Io speriamo che me la cavo.

di Elio Gilberto Bettinelli, da ScuolaOggi del 24/1/2005

 

Anche al termine dello scorso anno scolastico, 2003/2004, si è confermata l’esistenza di un significativo divario fra i tassi di promozione degli alunni con cittadinanza non italiana e di quelli italiani. Nella scuola primaria è stato del -3,36, vale a dire i promossi fra gli alunni con cittadinanza non italiana sono stati il 96,19% rispetto al 99,55% degli alunni cittadini italiani. Nella scuola secondaria di I grado invece i promossi sono stati rispettivamente 89% e 96,06% con una divario a sfavore degli alunni stranieri di -7,06. Infine la scuola secondaria di II grado ha visto una differenza di -12,46, con 72,66% di promossi fra gli alunni stranieri e 85,22% fra gli italiani scrutinati. Questi sono solo alcuni dei dati presentati nella ampia e documentata Indagine sugli esiti degli alunni con cittadinanza non italiana recentemente resa pubblica sul sito del MIUR.

Gli alunni stranieri che “non ce la fanno” a tenere il passo sono tanti o pochi? I dati devono allarmare o, al contrario, rientrano in una fisiologia, per così dire, “inevitabile” della migrazione? L’indagine commissionata dal ministero, dove pure si afferma che “il successo scolastico è uno degli elementi qualitativi su cui misurare l’integrazione”, non si esprime al riguardo ma consente di ricavare alcune considerazioni.

a. Il differenziale nei tassi di promozione peggiora passando dalla primaria alla scuola superiore, certamente anche in relazione a un aumento della “selettività” che riguarda tutti gli alunni ma che colpisce in modo assai più accentuato gli alunni stranieri. In effetti se nella scuola primaria i non promossi fra gli stranieri sono stati il 3,81%, nella secondaria di primo grado sono stati 11%, in quella di secondo grado ben 27,34%: oltre un alunno straniero su quattro non ha superato l’anno! Se ne ricava la necessità di predisporre adeguati dispositivi e misure di sostegno all’integrazione scolastica degli alunni stranieri in particolare nella scuola superiore, ma anche nella scuola media. Occorre inoltre un’opera più sistematica di sensibilizzazione e formazione dei docenti di queste scuole.

b. Il dato delle ripetenze andrebbe considerato insieme a quello del ritardo scolastico che però non è stato raccolto dall’indagine nazionale. Tuttavia per la Lombardia possiamo riferirci all’indagine regionale “Insieme a scuola 3“, realizzata dall’Osservatorio Regionale per l’integrazione e la multietnicità, pure essa pubblicata in questi giorni. Vi si segnala un grave peggioramento nei dati di ogni ordine e grado scolastico. Gli alunni stranieri in ritardo di una o più classi rispetto all’età anagrafica erano nel 1999/2000 rispettivamente il 20,2% nella scuola elementare, il 44% nella scuola media, il 47,1% nella secondaria superiore. Lo scorso anno scolastico le percentuali erano rispettivamente: 21%, 53,2%, 65,3%. Il ritardo non coincide con le ripetenze. La ricerca, incrociando i dati raccolti, afferma che “la pratica di inserire i ragazzi stranieri in classi inferiori rispetto alla loro età anagrafica – come previsto in linea di massina dalla normativa vigente – non solo non si è modificata, ma si è consolidata e diffusa, soprattutto nei gradi più alti dell’istruzione” . Inoltre parrebbe che il ritardo iniziale tenda a generare ulteriore ritardo nel senso che coloro che vengono inseriti inizialmente in una classe inferiore siano anche più soggetti a ripetenze di coloro che incominciano regolarmente. Il risultato, per quanto sconcertante, non dovrebbe sorprendere eccessivamente se pensiamo che, a fronte di un aumento di alunni stranieri, in questi anni assistiamo, fra l’altro, a una riduzione di risorse certe, alla difficoltà di mettere in campo quelle esistenti, alla diversa sensibilità da parte degli enti locali che pure in molte situazioni svolgono un’opera di vera e propria supplenza riguardo all’amministrazione scolastica nazionale.

c. Un elemento interessante che emerge dalla ricerca nazionale riguarda la relazione fra esiti scolastici degli alunni stranieri, dimensione delle scuole, numero degli alunni stranieri e numerosità delle diverse nazionalità presenti. I dati non consentono di stabilire rapporti di causa-effetto fra tali aspetti ma si può comunque rilevare che i migliori esiti scolastici degli alunni stranieri si hanno nelle situazioni in cui la loro presenza è piuttosto bassa rispetto alla popolazione complessiva. Inoltre la presenza di un ventaglio ampio di diverse cittadinanze in una scuola non ostacola il conseguimento di elevati livelli degli esiti. Pur con tutte le cautele del caso, necessitando ulteriori e più approfondite indagini, si potrebbe ipotizzare che scuole e classi “polarizzate”, a forte presenza straniera, non depongono a favore del successo scolastico, tanto meno se esse vedono la presenza di una sola nazionalità straniera. Ciò dovrebbe avere importanti conseguenze sul piano della politica scolastica territoriale che finora ha lasciato andare le cose senza alcuna guida al punto che le scuole polarizzate si stanno affermando in città come Milano dove pure si potrebbero dirigere i flussi e non consentire la creazione di scuole “ghetto”. D’altra parte anche l’istituzione di classi “monoetniche” non viene certo confermata come una scelta vincente, sconfessando così anche recenti tentativi milanesi – per altro nati su altre basi-, per fortuna poi bloccati.

d. Fra gli elementi mancanti nell’indagine nazionale segnaliamo la mancata distinzione fra gli esiti degli alunni nati in Italia da genitori stranieri e quelli arrivati qui successivamente. Inoltre manca del tutto il tema del rapporto fra dispositivi adottati dalle scuole per sostenere l’apprendimento degli alunni stranieri ed esiti scolastici di questi. Tema estremamente complesso in quanto le misure di sostegno e facilitazione all’apprendimento sono le più varie sul territorio nazionale, spesso sono prive di sistematicità e di continuità nel tempo, sono frutto di “collages” di risorse diverse.…. Abbiamo già avuto occasione di affermare che tutto ciò testimonia la grande vivacità e sensibilità della scuola italiana, il suo legame con le realtà del territorio oltre che un diffuso atteggiamento di accoglienza. Ma ora si pone il problema dell’efficacia delle misure e dei dispositivi messi in campo: quali modalità – corsi intensivi propedeutici o in parallelo, sostegno occasionale “ad personam”, classi separate temporanee di accoglienza, laboratori in orario curricolare con partecipazione alla classe di assegnazione ecc.- favoriscono i migliori esiti scolastici? La domanda non è peregrina in quanto da più parti si avanzano proposte che vanno nella direzione di istituire classi di iniziazione e/o di accoglienza, di durata variabile, propedeutiche all’inserimento nelle classi comuni. Anche nel contributo di Elena Besozzi che conclude la ricerca nazionale vi si accenna, in verità in modo abbastanza generico. E’ una soluzione possibile, ma è la migliore soluzione? Dove sono state attuate, ad esempio in Francia, gli esiti sono oggi fortemente messi in discussione. Occorre tenerne conto per non percorre strade che altri stanno lasciando, anche se si manifestano forti spinte in tal senso, probabilmente per un discorso di più efficiente uso di risorse scarse.

Vi sono molti altri dati interessanti nelle due ricerche citate sui quali ritorneremo in seguito. Potremmo tuttavia provare a trarre almeno una conclusione, relativa alla urgenza di investire sulle azioni da realizzare per superare il gap degli esiti scolastici fra alunni stranieri e italiani. Come ha giustamente affermato il direttore regionale Dutto, al recente seminario dell’ISMU del 17 gennaio scorso, il quadro ormai c’è, occorre intervenire positivamente. Per fuoriuscire da aride contrapposizioni (che talvolta nascondono ideologismi, mancanza di volontà politica, scelte di laissez-faire, obiettivi politici inconfessabili, indisponibilità a trovare le risorse necessarie ecc.), si potrebbe proporre di progettare e attuare dispositivi diversi ma chiaramente delineati in differenti realtà scolastiche, dar loro continuità e monitorarne gli esiti sul piano degli apprendimenti conseguiti dagli alunni stranieri. Il fatto che una consistente percentuale di alunni della nostra scuola sia, di anno in anno, condannata a percorsi scolastici penalizzanti e in ritardo è una grande questione democratica prima ancora che scolastica.