Lo stato giuridico degli insegnanti

ovvero “Io speriamo che me la cavo!”.

 di Gioconda Fappiano Docente I.P.S.A.T. “E.V.Cappello” Piedimonte Matese (CE)

da Retescuole del 28/2/2005

 

Pensavo che il decreto legislativo riguardante la riforma della Scuola Secondaria Superiore del ministro Moratti fosse l’ultimo e definitivo attacco all’equilibrio già compromesso di quei docenti che come me, lavorando in Istituto Professionali destinati alla regionalizzazione ed alla ghettizzazione culturale, sono già alle prese con riduzione delle iscrizioni e con i conseguenti tagli ai posti di lavoro. Ma, evidentemente, al peggio non c’è limite. Mentre ancora non mi è chiaro quale sarà la mia sorte lavorativa, mi imbatto nella proposta riguardante lo stato giuridico degli insegnanti presentata alla Camera da due deputati rispettivamente di Forza Italia e di Alleanza Nazionale il 29 settembre del 2004. La gerarchizzazione delle carriere dei docenti era proprio quello che mancava!

L’articolazione della professione docente in tre distinti livelli- docente iniziale, docente ordinario e docente esperto, cui dovrebbe corrispondere rispettivamente il settimo, l’ottavo ed il nono livello retributivo del personale dello Stato- sarà sicuramente accolta con favore da quei colleghi che lamentano l’impossibilità di fare carriera nella scuola così come accade in altri settori del lavoro pubblico. Pur non appartenendo a questo gruppo e per sgombrare subito il campo da eventuali equivoci, ritengo in linea di principio legittime le aspirazioni di chi si pone come obiettivo l’avanzamento economico e di carriera con conseguente recupero di prestigio e visibilità sociale.

Credo però anche, e per dirla tutta, che in questa direzione il ministro Berlinguer abbia già fatto abbastanza e male: accesso alla dirigenza per i Presidi, istituzione delle Funzioni Obiettivo (oggi Strumentali) per i docenti, introduzione del docente-vicario, e così via. Non c’è dunque da meravigliarsi che l’attuale governo Berlusconi voglia portare a termine fino in fondo quanto altri avevano già cominciato a fare.

Pur volendo prendere per buone le intenzioni, ciò che trovo veramente inaccettabili più di tutto sono le modalità con i quali si andrebbe alla verifica ed alla valutazione periodica delle prestazioni dei docenti ai fini della progressione economica e di carriera.

L’accesso ai tre livelli della carriera professionale degli insegnanti è possibile attraverso la partecipazione a concorsi indetti dalle istituzioni scolastiche per i primi due, mentre per il terzo livello è necessario superare un concorso indetto dall’ufficio scolastico regionale.

Per accedere al livello iniziale ed a quello di docente ordinario, oltre a possedere titoli sufficienti per superare una selezione per il contingente di posti autorizzati dall’autorità scolastica regionale, verranno compilate graduatorie d’istituto da parte di una commissione formata dal dirigente, dal direttore dei servizi amministrativi e da tre docenti esperti della scuola. Le graduatorie terranno conto inoltre della valutazione della commissione permanente della istituzione scolastica, della valutazione espressa dal dirigente scolastico, dei crediti formativi e dei titoli professionali . Per i docenti collocati nel livello iniziale ed ordinario, è disposta una valutazione periodica quadriennale da parte di una commissione permanente di valutazione da istituirsi in ogni scuola. La commissione permanente di valutazione, secondo la proposta dei deputati, deve essere presieduta da un funzionario dell’ufficio scolastico regionale appartenente alla carriera ispettiva e composta nelle scuole del secondo ciclo da due docenti esperti, da un genitore , da uno studente e da un rappresentante dell’albo regionale dei docenti.

Sono oggetto di valutazione:

1) l’efficacia dell’azione didattica e formativa;

2) l’impegno professionale nella progettazione ed attuazione del POF;

3) il contributo fornito all’attività complessiva dell’istituzione scolastica o formativa;

4) i titoli professionali acquisiti in servizio.

Il passaggio al livello di docente esperto avviene a domanda, attraverso formazione e concorso, previo esame di una commissione presieduta da un funzionario dell’ufficio scolastico regionale appartenente alla carriera ispettiva, da un dirigente amministrativo e da tre docenti esperti con almeno tre anni di anzianità.

Non posso fare a meno di trovare gli elementi di valutazione per i docenti di una sconsolante genericità . Mi chiedo: come si misurerà l’efficacia dell’azione didattica e formativa? Quali saranno gli indicatori ? Suppongo che l’insegnante degno di far carriera si connoterà principalmente per l’elevato numero di studenti che nella sua disciplina conseguiranno il successo scolastico. Se così fosse, il gioco sarebbe semplice. Basterebbe che da guida per gli studenti mi trasformassi in “adulatrice” e dispensassi a piene mani la sufficienza per tutti (il 6 politico si diceva una volta) facendo salire così, oltre che l’audience alle mie lezioni, anche il mio indice di gradimento presso le famiglie (devo essere valutata tra l’altro da un genitore e da uno studente!). Oppure potrei partire con una raffica di insufficienze marcate per tutti, per trasformarmi poi, grazie alla qualità eccellente della mia azione didattica, in una sorta di “salvatrice dei casi disperati”, meritandomi così un bel salto in avanti. Restano però ancora da sciogliere altri punti nodali. Prendiamo i progetti per il P.O.F. ed il contributo che dovrei fornire all’attività scolastica. In quindici anni di insegnamento, ho visto tanti miei amici e colleghi perfezionarsi nella progettualità (soprattutto quella riguardante i Piani Operativi Nazionali, in concorso con Agenzie Esterne) sottoponendo all’approvazione collegiale piani spesso “futuristici” e talvolta anche bizzarri tesi, almeno nelle intenzioni, ad ampliare l’offerta formativa della scuola ed a consolidare l’istruzione dei ragazzi. A causa dei miei numerosissimi limiti e della mia conclamata incapacità di comprendere le innovazioni, non ho mai capito appieno quale fosse l’utilità e la reale ricaduta culturale sugli studenti di tali progetti spesso condotti nell’assenza quasi totale di qualsiasi forma di monitoraggio. Mi sono inoltre sempre chiesta, come sia possibile che a fronte di curricoli scolastici caratterizzati sempre di più dalla genericità e dall’abbassamento delle conoscenze e delle competenze, oltre che dalla riduzione del tempo-scuola come evidenziato dai tagli continui al quadro orario di numerose discipline, agli studenti si possano proporre estenuanti maratone pomeridiane per l’espletamento di attività aggiuntive spesso loro del tutto indifferenti e neanche richieste. Insomma è come se in mancanza dell’ordinario ci affannassimo ad assicurare lo “straordinario!”. Ma tant’è! Se non voglio rimanere indietro dovrò adeguarmi e sperare tra l’altro di far salire le mie quotazioni presso chi dovrà attestare la mia volontà collaborativa. Dulcis in fundo, i titoli professionali acquisiti in servizio. Spero che almeno su questo qualche collega potrà capirmi. Come fanno gli insegnanti più giovani a vedersi assegnati incarichi di collaborazione oppure le tanto sospirate Funzioni Strumentali se sembra prevalere quasi sempre il principio dell’anzianità nell’assegnazione degli incarichi piuttosto che quello della rotazione? Come si può acquisire esperienza se non si adotta il criterio delle pari opportunità per tutti? La collegialità delle scelte, a fronte del decisionismo delle presidenze “manageriali” quante volte è veramente applicata? I collaboratori ed il docente-vicario sono attualmente scelti dal collegio o dal dirigente scolastico?

Inoltre sono assalita da un dubbio atroce: non è che i sindacati questa proposta di nuovo stato giuridico degli insegnanti intendono pure approvarla?

Certo per chi come me non è avvezzo a cantare nel coro si presentano tempi duri. In questa triade ideologica morattiana della fede cristiano-cattolica, del sistema capitalistico di mercato, di democrazia plebiscitaria (indiretta, procedurale e non partecipativa) ispiratrice del nuovo modello scolastico italiano, non mi stupirebbe il ritorno ad un’organizzazione gerarchica feudale. Sicuramente non sarei collocata né tra i vassali, né tra i valvassori né tra i valvassini. Continuerei a restare tra i servi della gleba. E speriamo che me la cavo……

 

Gioconda Fappiano
Docente I.P.S.A.T. “E.V.Cappello” Piedimonte Matese (CE)