Le mille e una scheda.
di Dedalus, da
ScuolaOggi del 17/1/2005
E così, come aveva scritto perfino il
Sole24ore-scuola con non poche perplessità, siamo alla scheda
faidate. Con la circolare ministeriale n. 85 del 3 dicembre 2004
si è aperta la strada infatti alla “devolution” in fatto di
attestazione dei risultati raggiunti e/o di certificazione delle
competenze. Ed ora nelle scuole cominciano a prodursi gli effetti.
Ma riepiloghiamo quel che è successo negli ultimi tempi ripercorrendo
brevemente i passaggi essenziali della storia della scheda di
valutazione.
Come si ricorderà, in principio c’era la pagella, quella con i voti
decimali e la condotta. Nel 1977 la “svolta”: con la legge n.517 viene
introdotta la scheda personale dell’alunno. La tradizionale pagella
viene abolita e nei due gradi della scuola dell’obbligo viene adottato
il “documento di valutazione dell’alunno”, redatto dal Ministero. Al
suo interno, i giudizi verbali analitici e sintetici prendono il posto
dei voti decimali.
Nel 1993 la scheda subirà un primo cambiamento, dopo la stagione dei
nuovi programmi e della programmazione curricolare: viene riscritto un
nuovo modello contenente degli “indicatori” che gli insegnanti
dovranno poi declinare, indicando con delle lettere (A-B-C-D-E) il
livello di competenza raggiunto dagli alunni.
Questo modello (e le famose letterine che avevano sollevato non poche
perplessità) viene in seguito modificato nel 1996 (Ministro
dell’Istruzione Berlinguer). Viene abbandonata la “valutazione di
criterio”: i criteri indicatori su ciascuno dei quali si esercitava
prima il giudizio degli insegnanti vengono accorpati tutti insieme e
l’indicazione dei livelli raggiunti viene sostituita con dei giudizi
di valore (ottimo, buono, distinto, sufficiente, insufficiente)
nell’intento di semplificare la scheda e di renderla più
comprensibile.
E’ il caso di sottolineare che – sul versante della comunicazione dei
processi valutativi e della certificazione (che ha valenza esterna e
pubblica) – il modello di scheda di valutazione in tutti questi anni
resta fermamente nelle mani del Ministero, rientra a pieno titolo
nelle sue competenze ed è omogeneo, uniforme, uguale per tutti, sul
territorio nazionale.
Con una curiosa e abbastanza sorprendente interpretazione
dell’autonomia delle istituzioni scolastiche ora il MIUR rivolta la
frittata. Le vecchie schede infatti erano già state abrogate con i
provvedimenti del 1999 (DRP n.275, Regolamento dell’autonomia delle
istituzioni scolastiche) e del 2003 (legge n.53). A tale abrogazione
dovevano seguire indicazioni chiare al fine di sostenere le scuole
nell’attività valutativa. Il Ministero doveva definire gli indirizzi
generali della valutazione, i livelli essenziali delle competenze
e doveva pure - secondo lo stesso Regolamento sull’autonomia -
definire nuovi modelli di certificazione. La scheda abrogata nel 1999
(non oggi, quindi!) ha continuato invece a sopravvivere, stampata dal
Poligrafico dello Stato e distribuita alle scuole in tutti questi
anni. In pieno regime di “transizione”, dunque.
Da un lato appare abbastanza chiaro che per il MIUR alla fine di
questa transizione dovrebbe esserci il portfolio delle competenze
degli alunni: questo infatti, secondo logica, dovrebbe essere il nuovo
documento/strumento di valutazione. Ma il portfolio è ancora in mezzo
al guado, così come il tutor, il docente che dovrebbe gestirlo. E del
portfolio non si parla né nella legge n.53/2003 né nel D.Lgs. n.59/2004
né nella CM n.29/2004. Il portfolio esiste solo, oltre che nella testa
del prof. Bertagna, nelle Indicazioni nazionali, allegate al decreto
legislativo e aventi peraltro valore transitorio (in attesa di
programmi definitivi o comunque in attesa di formale riconoscimento
giuridico in quanto tali).
D’altra parte, non essendo di fatto in grado di proporre nuovi criteri
indicatori definitivi (in assenza di “nuovi programmi”,
formalmente approvati e ufficiali), il MIUR non può nemmeno
permettersi l’emanazione di un nuovo documento di valutazione
“ufficiale”, valido a livello nazionale. E così dal cappello salta
fuori il coniglio dell’autonomia: poiché nel decreto legislativo n.59
del 29 febbraio 2004 sta scritto che “la valutazione, periodica e
annuale, degli apprendimenti e del comportamento degli alunni e la
certificazione delle competenze da essi acquisite sono affidate ai
docenti responsabili delle attività educative e didattiche previste
dai piani di studio personalizzati”, se ne fa derivare che sta
alle scuole provvedere direttamente all’elaborazione degli stessi
modelli di valutazione e di certificazione delle competenze. Per la
precisione, all’“équipe pedagogica” dei docenti (altra nuova
invenzione, che non trova riscontro fra gli organi collegiali della
scuola, non figura attualmente in nessuna norma).
Quindi, il Ministero rinuncia ad una propria funzione e la devolve
alle scuole. Provvedano esse a stampare nuovi modelli di valutazione,
sulla base di “esempi di abilità” desunte dagli Obiettivi
Specifici di Apprendimento delle Indicazioni nazionali e suggeriti dal
MIUR “a titolo orientativo”. Con grande libertà quindi e, in
ogni caso, a loro spese. Con due novità, significative: la valutazione
del comportamento come fatto a sé stante (il vecchio voto di
condotta?) e la reintroduzione nella scheda comune dell’insegnamento
della religione cattolica, valutazione prima separata e distinta, in
un modello allegato riservato solo agli alunni avvalentisi.
Risultato: vi sono scuole che adotteranno il modello “suggerito” dal
MIUR sic et simpliciter, altre che si eserciteranno nella
modifica o rielaborazione degli “esempi di abilità” indicati, altre
ancora che utilizzeranno le schede in uso precedentemente in attesa di
nuovi modelli (elaborati dal Ministero o dalle scuole stesse),
qualcuna addirittura che userà il modello nuovo e gli indicatori
vecchi, e così via. Ogni scuola avrà la sua scheda, diversa da quella
delle altre scuole.
Siamo arrivati così alla polverizzazione del documento di valutazione
nazionale, alla frammentazione delle modalità di certificazione.
A proposito di questa brillante quanto sospetta riscoperta
dell’autonomia scolastica da parte del MIUR c’è da osservare che un
conto sono le metodologie di valutazione, di verifica e documentazione
dei processi di apprendimento dell’alunno (sicuramente di competenza
dei docenti e delle singole scuole) un conto è
l’attestazione/certificazione dei risultati raggiunti. Questa non può
prescindere da standard di apprendimento irrinunciabili, dalla
definizione di quei livelli di competenza essenziali, validi per tutti
gli alunni e uniformi su tutto il territorio nazionalele.
Come ha scritto Maurizio Tiriticco, di fatto “l’Amministrazione non
è stata in grado di coniugare il concetto di autonomia con quello di
obiettivi chiaramente scanditi, irrinunciabili e validi per tutte le
istituzioni scolastiche.” Quindi: “si apre la strada ad una
sorta di anarchia per cui si avranno differenze valutative tra scuola
e scuole, sia a livello procedurale sia sotto il profilo sostanziale.
Infatti, i giudizi espressi saranno difficilmente comparabili,
sincronicamente, da scuola a scuola, e diacronicamente, per quanto
riguarda lo sviluppo/crescita del singolo allievo ed il suo eventuale
passaggio da una scuola ad un’altra”.(*)
In questo contesto allora non ci sembra affatto “conservatrice” o “di
comodo” la scelta di quei Collegi e di quelle scuole che hanno deciso
di mantenere la scheda vecchia, stampandola a proprie spese, invece di
ricorrere al nuovo modello proposto e suggerito dal MIUR. Per più
ragioni. La principale è che con questa scelta si vuole dare un
segnale “politico” forte: sta al Ministero indicare criteri generali
di valutazione come pure definire nuovi strumenti e documenti di
valutazione omogenei e validi su tutto il territorio nazionale.
L’autonomia non può costituire un alibi (la riprova ne è lo stesso
Regolamento del 1999 che proprio su questo punto - vedi gli articoli 8
e 10 - è chiarissimo, con una netta distinzione di competenze tra
scuole autonome e Amministrazione centrale).
La seconda, secondaria ma non irrilevante, è che non si vede perché
docenti e scuole debbano elaborare in fretta e furia (la CM n.85 è
uscita il 3 dicembre 2004 !), in prossimità della scadenza
quadrimestrale, nuovi indicatori, sulla base di Indicazioni nazionali
che restano comunque un fatto transitorio e nell’attuale situazione di
stallo in cui si trovano questioni nodali quali il portfolio e il
tutor e/o le funzioni tutoriali, ancora in alto mare o comunque non
ben definite.
Questo non vuol dire rifiutarsi di ragionare sulla questione più
complessa della valutazione (procedure, metodologie, analisi critica
dell’esistente) o rinunciare a ripensare/rielaborare una vera e
propria cultura della valutazione. Anzi, proprio in questo senso ha
ragione Tiriticco a dire che “la valutazione è una cosa troppo
seria per essere così maltrattata”…
Ma la certificazione degli esiti, ripetiamo ancora una volta, è cosa
diversa dalla valutazione e dalle modalità di documentazione dei
processi formativi. Essa era e deve restare di competenza di un organo
centrale dello Stato, quale il Ministero dell’istruzione (già
pubblica). Per questo ha senso resistere, per quanto possibile, e
contrastare le pulsioni di dissoluzione e di disfacimento della scuola
di Stato e del sistema nazionale di istruzione che si manifestano
anche in queste forme. L’autonomia delle istituzioni scolastiche non
c’entra in questo caso, è solo un pretesto o una scusante. E’ una
questione di principio? Può essere. Ma è proprio sui principi che non
bisogna cedere. All’orizzonte non c’è una reale autonomia didattica e
organizzativa, ma l’introduzione di “elementi di mercato” e di forme
di liberismo nella scuola pubblica statale.
(*)
Maurizio Tiriticco, Dalla pagella alla scheda, in Notizie della scuola
n.9, 1/15 gennaio 2005.