Tribunale e scuola: per ora un rapporto inevitabile. Elena Duccillo, madre di un ragazzo disabile e insegnante, ha dovuto fare ricorso al giudice perché venissero assegnate al ragazzo le ore di sostegno necessarie alla sua formazione. E dalle pagine di Superabile risponde all’avvocato Nocera su una questione, quella dell’integrazione, che fa discutere e suscita polemiche. di Elena Duccillo, da Superabile del 7 aprile 2005
Carissimo avvocato, rispondo pubblicamente al suo articolo apparso pochi minuti fa sul sito di Superabile. Mi sento coinvolta dal suo interrogativo, a pochi giorni dalla sentenza del tribunale di Roma che restituisce a mio figlio Paolo le 14 ore di sostegno settimanale che aveva nello scorso anno scolastico. Proverò a rispondere, a togliere la sospensione di questa domanda in quanto madre di un ragazzo con disabilità, ma anche in qualità di docente con tanti anni di servizio alle spalle. Sono dalla prima infanzia nella scuola senza soluzione di continuità da discente a docente e compirò a breve 39 anni, mi sono specializzata come insegnante di sostegno nel 1986 dunque prima ancora dell'avvento della legge 104 e prima di divenire madre di un ragazzo con sindrome di Down. Dico questo per far comprendere a chi mi legge che la scuola fa parte della mia vita e che ho a cuore, molto a cuore l'integrazione scolastica. Non ho a cuore solo la scuola, ma anche il futuro o meglio il progetto di vita di mio figlio e di tutti gli alunni con disabilità per i quali spero sempre di essere in grado nel mio ruolo con un modesto contributo direttamente o indirettamente di concorrere alla crescita. Vengo alla sua domanda, anzi mi pongo criticamente, interrogandomi, di fronte alla sua domanda. Che cosa mi ha fatto decidere la via giudiziale all'integrazione scolastica? E' davvero la cosa giusta? Se ne faccio un caso personale e metto sul piatto della bilancia da una parte la cronistoria scolastica di Paolo e dall'altra la mia esperienza di docente non ho dubbi che grazie all'avvocato Amoroso abbiamo un'unica strada da percorrere che prima del 17 dicembre 2002 nemmeno esisteva: la via giudiziale. Se guardo alla storia dell'integrazione scolastica senza allargare lo sguardo sulle sorti della scuola italiana dell'imminente futuro, posso dire di aver tradito con la mia decisione quello in cui credevo strenuamente come insegnate solo fino a un paio di anni fa. Ho sperimentato di persona che vuol dire essere contitolare di una sola classe e invece cosa comporta essere contitolare di quattro classi, ho preso parte alle sperimentazioni ex dpr 419 / 74 negli anni 90 quando i nostri alunni avevano 40 ore di attività programmate e monitorate a settimana e tutti si prendevano carico docenti, aec, dirigenti del loro progetto di vita, ho visto fallire questa isola felice da quando si è cominciato a parlare di riforme da Berlinguer alla Moratti, dall'epoca dei primi "tagli", ho visto buttare nella carta straccia tutta la documentazione prodotta per gli atti ufficiali relativa a quegli anni. Quando mio figlio mi torna a casa con tutte le unghie colorate sotto pelle con la penna perché si annoia e si isola quando non è all'altezza di seguire una lezione frontale, quando mi certificano che ha 7 ore di sostegno settimanali sapendo che richiedo i documenti per andare in tribunale, quando si rende necessaria un'udienza che ordina al mio diretto superire di restituire a Paolo non meno di 14 ore di sostegno, devo ancora pensare alla mia scuola ideale dove i docenti spontaneamente (visto che l'aggiornamento non è più un obbligo) accedono ai corsi di aggiornamento sull'integrazione scolastica, dove le aec si sa quali titoli di studio devono possedere per esercitare il loro mestiere, dove esistono degli accordi di programma (che sono più rari di una mosca bianca) e si mettono in pratica? Non dimentico il suo proverbiale ottimismo, non voglio buttare la mia professione alle ortiche, ma mi lasci pensare che deve ancora venire per noi genitori un'alternativa seria e tangibile al tribunale, si dia da fare il Ministero, noi genitori da fare ce ne diamo anche troppo e di questo ci accusano spesso gli operatori scolastici. Non sa quanto imbarazzo provo da genitore quando sento nelle riunioni dei docenti dipingere la figura del genitore di una ‘persona’ disabile come un mostro assalitore. Non sa quanto imbarazzo provo quando accolgo lo sfogo dei genitori che dicono cose purtroppo vere e disdicevoli della scuola. La vita è una e non si torna indietro, magari si potesse tornare indietro quando si sbaglia. I nostri figli saranno pure nati due volte, ma crescono una volta sola, e come crescono dipende da NOI !!! Non si metta in discussione l'uso del tribunale fino a che la scuola versa agonizzante in una giungla di tagli, glielo ribadisco amorevolmente lei mi conosce abbastanza da sapere che le mie parole escono dal cuore. |