Sulla via giudiziale all'integrazione scolastica.
di Rosanna Vittori, ANGSA Marche, dal Gruppo Solidarietà, 8 aprile 2005
‘La via giudiziale all'integrazione scolastica,
quando sono assegnate troppe poche ore di sostegno, è la via più
corretta per affermare il valore della comunicazione, della
socializzazione e degli scambi relazionali e con esso la qualità
dell'integrazione come fatto di enorme rilevanza sociale?’ Ma credo che questa recente storia vada analizzata molto attentamente. Ci si sarebbe aspettata un’analisi dal Ministro, una presa di posizione, ma a quanto ne sappiamo pare non si sia verificato. E dunque proviamo ad analizzare. Quello che i giudici vanno affermando è che l’art 12 comma 3 della L.n. 104/92, nella scuola della Repubblica Italiana, va rispettato. Un fatto che dovrebbe essere ovvio in una scuola ispirata al dettato della Costituzione, dove è sancito che il diritto allo studio è fondamentale diritto di cittadinanza e l’obbligo scolastico è fatto di promozione sociale, culturale ed umana. Altro è probabilmente lo spirito della cosiddetta Riforma Moratti, sulla cui aderenza al dettato costituzionale potrebbero essere avanzatii dei dubbi. Ma la l’104/92 è una delle leggi più avanzate che si possano immaginare e non solo per quel che riguarda l’integrazione scolastica, ma proprio per il disegno, la visione complessiva in cui inserisce questa, come parte essenziale di un’idea di cittadinanza. Viene da chiedersi: chi governa le dinamiche interne della scuola, perché fa fatica ad ispirare il suo operato a norme come questa? Norma per la cui conquista si è nel passato tanto lottato e lavorato. Quelle che sono state conquiste di civiltà, in una società evoluta non dovrebbero essere messe in discussione. Potrebbe sembrare un’ovvietà. Impedire l’integrazione scolastica dei disabili, ha lo stesso valore della riapertura dei manicomi, o della creazione dei ghetti…
Ci sono state battaglie civili importanti nella
nostra storia. E anche la scuola le ha fatte. Se ne è persa la
memoria? E se proprio la scuola getta la spugna, se è stanca di
mantenere in vita dei valori alti, che ne sarà del resto della
società? Bene: se è questo che riscontriamo, allora che la scuola si interroghi, non subisca passivamente la cultura dilagante, rinunciando persino a capire. E’ bene che la scuola con i suoi attori principali, che sono gli insegnanti, i dirigenti scolastici, non rinunci al suo ruolo educativo e di promozione sociale. E non aspetti che l’ispirazione le venga dall’alto, perché questo nella scuola italiana non si è mai verificato. Che il popolo della scuola, dunque, si riappropri del suo ruolo fondamentale. Si, perché questo è il ruolo che la scuola ha avuto e deve continuare ad avere nell’Italia Repubblicana. Porto Sant’Elpidio 6 aprile 2005 |