Com'è difficile diventare grandi. La controreplica dell'autore di Francesco Billari, da La Voce del 6/6/2005
Gianpiero Dalla Zuanna solleva, con una risposta documentata due questioni trattate (seppur in modo diverso) nel mio intervento e in quello di Chiara Saraceno. La prima questione è la visione della prolungata permanenza nella famiglia di origine come problema. Tale visione è illustrata soprattutto da Saraceno. Alcuni aspetti sono legati all’idea di allentare la rigidità delle sequenze di eventi nel corso della vita trattata nel mio pezzo. Certamente alcuni giovani preferiscono rimanere a lungo a casa dei genitori. Ciò è connesso sia a ragioni storiche richiamate da Dalla Zuanna, sia alla presumibile introiezione nelle preferenze dei vincoli effettivi alle scelte di formazione delle famiglie. Riconosciamo però il valore sociale di scelte come metter su casa (da soli o con un partner) indipendentemente dal sostegno dei genitori, dalla condizione di studente o dal tipo di contratto di lavoro. Allora, non possiamo dimenticare che alcuni giovani dichiarano invece, esplicitamente, di voler metter su casa ma di non poterlo fare (si veda il Rapporto Annuale ISTAT 2004). Aiutare i giovani che desiderano metter su casa significa dunque metterli in grado di effettuare delle scelte, non certo forzarli a troncare i "legami forti" con i genitori caratteristici del modello Sud Europeo. In particolare, è sempre rischioso a mio avviso connotare negativamente come fa Dalla Zuanna "un modello di famiglia decisamente minoritario nel nostro paese", proprio perché "lo stato dovrebbe evitare di indicare ai suoi cittadini quale sia il modo "migliore" di organizzare la propria vita familiare" e se possibile aiutare ad avere pari opportunità. Il secondo aspetto è il legame tra lunga permanenza in famiglia e bassa fecondità. Non basta qui, come fa Dalla Zuanna, guardare semplicemente a misure come l’età mediana all’uscita e l’età media al primo figlio e alle loro relazioni a livello nazionale. Per informare adeguatamente le scelte politiche occorrono simulazioni basate su studi con dati individuali e longitudinali. Sebbene la causalità sia non facile da isolare in tali studi, si può mostrare che in Italia l’età al primo figlio, come anche il numero totale di figli, sono influenzati dall’età in cui si forma una coppia, convivendo o sposandosi. Politiche che aiutassero le coppie che pensano a "metter su casa" assieme avrebbero dunque certamente un effetto "secondario" che innalzerebbe la fecondità (1).
(1) F.C. Billari, A. Rosina, "Italian "latest-late" transition to adulthood: an exploration of its consequences on fertility", Genus, 2004, LX, 1: 71-88. |