Crisi politica. 1. ELEZIONI O GOVERNO DI FINE LEGISLATURA? da Tuttoscuola N. 195, 18 aprile 2005
Al momento in cui scriviamo non è possibile fare una previsione sicura su come si concluderà la crisi politica che ha investito la coalizione che ha finora sostenuto il governo Berlusconi. Qualche osservazione la si può comunque fare. Nelle varie ipotesi circolate in questi giorni, riguardanti programmi e organigrammi, non si è praticamente mai parlato ne' del MIUR, ne' del suo attuale titolare se non per dire che in caso di rimpasto o di nuovo governo Letizia Moratti sarebbe stata confermata. Insieme a Lucio Stanca, è il solo ministro "tecnico" del quale non sia stata messa in dubbio la permanenza nel governo. E ciò malgrado non siano mancate tensioni e polemiche anche esplicite, all'interno della maggioranza, su alcuni aspetti del suo operato. Basti pensare alle recenti critiche mosse dall'UDC alla bozza di decreto sul secondo ciclo o a quelle di AN sulla politica del personale (precariato, stato giuridico dei docenti). Riserve e critiche sono pervenute alla Moratti anche da Forza Italia: da Mario Mauro, responsabile scuola, a Franco Asciutti, presidente della commissione Cultura del Senato, e non è un segreto che la sottosegretaria Aprea si sia spesso trovata in disaccordo con il suo ministro. Evidentemente il presidente Berlusconi ritiene (al contrario dei suoi oppositori e forse anche di alcuni rappresentanti della maggioranza) che le riforme avviate da Letizia Moratti nel settore dell'istruzione e da Lucio Stanca in quello dell'innovazione tecnologica siano tra quelle che meglio hanno caratterizzato l'iniziativa del suo governo, e che più agevolmente potrebbero essere presentate come esempi positivi di rispetto del "contratto con gli italiani" anche nella campagna elettorale che porterà alle prossime elezioni politiche. Lunga o breve che essa sia.
2. SE SI VOTA A GIUGNO Se si votasse a giugno 2005 la campagna elettorale sarebbe, naturalmente, brevissima, e non potrebbe che svolgersi sul consuntivo dell'azione sviluppata dalla maggioranza uscente (malconcia e zoppa, dopo il recesso dell'UDC) nei quattro anni della corrente legislatura. Ma dal punto di vista del governo, o almeno da quello del suo leader, il leit-motiv di questa campagna flash sarebbe probabilmente concentrato non tanto sui risultati ottenuti quanto sulla necessità per il governo uscente di ricevere un altro mandato per completare le azioni avviate e per vari motivi non concluse. Mentre dal punto di vista dell'opposizione l'accento cadrebbe verosimilmente sull'inadeguatezza e sulle contraddizioni che hanno caratterizzato l'azione del governo nei vari settori, e sulla sua inaffidabilità per il futuro. Per quanto riguarda la politica scolastica, il centro destra potrebbe puntare sul fatto che il processo di attuazione della riforma del sistema di istruzione e formazione è rimasto a metà, e che servirebbe almeno un'altra legislatura per portarlo a termine: intanto con l'adozione degli ultimi due decreti legislativi sul secondo ciclo e sulla formazione dei docenti, e poi con il varo dell'imponente mole di normativa secondaria (regolamenti, decreti ministeriali) necessaria per implementare la riforma avviata. Parola d'ordine: attuare la legge 53. L'attuale opposizione in una campagna elettorale così ravvicinata si troverebbe a dover costruire in poche settimane un organico programma alternativo condiviso da tutti i partner: un suo collante sarebbe la critica all'operato della Moratti, ma la prima scelta da affrontare sarebbe: abrogazione o revisione (più o meno ampia) della legge 53? Con quale delle due opzioni si presenterebbe l'Unione agli elettori? Difficile dirlo al momento, anche se un peso rilevante nella decisione lo avrà la preoccupazione di non gettare la scuola inutilmente e per troppo tempo nella confusione. È prevedibile però che una delle parole d'ordine sarà la qualità nei processi di selezione e reclutamento degli insegnanti. E alla qualificazione del personale deve corrispondere una maggiore soddisfazione nel ruolo e nella retribuzione. Ecco perché il primo passo di una politica scolastica nuova che verrebbe prospettato alle urne sarebbe il rinnovo dei contratti scaduti da anni e senza incrementi certi.
3. Ipotesi su un programma di fine legislatura In alternativa alle elezioni anticipate a giugno potrebbe esserci un governo Berlusconi bis (o ter, contando quello del 1994) di fine legislatura. Con o senza l’UDC all’interno della compagine ministeriale? E nel caso che l’UDC tornasse al governo, quali sarebbero gli elementi di "discontinuità" che dovrebbero caratterizzarne la politica scolastica? Vediamo le due ipotesi. Se l’UDC non rientrasse nel governo con propri ministri, ma si limitasse al sostegno esterno, il processo di approvazione dei decreti legislativi sarebbe facilitato, almeno a livello del Consiglio dei ministri, ma il dissenso del partito di Follini potrebbe aumentare sul piano politico e parlamentare. Per esempio sulla questione della "pari dignità" tra il sistema di istruzione (licei) e il sistema di istruzione e formazione, per nulla garantita, secondo l’UDC, dalle attuali proposte del MIUR. Se invece l’UDC decidesse di rientrare nel governo con propri rappresentanti, sulla base di un accordo programmatico di fine legislatura all’insegna della "discontinuità", potrebbero esserci novità di un certo rilievo anche per la politica scolastica, specie se al MIUR, accanto al ministro Moratti, fosse nominato un sottosegretario "politico" di peso, per esempio il responsabile scuola dell’UDC Beniamino Brocca. In tal caso le novità potrebbero riguardare non solo la struttura del secondo ciclo (con un maggiore equilibrio tra area liceale e area tecnico-professionale) ma anche un assestamento del decreto legislativo sul primo ciclo in direzione di una più ampia autonomia e flessibilità dei modelli organizzativi, a partire da una diversa soluzione dalla vexata quaestio del maestro-tutor. |