Il vero problema non è la scheda,
è il Concordato!
di Dedalus, da
ScuolaOggi del
16/12/2005
La circolare n.84 sul portfolio con la quale il
MIUR ha inviato alle scuole il modello di documento di valutazione da
adottare ha riaperto nuovamente la discussione sulla religione
cattolica.
E’ tutto un coro di critiche (dalla Flc Cgil ai
vari movimenti e comitati) sul fatto, tra l’altro, che la valutazione
dell’insegnamento della religione cattolica e/o delle attività
alternative è diventata parte
integrante e costitutiva della scheda
stessa. Ricordiamo che prima la valutazione di questi insegnamenti
veniva fatta a parte, su un foglio “allegato” alla scheda. Ora, si può
anche immaginare un ennesimo blitz del Miur che, considerata
l’opportunità di proporre un modello comune sul territorio nazionale
per ovviare alla cosiddetta “scheda fai da te”, ha pensato bene di
inserirci dentro anche l’I.R.C. e le AA.AA. (tanto per usare la
terminologia per sigle oggi tanto di moda).
In realtà ci sarebbe da osservare che la “scheda
fai da te” rimane comunque, nel momento in cui non sono definiti e
resi prescrittivi gli stessi indicatori, gli stessi standard formativi
validi per tutti gli alunni (le scuole possono scegliere e indicare
liberamente gli “apprendimenti attesi” tra gli esempi desunti dagli
obiettivi specifici delle Indicazioni nazionali o altro). In pratica,
di comune c’è solo lo “scheletro”, la parte grafica (i titoli, per
intenderci, delle varie discipline più il comportamento).
Ma secondo noi non è questo il problema principale. Se ci pensiamo
bene il fatto che ad un alunno la valutazione della religione o
dell’alternativa venga consegnata all’interno del documento o su
foglio a parte, non cambia - nella sostanza - le cose. E’ del tutto
secondario. Non è questa infatti la vera “illegittimità”.
Nel momento in cui le norme in vigore consentono
che l’insegnamento dell’I.R.C. - vale a dire l’insegnamento di una
confessione religiosa, quella cattolica nella fattispecie - sia
incardinato dentro l’orario scolastico base (in questo senso
“obbligatorio”) il resto viene di conseguenza.
Si ha un bell’arrampicarsi sui vetri poi a
sostenere con sottili distinguo che non è l’ora di religione cattolica
ad essere obbligatoria e vincolante per tutti (ci mancherebbe!) ma
piuttosto che l’insegnamento dell’I.R.C. è considerato materia in
orario obbligatorio e che invece la facoltatività riguarda la scelta
da parte della famiglia di avvalersene o meno, optando in questo
secondo caso per le cosiddette “attività alternative”…
Di questo passo si arriva all’ossimoro degli
“insegnamenti obbligatori e opzionali” (come sta scritto appunto nel
documento di valutazione), evidente contraddizione in termini.
Altro ancora è poi pretendere che questa stessa scheda venga
utilizzata anche da istituti scolastici non statali ma equiparati alle
scuole pubbliche e gestiti da altre confessioni religiose (come ad es.
le scuole ebraiche): qui al danno si aggiunge la beffa…!
Ma per tornare alle scuole statali, da cui eravamo partiti, vogliamo
allora dire con chiarezza che il vizio di fondo sta altrove? Vogliamo
dire che, da quando la religione cattolica non è più religione di
Stato o “fondamento e coronamento” e principio ispiratore di tutto
l’insegnamento (v. Programmi didattici per la scuola primaria del
1955), in una scuola pubblica e statale, dove convivono diverse etnie,
culture e credenze religiose (a maggior ragione in una società sempre
più multietnica), tutto ciò diventa semplicemente anacronistico e
discriminante?
Quello che va rivisto allora non è tanto il documento di valutazione,
ma le norme concordatarie e derivati che collocano l’ora di religione
cattolica nell’orario scolastico di base. Se ne è reso conto e lo ha
recentemente affermato persino Gennaro Acquaviva, il principale
collaboratore di Bettino Craxi all’epoca della trattativa per la
revisione dei Patti Lateranensi del 1984 che portò alla storica firma
del Concordato tra Stato italiano e Chiesa cattolica.
Abbiamo pensato (ingenuamente?) che una via d’uscita onorevole potesse
essere quella di collocare l’ora di religione nelle ore
facoltative-opzionali previste dalla stessa riforma Moratti, chiamando
finalmente le cose con il loro nome. Ma, com’era da aspettarsi,
nessuno ha ripreso seriamente in considerazione questa ipotesi. Il
Polo e la maggioranza di governo meno che mai, ma neppure le
principali forze di opposizione.
Possiamo capire che per diverse forze politiche, anche del centro
sinistra (pensiamo in primo luogo a Margherita e Ds, ma non solo) sia
politicamente inopportuno o non “conveniente”, soprattutto in fase
preelettorale, porre questa questione. E possiamo anche capire che vi
sono ben altri problemi più urgenti, sul piano sociale, economico,
ecc. Ma non ci si può nascondere dietro a un dito. In questo caso
forse hanno ragione i radicali e lo Sdi: se si vuole andare al fondo
del problema (di questo ma anche della querelle sul crocefisso nelle
aule e dintorni), il nodo sta lì. Inutili girarci attorno. Altrimenti
tanto vale lasciare le cose come stanno, scheda inclusa, con buona
pace del cardinal Ruini e delle gerarchie ecclesiastiche.