Al primo posto delle richieste la «spendibilità» del titolo di studio.

Poi serietà, rigore e qualità delle conoscenze. I problemi maggiori nelle superiori.

Servizi, sapere o valori?

Famiglie divise sui «compiti» della scuola.

I genitori si sono mobilitati sul tempo pieno e si interessano di materie e orari.

Assente nelle discussioni il tema della formazione morale dei figli.

di Giuseppe Tesorio, da Il Corriere della Sera del 21/2/2005

 

Ginnasiali tecnici e periti classici, tempo pieno, normale, à la carte, orari flessibili, insegnamenti opzionali, competenze facoltative. È la new schola italiana, quel tanto di inglese e quel po' di latino. Il dibattito sulla riforma continua a inanellare formule di ingegneria didattica, e dimentica, per il momento, due cose. La famiglia (cosa chiede la famiglia alla scuola?) e quattro righe dell'articolo 2 della Legge 28 marzo 2003, n. 53 (quando si discute del contenuto «spirituale» della nuova scuola?). E allora, dove stanno i genitori? Da quando il ministero ha aperto un forum telematico, sul sito www.istruzione.it sono arrivate migliaia di email. Non piace a tutti la «cultura liceale» da sancire per legge. Un'impresa assai ardua del resto. Il confronto coinvolge tutti. «A furia di parlare di quale scuola dovrebbe avere l'Italia, la scuola si è fatta da sola. E male. Manca la domanda chiara delle famiglie e delle imprese, e l'adeguata risposta del sistema». Una convinzione forte per Giuseppe De Rita, segretario generale del Censis. Ma il professore lancia un altro affondo. «Si mandano i figli a scuola, ci si sforza per farli arrivare all'università, ma se poi la laurea è in fisica o in scienze della comunicazione è secondario».

Ma allora la famiglia cosa chiede davvero alla scuola? C'è stata una grande mobilitazione sul «tempo pieno» nella scuola primaria. I genitori delle grandi città hanno chiesto prima di tutto un tempo «lungo». Madri e padri lavoratori hanno ribadito un'esigenza vera: la scuola deve anche essere un «servizio».

Adesso il problema si accende per le superiori. Gli osservatori più attenti mettono in allarme: «si studia troppo poco», «la scuola non riesce più a garantire competenze», «troppe educazioni e stimolazioni, o insegno italiano o faccio altro». E così si arriva ai «genitori generici», ai «professori generici», a «competenze generiche». Si sta al ribasso.

La famiglia chiede prima di tutto la «spendibilità» del titolo di studio. Vuol dire posto di lavoro adeguato. Poi, nella realtà, la speranza è di un posto di lavoro qualsiasi.

La scuola dovrebbe saper collocare le persone giuste al posto giusto. Ma le variabili sono troppe e per i genitori diventa sempre più difficile investire nel futuro dei figli. Allora si sta al minimo. Si chiede un servizio da misurare con gli standard di produzione ed efficienza. Manager e tutor produrranno il cittadino colto e professionalizzato e flessibile.

In seconda battuta, la famiglia chiede serietà e rigore negli studi (ma contesta la selezione) e la qualità dell'insegnamento.

Infine, si interroga sul contenuto di tali insegnamenti. Con buona pace del risultato finale. E dimentica di interrogarsi su un altro problema. Quattro righe, al comma b, art. 2, della legge delega: «Sono promossi il conseguimento di una formazione spirituale e morale, anche ispirata ai principi della Costituzione, e lo sviluppo della coscienza storica e di appartenenza alla comunità locale, alla comunità nazionale ed alla civiltà europea». Temi troppo importanti per non essere discussi. E' compito della scuola? Anche, ma quali sono i confini. Il legislatore non lo dice ancora, la famiglia discute delle materie e degli orari, ma non ancora della formazione spirituale dei figli. Si entra nel cuore dell'educazione: i saperi stanno intorno, i valori al centro. Cosa si chiede davvero alla scuola?