Il dovere d'istruzione

ha abolito l'obbligo scolastico?

Nonostante la riforma Moratti sia criticabile in numerosi passaggi, il testo del decreto delegato sul diritto-dovere di istruzione e formazione ha ricevuto ultimamente attacchi ingiustificati, dovuti alla sostituzione dei termini "obbligo scolastico" con 'dovere d'istruzione'. Bisogna fare attenzione a non far nascere allarmismi infondati, basati su malintesi che, a lungo andare, possono diventare rischiosi.

di Salvatore Nocera, da Superabile del 12/5/2005

 

Mi permetto dissentire dalle superficiali critiche rivolte al testo del decreto delegato sul diritto-dovere di istruzione e formazione, nato dalla sostituzione, nel documento, dei termini 'obbligo scolastico' con 'dovere d'istruzione'. Infatti, sotto un profilo tecnico-giuridico, i termini 'obbligo' e 'dovere' sono equivalenti se esprimono il dovere giuridico di un comportamento obbligato. In diritto un 'dovere' è tale quando la norma preveda un organo che possa intervenire, se necessario, coattivamente quando il comportamento dovuto non sia spontaneamente reso. Dopo le prime giuste critiche all'originaria formulazione della bozza di decreto, gli estensori hanno provveduto ad inserire una norma che prevede un ufficio che dovrà verificare il rispetto del dovere da parte delle famiglie degli studenti e l'eventuale erogazione di sanzioni, in caso di violazione del dovere.

Pertanto, dove è l'abolizione dell'obbligo? Tale abolizione non potrebbe essere introdotta da una legge, perché questa sarebbe incostituzionale per espressa violazione dell'art 34 Cost., secondo il quale l'istruzione è obbligatoria e gratuita per almeno otto anni.

Una menzogna è invece il messaggio mediatico diffuso dal ministero dell'istruzione secondo cui l'istruzione sarebbe divenuta obbligatoria per 12 anni. Qui fanno bene i critici ad insorgere, perché l'istruzione obbligatoria è stata ridotta a otto anni, rispetto ai nove della riforma Berlinguer ed è stato introdotto l'obbligo formativo sino al diciottesimo anno, che già era stato introdotto da Berlinguer con la L.n. 30/00, che
l'attuale ministro si è affrettata ad abrogare, ripristinando però, con nuova terminologia, sia l'obbligo scolastico di otto anni, sia l'obbligo formativo sino al diciottesimo anno di età. E che dire della così detta 'istruzione domestica', che non è assolutamente da confondere con 'l'istruzione domiciliare'? Anche qui, nulla di nuovo sotto il sole.
Infatti l'istruzione che i genitori possono decidere di impartire ai propri figli, senza mandarli alla scuola pubblica, era già prevista fin da dopo l'entrata in vigore della costituzione e riproposta nel Testo unico delle norme sulla scuola, approvato con decreto legislativo n. 297/94.
Anche la previsione che i genitori debbano avere i mezzi culturali e economici per poter attuare questa modalità di istruzione, era già contenuta nella normativa precedente.

Rimane, come già era, l'obbligo per i genitori di sottoporre i figliolo a verifica da parte degli organi dell'amministrazione scolastica per accertare che il dovere di istruzione sia stato adempiuto correttamente.

Torno a dire l'istruzione domestica è diversa da quella domiciliare, perché quest'ultima è prevista dall'art 12 comma 9 della L.n. 104/92. In vero tale norma è stata prevalentemente applicata ai minori con disabilità impediti dalla frequenza scolastica a causa di ricovero in ospedale; ma questa normativa è stata poi estesa dal ministero anche a quelli trattenuti a casa per motivi sanitari (ad es. deficit immunitari etc).

Pertanto il timore ingigantito di riapertura delle scuole speciali per disabili a causa della sostituzione del termine 'obbligo scolastico' con 'dovere d'istruzione', è, a mio sommesso avviso, infondato. Altre possono essere le cause che potrebbero indurre i genitori alla riapertura delle scuole speciali e sono i tagli alla scuola pubblica e agli enti locali che riducono la quantità e qualità dei servizi; ma non c'è nessuna norma né in questo emanando decreto delegato, né in altre norme della riforma e degli altri atti applicativi, che possa, sia pur lontanamente, dare adito ad appigli giuridici per le scuole speciali.

Non sono un difensore della riforma, che non apprezzo e critico; ma la mia correttezza professionale mi costringe a dire quello che penso. Stiamo attenti che a gridare troppo 'al lupo, al lupo!', quando il lupo non c'è.
C'è il rischio che se il lupo arriva davvero, poi nessuno ci creda.