Scuola malata: a chi la diagnosi e la cura?
di Sergio Gilioli da
Fuoriregistro del
17/4/2005
Come i cittadini vedono la scuola italiana?
Occorre cambiare il nostro sistema scolastico
che l'Europa valuta tra i più resistenti alle innovazioni necessarie.
Ma non si può pretendere che siano gli innumerevoli docenti delle
scuole statali ad attenuarsi di loro iniziativa i loro stessi
privilegi quantunque innegabili. Anzi, in alcune ML scolastiche essi
difendono la più disinvolta autoreferenzialità della categoria: sono
pressochè intoccabili sul lavoro, esenti da ogni valutazione di merito
professionale "tutti egualmente eccellenti" e iperprotetti da
sindacati che esercitano di fatto nella scuola un enorme potere senza
responsabilità sull'efficacia complessiva del sistema, dunque docenti
con un salario differenziato solo dall'anzianità di carriera (dove le
anziane maestre risultano le migliori anche in palestra sebbene non ci
vadano spesso coi ragazzi, per via dei tanti mali alle ossa ecc. - [ma
per il resto sembrano davvero ancora le migliori!]).
Di docenti davvero eccellenti per fortuna ce n'è in ogni scuola. Ma
non possono rivendicare il diritto di valere qualcosa di più della
enorme massa di mediocri.
Il Ministro Berlinguer che provò a voler riconoscere il merito fu
cacciato dalla stessa 'enorme massa': non lo salvò il fatto che di
scuola se ne intendesse davvero.
Stando così la scuola, quale riforma proporre? E a chi chiederla?
All'inesistente "sindacato dei genitori" o degli utenti?
Chiederla ai docenti stessi sarebbe come chiedere a Bertoldo di
scegliere l'albero in cui impiccarsi.
Alla maggior parte di loro le cose stanno bene così.
Bocciata la riforma Berlinguer/De Mauro (e con essa di fatto anche il
governo che la proponeva), non accetteranno cure che sanino alle
radici il sistema: temono il cambiamento, non accettano valutazioni e
giudizi nel loro settore.
Eppure è malato il sistema che ai primi anni delle superiori caccia
via 2.800 alunni a Milano! (23 su 100 il primo anno, 16 su 100 il
secondo anno, ecc).
Per curare un organismo malato occorre una qualche forma di
valutazione diagnostica che dica dove cominciare a mettere le mani.
E' proprio l'INVALSI - organismo nazionale per la valutazione del
sistema scolastico - che può e deve richiamare l'attenzione sulle spie
rosse di allarme che lampeggiano sul cruscotto di marcia degli
istituti autonomi. L'indagine interna, pure necessaria, di
autodiagnosi di istituto non può bastare perchè autoreferenziale (Come
si può chiedere di guarire un malanno allo stesso medico che da sempre
lo manipola impotente? O all'ospedale che - al dire di Don Milani -
"caccia i malati e si cura i sani").
Perchè sabotare l'attività dell'INVALSI?
Qualche collega docente insegna come sabotare i
questionari di valutazione di aspetti della vita scolastica
predisposti dall' INVALSI per le classi della scuola primaria ("Basterà
che ogni insegnante risponda ai quesiti in classe insieme ai
bambini..."). Qualcun altro si pone
qualche problema di legalità: pare che anche il sindacato ritenga poco
tutelabile il sabotaggio delle prove dell' INVALSI in classe ed ora
c'è addirittura un
parere
dell'avvocato Mauceri.
Più che a disagio io sono un po' sconcertato perché queste azioni di
sabotaggio e falsificazione delle prove INVALSI dentro la scuola mi
sembrano, e forse lo sono, all'incirca come la produzione di 'falsi in
atto'. Azioni dolose, voglio dire, forse perseguibili anche
penalmente. Infatti L'INVALSI è un organismo annunciato dalla legge
sull'autonomia delle scuole fin dal '97 e finalmente istituito con
poteri esclusivi e autonomi, fissati con legge di stato, per la
valutazione della qualità del sistema scolastico. Altri soggetti e
operatori dell'amministrazione non credo possano interferire contro il
suo mandato senza compiere una specie di abuso di potere. E in
subordine le prove sono da intendersi come un'azione disposta da un
organo esecutivo e gerarchicamente superiore al singolo insegnante e
all'Istituto (l'autonomia del quale non è TOTALE, ma circoscritta
dalle stesse leggi).
I docenti possono contestare un eventuale ordine di servizio anche con
un'azione giudiziaria ma nel frattempo e 'nelle more del giudizio'
(non auspicabile dallo stesso avv.Mauceri) occorre ottemperare.
"Dura lex sed lex".
Perché mai gli uomini e le donne di scuola che siedono nelle poltrone
dei vari "uffici vertenze o uffici legali", blasonati dal sindacato
scuola, non dicono chiaramente a insegnanti e genitori come stanno le
cose? Giova a qualcuno tutto sto torbido che si sta creando? A parte
ciò, i suggerimenti di lotta degli insegnanti fanno affiorare per
contrappasso anche una seria questione di etica professionale: quanto
sarà 'valida e attendibile e vera', la valutazione dei processi di
apprendimento e la valutazione dei processi globali di maturazione
degli alunni? Che modello docimologico superiore adotterà mai la
scuola o la classe che con tanta disinvoltura demolisce gli strumenti
di verifica di altri organismi? Si tratta davvero qui di
"professionalità magistrale illuminata"? Trovo che c'è una evidente
supponenza, forse un pochettino spocchiosa, in chi vuole insegnare a
quelli dell'INVALSI il loro mestiere, se i test sono buoni, se i
metodi sono scientifici, ecc. E' già così difficile rendere credibile
l'autodiagnosi del nostro mestiere in classe e a scuola.
E poi il suggerire metodi di lotta illegale, come si concilia con la
quotidiana necessità di incarnare in classe "l'educazione alla
legalità", per battere, col ragionamento e col modello adulto da
maestri, le mafie grandi e piccole, i bullismi estorsivi, le violenze
individuali e di gruppo che talvolta manco riusciamo a vedere tra i
banchi? L'insegnante che suggerisce ai genitori di tenersi a casa i
figli per tre giorni per evitare mezz'ora di questionario invalsi,
forse è in conflitto con la sua stessa professione più che con
l'Invalsi: perché la legge e la deontologia ci hanno sempre spinto
contro l'evasione scolastica.
L'obbedienza non è una virtù in assoluto. Ci sono questioni di
coscienza importanti che ci spingono a pagare il prezzo cocente
dell'obiezione e della disubbidienza civile. Ma vi pare questo il
caso? Credo proprio di no. E so che la sovranità della legge ci vuole
sempre composti anche se critici: "Leges sine moribus vane".
Un'etica professionale troppo sbrindellata danneggia noi stessi della
scuola e non giova alla comunità di cultura alla quale ci dedichiamo.