Sostegno, una causa al contrario

Durante i primi anni di scuola è stato seguito dagli insegnanti di sostegno. Ora che è alle superiori non ne ha più bisogno, ma per i genitori di un ragazzo di Venezia, il giovane ha subito gravi danni dalla decisione dell’amministrazione scolastica e dalla Usl, che lo hanno ‘bollato come disabile’. La vicenda è finita in tribunale e spetterà al giudice stabilire chi ha ragione.

di Chiara Ciranda, da Superabile del 18/4/2005

 

Una sentenza ‘al contrario’. Con il giudice che dice no, questo ragazzo non aveva e non ha bisogno di sostegno. E’ quella che i genitori di A.P. sperano di ottenere dinanzi al tribunale di Venezia. Loro figlio oggi ha 15 anni, ma se quattro non li avesse trascorsi con un insegnante di sostegno al suo fianco – accusano in sostanza il padre e la madre – il ragazzo non avrebbe subito i danni morali, materiali, esistenziali e biologici per i quali chiedono adesso un risarcimento.

“A partire dalla prima media – si legge nell’atto di citazione depositato dall’avvocato della famiglia, Enrico Cornelio – A. ha potuto riprendersi, ma è rimasto gravemente leso dal danno recatogli durante le elementari. A prescindere dall’inutile spesa che lo Stato ha dovuto supportare per mantenere insegnanti di sostegno assolutamente inutili – si legge ancora nel documento – ad A. è stato recato danno in termini di riduzione del profitto verosimile che avrebbe potuto avere in una scuola normale e di danno biologico per l’induzione di una situazione di disarmonia evolutiva che […] non è sorta in maniera autonoma, ma come conseguenza di scelte cervellotiche da parte delle due istituzioni”: l’amministrazione statale della Pubblica istruzione da una parte, la Ulss n. 13 di Mirano (Ve) dall’altra.

“Probabilmente – spiega Cornelio a Superabile – quando fece il suo ingresso alla scuola elementare ‘Gardan’ di Caselle di Santa Maria di Sala (Ve), il piccolo era soltanto un po’ viziato, indisciplinato e soggetto a qualche crisi di pianto. Doveva essere trattato con strumenti didattici. Viceversa – è la tesi dell’avvocato – venne inventata per lui una malattia: il ‘disturbo del comportamento scolastico’, che è totalmente ignorata dalla nosologia (descrizione e classificazione delle malattie, ndr) psichiatrica. In sintesi – si legge a pagina 7 dell’atto di citazione – durante la scuola elementare il bambino è stato vittima di alcuni ‘apprendisti stregoni’: da una parte il personale scolastico che non sapeva svolgere il suo compito e dall’altra gli psicologi e psichiatri del servizio di neuropsichiatria infantile di Mirano, che hanno inventato, a giustificazione della scuola […] malattie inesistenti per definire la situazione di A. come handicap”.

“Un vizio di forma, ma solo per ciò che riguarda la dicitura riportata nella diagnosi (che avrebbe dovuto, più correttamente, far riferimento a un ‘disturbo della condotta’, ndr) probabilmente c’è stato – spiega Dario Merchiorre, dirigente scolastico della ‘Gardan’ dal 1981. Per il resto, tutto è stato fatto secondo l’iter previsto, naturalmente con il consenso dei genitori: in seguito alle numerose segnalazioni degli insegnanti, convocai la mamma del ragazzo e le suggerii di sottoporre il figlio a visita specialistica. Il bambino manifestava frequenti scatti di ira – ricorda il dirigente –pericolosi non solo per la sua incolumità, ma anche per quella dei compagni di classe. Non riusciva a relazionarsi correttamente con gli altri, a volte diventava violento e imprevedibile. Per questo, per il suo bene, abbiamo pensato che avesse bisogno di un sostegno, di un insegnante che potesse seguirlo con il massimo dell’attenzione, portando avanti un percorso di reale integrazione all’interno della classe. Poi è arrivata la diagnosi degli specialisti della Ulss e, di conseguenza, l’assegnazione del docente. Ripeto, tutto è stato fatto nella maniera più scrupolosa, secondo l’iter previsto dalla legge. Se, come mi hanno riferito, a partire dalla scuola media la situazione di A. è migliorata – conclude Merchiorre – questo miglioramento è certamente dovuto all’ottimo lavoro svolto dagli insegnanti di sostegno che lo hanno seguito, con impegno, dalla seconda alla quinta elementare”.

Anche secondo Paola Martinelli, consigliere e delegata al settore scuola presso l’Ordine degli psicologi del Lazio, la presenza dell’insegnante di sostegno non può aver danneggiato il bambino: “Ipotizzare che il docente o i docenti che si sono occupati di A. siano la causa di un danno mi sembra decisamente inverosimile. Allo stesso modo, è sbagliato pensare al sostegno come ad una specie di panacea. Quando un bambino esprime un disagio – aggiunge Marinelli – l’unica cosa certa è che c’è un problema. Più o meno evidente, ma pur sempre un problema, che affonda le sue radici nel vissuto personale e familiare. A prescindere dal caso concreto, in trent’anni di carriera professionale ho avuto spesso modo di constatare quanto sia difficile, per un genitore, accettare che il proprio figlio abbia delle difficoltà e ammettere di conseguenza che sia necessario un aiuto”.

Interpellata da Superabile, la responsabile dell’unità di neuropsichiatria infantile della Ulss n. 13 di Mirano, dott.ssa Gradisca, ha ritenuto opportuno non rilasciare, per il momento, alcuna dichiarazione. Ma, da ciò che emerge dagli atti depositati presso il tribunale di Venezia, l’azienda “sottolinea la pretestuosità e l’infondatezza delle accuse che le sono state mosse, nonché la ‘singolarità’ della causa in un contesto sociale che normalmente lamenta una carenza di assistenza, ma che evidentemente - si legge nel documento - sa esercitare la fantasia anche a fronte di un diligente assolvimento dei compiti da parte della pubblica amministrazione. La ricostruzione appare assolutamente distorta all’unico fine di dimostrare una pretesa responsabilità dell’Ulss n. 13 del Veneto, la quale, al contrario, è intervenuta tempestivamente in una situazione di grave disagio allo scopo di garantire il diritto all’istruzione ed alla integrazione di un bambino che, sin dai primi giorni di scuola, aveva dimostrato rilevanti problematiche comportamentali. L’azienda – si legge ancora nel testo – ha apprestato tutte quelle doverose e necessarie iniziative finalizzate a salvaguardare il diritto all’istruzione e all’integrazione all’interno dell’ambiente scolastico di un bambino che presentava, oggettivamente, problemi comportamentali che altrimenti avrebbero compromesso il suo pieno sviluppo”.

Fin qui i fatti. Adesso toccherà al giudice stabilire chi ha torto e chi ha ragione, anche se ci sarà da aspettare dato che – e su questo sono tutti d’accordo – cause di questo tipo non si risolvono in genere prima di un paio d’anni. Un’ultima considerazione arriva da Rolando Borzetti, esperto di Superabile sui temi della scuola: “Non capisco come mai la famiglia non si sia opposta subito all’assegnazione dell’insegnante di sostegno. Un risarcimento dei danni, a mio parere, non può sussistere. Questo ragazzo e la sua famiglia – aggiunge Borzetti - hanno beneficiato di una risorsa dello Stato, di un servizio dedicato che, probabilmente, è stato percepito con sospetto, vissuto come una minaccia, respinto e condannato come si farebbe con la peggiore delle ingiustizie. Ma è un punto di vista che non paga”. “Non si può fare a meno di notare - conclude Marinelli – quanto la situazione sia diversa rispetto a quella di neppure dieci anni fa. Con una diagnosi come quella di A., purtroppo, oggi non sarebbe stato possibile ottenere un insegnante di sostegno”.

Così, mentre centinaia di genitori affollano le aule dei tribunali di tutta Italia per ottenere le ore di sostegno necessarie per i loro figli, mentre si protesta contro i tagli operati dal ministero dell’Istruzione su una voce così delicata – l’ultima ulteriore stretta risale solo a martedì scorso – i genitori di A. si presenteranno in tribunale per dimostrare la loro verità: “Mio figlio - ha dichiarato la mamma del ragazzo in un articolo apparso, il 12 aprile, sul quotidiano ‘La nuova Venezia’ - è stato rovinato dalla scuola”.