Ma quei 200 mila posti sono veri?

 da TuttoscuolaFocus del 28 febbraio 2005

 

Fuori dalle polemiche, la questione ora è una sola: l’attendibilità del piano, a cominciare proprio dalla verifica di quella cifra di 200 mila posti che qualcuno già considera sovrastimata.

Verosimilmente quei 200 mila dovrebbero essere riservati sia ai docenti sia al personale Ata: potrebbero essere 160-170 mila posti per docenti e 30-40 mila per gli Ata (se si adotterà il rapporto utilizzato per l’immissione in ruolo a settembre di 15 mila persone: 12.500 docenti e 2.500 Ata).

160-170 mila posti per docenti - da ripartire (50%-50%) tra iscritti in graduatoria permanente e idonei iscritti nelle graduatorie di merito dei concorsi – vorrebbero dire 32-36 mila posti all’anno.

Sembrerebbero un po’ troppi, visto che lo stesso Miur nella relazione di accompagnamento del testo del decreto legislativo per l’art. 5 parla di un turn over di 18 mila posti.

A settembre 2004 sono andati in pensione 16.533 insegnanti (17.497 l’anno prima e 15.589 nel 2002): verosimile, dunque, la stima di un turn over intorno alle 18 mila per i prossimi anni (a cui vanno aggiunti 6-7 mila pensionamenti Ata all’anno) per un totale nel quinquennio di 90 mila posti liberi di docente e 30-35 mila per Ata.

C’è da dire però che attualmente i posti vacanti per mancata o insufficiente immissione in ruolo sono diverse decine di migliaia; il che consentirebbe di distribuire questa preziosa riserva negli anni successivi, rendendo plausibile il piano annunciato dal ministro.

I posti dell’organico di diritto dei docenti attualmente privi di titolare sono 37.821 (8.401 nella scuola dell’infanzia, 16.038 nella primaria, 8.926 nella primo grado e 4.456 nelle superiori).

Circa 44 mila posti sono vacanti tra il personale Ata. Nell’immediato, dunque, sarebbero possibili oltre 81 mila assunzioni in ruolo sulle disponibilità esistenti.

Se a questa dote iniziale di posti si aggiunge la dote annuale di 25 mila posti per turn over (18 mila docenti e 6-7 mila Ata), si arriva nel quinquennio a 200 mila assunzioni, come nella previsione Moratti: circa 130 mila docenti e 70 mila Ata.

Dunque, se si vuole, si può.

 

 

200 mila immissioni in ruolo:

atto dovuto o coraggio del ministro?

L’annuncio del ministro Moratti che il Governo ha autorizzato la predisposizione di un piano per l’immissione in ruolo di 200 mila precari ha preso alla sprovvista il mondo della scuola, creando reazioni di segno nettamente opposto: precari in festa e sindacati diffidenti.

I sindacati ricordano che la legge 143 di questa estate ha esplicitamente previsto un Piano pluriennale di nomine: "Con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con i Ministri per la funzione pubblica e dell'economia e delle finanze, è adottato, entro il 31 gennaio 2005 un piano pluriennale di nomine a tempo indeterminato che, nel corso del prossimo triennio, consenta la copertura dei posti disponibili e vacanti".

La legge prevede anche che annualmente vengano previsti nella legge finanziaria gli oneri necessari per l’attuazione del piano. La Finanziaria 2005 ha taciuto in merito, ma è noto che nell’immediato le immissioni in ruolo dei docenti non comporterebbero un maggior onere, essendo uguale il trattamento retributivo dei neo immessi in ruolo e dei docenti annuali che li sostituiscono. Semmai i maggiori oneri si riscontrano con la progressione di carriera.

Quello del ministro è, per i sindacati, un atto dovuto e, anzi, tardivo, visto che il piano avrebbe dovuto essere adottato entro il 31 gennaio scorso.

Negli ambienti ministeriali si fa notare che la legge parla di triennio, mentre nelle intenzioni del ministro vi dovrebbe essere una immissione in ruolo per un quinquennio. Qualcosa di diverso, dunque, di quanto preveda la legge.

Perché – si è chiesto qualcuno – questo exploit, quando si poteva già decidere prima?
Un’ipotesi è che sia mutato il rapporto tra ministro dell’istruzione e ministro dell’economia, favorito forse dal cambio della guardia Tremonti-Siniscalco, al punto che le insistenze della Moratti hanno avuto ragione della pregiudiziale che vedeva una dilatazione di spesa per il personale di ruolo dell’istruzione senza considerare che comunque quella spesa c’era già per assumere il personale precario in sostituzione.