Che errore tagliare le ore di Latino nei Licei. di Raffaele Simone, da Il Messaggero del 17/1/2005
COME gli oracoli dell'antichità, anche i “tecnici di viale Trastevere” svelano i loro segreti lentamente, goccia a goccia, per non abbagliare di colpo il popolo con l'intensa luce che emettono. Per questo, dopo aver divulgato i principi concettuali della riforma che dal prossimo anno dovrebbe rinnovare la scuola superiore, ora rilasciano la tabella degli orari corrispondenti. Scopriamo così alcuni segreti. Per esempio che nel liceo classico (una delle indiscusse colonne della cultura italiana, uno dei tratti dell’“identità italiana”), ci sarà un'ora in meno di latino la settimana in prima e in seconda classe; mentre al liceo scientifico la riduzione per il latino sarà ancora più drastica, quasi una mutilazione: dimezzato per le prime tre classi (da 4 a 2 ore), passerà da 3 a 2 ore in quarta e da 4 a zero (proprio così: zero) in quinta. Pensate che questa falcidia colpisca solo la lingua di Cesare? No, neanche quella di Dante è risparmiata. L'italiano (che in quelle classi di età corrisponde all'ultima speranza seria di accostarsi alla civile e formativa pratica della letteratura) viene lasciato intatto allo scientifico, ma si riduce di un'ora (da 5 a 4) nei primi due anni del classico! Il posto così sgomberato viene preso da un modesto incremento della matematica nello scientifico e dalle lingue straniere, ora estese a tutte le classi dei due licei e rappresentate dall'inglese e da una seconda lingua. Dettaglio penoso: nel classico a ciascuna delle due lingue straniere vengono attribuite appena due ore la settimana; allo scientifico le due lingue abiteranno nella stessa misura di ore in cui attualmente si colloca la sola prima. Confesso che le tabelle da cui traggo queste considerazioni mi sembrano prodotte non da una mente umana regolarmente funzionante ma da una stampante impazzita o da un hacker infiltratosi nella rete del ministero. Da un lato si alleggerisce il liceo della sua componente classica, ma così se ne altera la ragione sociale: quella componente è infatti intrinseca alla sua originaria natura di scuola “umanistica” ed “enciclopedica”. In cambio, nell'illusione di dare spazio alle lingue straniere (che evocano una delle tre “I” teorizzate a suo tempo per la scuola italiana), si introducono corsi settimanali di due orette, che non servono (ve l'assicuro) a imparare proprio nulla. Alla base di questo strampalato menù è difficile vedere un progetto quale che sia. Chiunque sappia qualcosa di liceo sa bene che lo studio del latino e della cultura classica in generale ne costituisce il fondamento filosofico: quindi, chi volesse davvero rinnovare quell'ordine di scuola, dovrebbe semmai rafforzare queste discipline aggiornandole agli studi recenti, piuttosto che attenuarle. Analogamente, chi sa qualcosa di lingue straniere sa bene che due ore alla settimana per una lingua che si affronta ex novo non servono a null'altro che a illudersi o a ingannarsi. E allora? In queste distribuzioni di ore non riesco a vedere altro che un impulso sviato che chiamerei (alla latina) libido destruendi , la bramosia di far piazza pulita del passato per imporre qualcosa che si suppone nuovo, alla luce del principio «Ora vi faccio vedere io!». Dev'essere stata questa libido a suggerire ai “tecnici di viale Trastevere” che latino e italiano (cioè le letterature e le culture connesse a queste lingue) sono cose “vecchie” e che finalmente occorra introdurre, anche nel polveroso liceo classico, il “nuovo”. Ma qui sta il pericolo: in tutti i restauri fatti con violenza, a forza di rimuovere il “vecchio” (erroneamente identificato con “l'antico”) si corre il rischio di abbattere l'intero edificio. |