (1999), Effetto generazione. Cinquant’anni di trasformazioni demografiche in Italia dal dopoguerra ad oggi, Carocci, Roma.

(5) Alessandro Rosina, Giuseppe A. Micheli (2005), "Un aggiornamento del quadro demografico e degli scenari futuri a dieci anni dalla riforma delle pensioni Dini-Treu", Previdenza e assistenza pubblica e privata. Il diritto della sicurezza sociale, n. 1/2005, anno II, Giuffré editore.