Istituti tecnici meno utili per il lavoro.

da ItaliaOggi dell'1/2/2005

 

Diversi saranno gli effetti della riforma del 2° ciclo sugli attuali istituti tecnici e per il canale della formazione professionale. Variazioni minime nel liceo classico, limitate nel liceo scientifico, profonde negli istituti tecnici che, diventati indirizzi di licei tecnologici ed economici, perderanno molte ore delle materie professionali e daranno titoli di minor valore per accedere alle professioni di ragioniere, geometra, perito industriale o agrario, di capitano. Ignota la sorte degli istituti professionali e d'arte.
Il decreto non ne parla. Forse anch'essi diventeranno licei e non istituti della nuova formazione e istruzione professionale (Ifp). Ciò che è in ballo non è la sorte degli istituti professionali, ma il ruolo delle regioni nella gestione dell'intero sistema educativo.

Il nuovo titolo V della Costituzione ripartisce così le competenze legislative in materie di istruzione: lo stato ha legislazione esclusiva sulle norme generali e i livelli essenziali delle prestazioni (Lep) che devono essere garantiti sul territorio nazionale in materia di diritti sociali e civili, tra cui quello all'istruzione; la regione ha legislazione esclusiva in materia di Ifp; quello che non è norma generale è materia di legislazione concorrente tra lo stato, che determina i principi fondamentali, e la regione che legifera.

Il decreto sul 2° ciclo detta norme generali (art.2) e Lep per la istruzione e formazione professionale (art.16-23).

Però dal riparto di legislazione previsto dalla costituzione, fa discendere anche il riparto della gestione del sistema educativo: allo stato (Miur) i licei, alle regioni l'Ifp.

Inoltre attraverso la definizione dei Lep impone un unico modello di gestione, limita lo spazio per la legislazione regionale esclusiva, come fossero norme generali, senza peraltro assicurare i finanziamenti necessari per assicurare i Lep.

Il conflitto stato (Miur) e regioni è aperto da tempo. Significative due sentenze della corte costituzionale che ha coinvolto la regione Emilia Romagna: la prima (n.13/2004) ha chiarito che spetta alla regione la gestione del sistema, dichiarando incostituzionale una norma della finanziaria che affida al direttore regionale la competenza in materia di organici; la seconda (n. 34/2005) di cui si parla in questo numero, ha riconosciuto la potestà legislativa della regione in materia di istruzione, purché non in contrasto con le norme generali.