Lo scorso anno boom del 40%, trend confermato per il 2006

Docenti in esodo verso la pensione.

Nuovo esodo verso la pensione nella scuola.

ItaliaOggi del 6/12/2005

 

Potrebbe continuare con maggiore intensità la corsa verso la pensione da parte del personale docente, corsa peraltro già rilevata nello scorso anno scolastico. Nel 2005, infatti, le domande di cessazione dal servizio per dimissioni volontarie e per raggiunti limiti di età sono risultate essere del 40% superiori a quelle registrate nel 2004.

Il trend è confermato dal numero sempre maggiore di personale che, dopo la pubblicazione del decreto ministeriale n. 87 del 18 novembre 2005 e della circolare n. 88 di pari data, chiede notizie sulle modalità di presentazione della domanda di dimissioni e sui requisiti anagrafici e contributivi per andare il pensione dal 1° settembre 2006.

Le incertezze sulla tenuta del sistema previdenziale pubblico e i timori, allo stato non del tutto giustificati, dell'entrata in vigore di norme più restrittive sia per l'accesso alla pensione di anzianità che per il calcolo del trattamento pensionistico, potrebbero essere alcune della cause di un possibile elevato numero di richieste di cessazioni dal servizio.

 

Le rassicurazioni che non bastano

A rallentare la corsa, se non addirittura a frenarla, non sembra, infatti, essere sufficiente quanto dispongono i commi 3, 4 e 5 dell'articolo 1 della legge 23 agosto 2004, n. 243, la cosiddetta riforma Maroni.

Nei commi citati si precisa che i lavoratori che abbiano maturato entro il 31 dicembre 2007 i requisiti di età e di anzianità contributiva previsti dalla normativa vigente prima della data di entrata in vigore della legge n. 243, ai fini del diritto all'accesso al trattamento pensionistico di vecchiaia o di anzianità, conseguono il diritto alla prestazione pensionistica secondo la predetta vigente normativa. Tali lavoratori, si legge sempre nei citati commi, potranno liberamente esercitare il diritto alla prestazione pensionistica in qualsiasi momento, indipendentemente da ogni modifica della normativa. Anche i criteri di calcolo dell'ammontare della prestazione continueranno a essere quelli utilizzati prima dell'entrata in vigore della legge n. 243/2004, entrata in vigore che, si ricorda, è fissata al 1° gennaio 2008.

 

Part-time gettonato

Sempre stando alle prime indicazioni, molti docenti si starebbero orientando a chiedere la trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale congiuntamente al trattamento pensionistico di anzianità (su ItaliaOggi di martedì 22 novembre).

 

I requisiti di accesso

Il trattamento pensionistico di vecchiaia del personale della scuola continua a essere disciplinato dal decreto del presidente della repubblica n. 1092/93. Vi si accede d'ufficio al compimento del 65esimo anno di età a condizione che alla data del 31 dicembre 2006 si possano fare valere almeno 20 anni di contribuzione.

Per il personale in servizio alla data del 31 dicembre 1992, è tuttavia sufficiente, ai sensi dell'articolo 2, comma 3, del decreto legislativo n. 503/92, possedere il requisito contributivo minimo di 15 anni. Limitatamente al solo personale femminile, l'accesso al trattamento pensionistico di vecchiaia è consentito al compimento, entro il 31 dicembre 2006, del 60esimo anno di età, purché alla stessa data si possa fare valere la contribuzione indicata in precedenza. Per poter fruire, nella fattispecie, del trattamento pensionistico di vecchiaia dal 1° settembre 2006, il personale femminile deve farne espressa richiesta al dirigente scolastico entro il 10 gennaio 2006.

Per l'accesso al trattamento pensionistico anticipato di anzianità, i requisiti anagrafici e contributivi richiesti dalla normativa vigente, sia al personale maschile che femminile sono rispettivamente, e sempre alla data del 31 dicembre 2006, almeno 57 anni di età e 35 di contribuzione, ovvero, in presenta di una età anagrafica minore, non meno di 39 anni di contribuzione.

La domanda di cessazione dal servizio, finalizzata al conseguimento del trattamento pensionistico dal 1° settembre 2006, deve essere indirizzata al dirigente scolastico della scuola di titolarità, ovvero di servizio se diversa da quella di titolarità, entro il 10 gennaio 2006.

 

La previdenza blocca le attività extra

Con il part-time, docenti liberi di fare attività extrascolastiche. Salvo che il part-time sia stato scelto congiuntamente alla pensione. Il personale docente che presta parimenti servizio a tempo parziale ma per effetto della trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale congiuntamente al trattamento pensionistico di anzianità, facoltà consentita dal decreto ministeriale n. 331/1997.

Nei confronti di questo personale, infatti, non trovano applicazione le disposizioni sulla possibilità di cumulare il servizio scolastico prestato a part time con lo svolgimento di altre attività non scolastiche.

 

La normativa

Nei loro confronti dovrebbero trovare applicazione le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 189, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 secondo le quali le pensioni di anzianità, nonché i trattamenti pensionistici anticipati di anzianità non sono cumulabili, limitatamente alla quota liquidata con il sistema retributivo, con altri redditi di lavoro di qualsiasi natura.

In deroga a questa ultima disposizione, l'articolo 1, comma 1 del decreto ministeriale 29 luglio 1997, n. 331 consente tuttavia, seppur con alcune limitazioni, di cumulare il trattamento pensionistico di anzianità con il servizio prestato nella scuola a tempo parziale.

Una deroga che, secondo alcuni, non consentirebbe ai docenti l'esercizio della libera professione atteso che la lettera del citato comma 189 fa riferimento "ai redditi di qualsiasi natura".

In altri termini, mentre all'insegnante che presta servizio a tempo parziale, senza essere titolare di un trattamento pensionistico di anzianità, sarebbe consentito, previa autorizzazione del dirigente scolastico, di esercitare la libera professione, a quello che gode anche di pensione l'esercizio sarebbe negato.

 

Le tesi

È una tesi che non si condivide in primis perché l'esercizio della libera professione è previsto, in deroga alle cause di incompatibilità, dall'articolo 508 del decreto legislativo n. 297/94 e dall'articolo 36 del contratto collettivo nazionale del 24 luglio 2003.

In secondo luogo perché, per giurisprudenza ormai consolidata anche da parte dei giudici della Corte costituzionale, la deroga trova la sua ragion d'essere nella considerazione che dall'esercizio della libera professione può derivare un'influenza positiva all'attività didattica e costituire una occasione per arricchire le specifiche conoscenze del docente nel senso di un aggiornamento permanente.