Secondo ciclo.

Le domande dell’ANP.

da Tuttoscuola del 16/6/2005

 

L’ANP, organizzazione professionale nella quale convivono diversi orientamenti politici, non si avventura sul terreno di valutazioni sulla riforma del secondo ciclo che potrebbero scontentare qualcuna delle sue anime, ma formula in compenso una serie di rilievi critici in forma di domande (qualcuna di tipo classicamente retorico, a risposta incorporata...). Eccone una sintesi (testo completo in www.anp.it).

- Si pensa davvero che lo schema di decreto possa completare tutto l’accidentato iter che lo attende prima della scadenza ultima del 17 ottobre? Con una Conferenza Stato-Regioni a grande maggioranza schierata all’opposizione e con la pausa estiva dei lavori parlamentari di mezzo?

- Posto che esso sia emanato, si pensa davvero che possa andare in attuazione dal settembre 2006, senza nessuna ragionevole risposta da dare all’utenza, quando a novembre-dicembre chiederà alle scuole quali percorsi intendono attivare per l’anno successivo?

- Lo schema di decreto cerca di accontentare tutti (sindacati, Confindustria, lobby disciplinari) col risultato di dare luogo a una vera e propria bulimia dell’offerta, accompagnata da una preoccupante rigidità strutturale: fino a 24 diversi percorsi predefiniti; fino a 17 materie in alcuni bienni; fino a 38 ore settimanali di lezione. Qualcuno ha detto flessibilità?

- Si va in direzione contraria ai principi ispiratori di un decennio di riforme: il successo formativo, la riduzione del carico orario settimanale obbligatorio, l’abbassamento dell’età di uscita dal percorso secondario, la personalizzazione dell’offerta formativa attraverso le opzioni. E invece: più ore, più materie, opzioni ridotte ai margini, riproduzione del vecchio modello a canne d’organo. E’ troppo chiedere un minimo di coerenza fra gli obiettivi dichiarati e gli strumenti di attuazione?

- Le bozze di Indicazioni Nazionali circolanti in forma ufficiosa sono una lista di argomenti e contenuti prescrittivi, come nella più vetusta tradizione ministeriale. Non si era detto che spettava ai dirigenti e ai docenti di elaborare i piani dell’offerta formativa, tradurre gli obiettivi generali di apprendimento in percorsi curriculari ed in contenuti di insegnamento?

 

La proposta dell’ANP

Quale alternativa, dunque, propone l’ANP al "fallimento sostanziale di chi vuole continuare a governare dal centro un sistema che il Parlamento ha voluto affidare all’autonomia delle scuole e del territorio?"

In sostanza la ricetta dell’ANP consiste nella ridefinizione del rapporto tra il centro e le scuole, con la riduzione delle norme generali e dei livelli essenziali di prestazione, di competenza del centro, a poche indicazioni riguardanti i vincoli e gli obiettivi di sistema, e l’affidamento ai corpi professionali delle scuole, sotto la guida e la responsabilità dei loro dirigenti, della gestione dei contenuti e delle metodologie.

In questo quadro, l’accenno all’autonomia del "territorio", posta accanto a quella delle scuole, potrebbe essere letto come un’apertura nei confronti delle Regioni, quasi una proposta di alleanza contro il comune avversario, il "centralismo burocratico", all’insegna dei più penetranti poteri programmatori affidati alle Regioni dal titolo V dalla Costituzione come rivisto nel 2001.

Nello stesso tempo un appello viene rivolto anche alle forze politiche che operano a livello nazionale, a prescindere, si direbbe, dalla loro attuale collocazione a sostegno del governo o dell’opposizione. La nota dell’ANP si conclude infatti con la seguente drastica alternativa: "o la politica saprà individuare gli interlocutori su cui investire per sostenere il cambiamento (dirigenti e docenti qualificati delle scuole autonome); o continuerà ad affidarsi a chi, incapace di innovare, sa solo riproporre stancamente le ricette che hanno condotto il nostro sistema formativo agli ultimi posti in Europa".