Apprendisti stregoni

e dizionario dei sinonimi e contrari.

di Francesco Dell’Oro Flavio Albrici, da ScuolaOggi del 21/4/2005

 

Un parere sembra ormai condiviso dalla maggior parte degli osservatori: la riforma Moratti non ha futuro. E’ il risultato inevitabile di una riforma senza memoria, senza risorse e senza consenso e, con riferimento ai percorsi del secondo ciclo, con uno schema duale lontano anni luce dalle “esigenze ed i bisogni posti da una economia e società fondate sul fattore conoscenza”(1).

Si vuole cancellare un sistema formativo che, dagli anni ‘70 ad oggi, ha attraversato un periodo di sperimentazioni e di innovazioni (ITSOS, Progetti Assistiti, Progetto ’92, Progetto Brocca, i corsi dell’autonomia,…) che andrebbero, per lo meno, analizzate e verificate in rapporto agli obiettivi raggiunti e ai problemi tuttora aperti.

L’attuale sistema presenta elementi di criticità che devono essere quanto prima affrontati con una riforma efficace, ma che non può prescindere dalle esperienze realizzate in questi ultimi anni e dalle indicazioni di coloro che vivono quotidianamente in ambiti formativi.

Senza risorse non si fanno riforme. La distanza esistente fra l’investimento approvato nel piano programmatico (quinquennio 2004–2008) in data 12 settembre 2003 dal Consiglio dei Ministri per finanziare la legge 53/2003 e quanto effettivamente stanziato, è desolante. Si raggiunge a fatica, con la somma prevista nei primi tre anni(2), il 6% del totale.

Le riforme e, in particolare quella della scuola, non si impongono per decreto. La posta in gioco è enorme: la qualità della vita e una società migliore.

Il dissenso presente nelle scuole, fra i docenti, gli studenti e le famiglie, è l’indicatore di un dissenso più generale, diffuso nelle organizzazioni, nelle istituzioni e in molti ambienti della società civile.

Risulta, quindi, davvero incredibile verificare come gli attuali responsabili delle proposte di riforma non riescano a valutare e a interpretare la qualità e l’incidenza del consenso o del dissenso di coloro che, a diverso titolo, operano nelle istituzioni scolastiche del nostro paese. A volte, ciò che risulta di immediata comprensione per i normali cittadini sembra di difficile lettura per gli addetti ai lavori: l’uomo della strada come attento analista e l’esperto di turno come apprendista stregone. Una sorta di ribaltamento dei ruoli che segnala una difficoltà importante nel leggere e interpretare i fenomeni sociali e, nel nostro caso, le problematiche del sistema scolastico. Servirebbe un approccio serio, competente, di tipo critico-problematico e non gratuite banalizzazioni, magari in prima serata, sull’identificazione delle scuole superiori con i “poteri forti e occulti”.

Un’attenta analisi dell’insieme dei decreti attuativi (approvati o ancora in forma di bozza) presentati a seguito dell’approvazione della legge 28 marzo, n.53, lascia veramente esterrefatti. Sembra, quasi, di scorrere il dizionario dei sinonimi e dei contrari. Ecco alcuni esempi:

o Viene dato grande rilievo al tutor, figura piuttosto improbabile alla luce di tutte le competenze che gli vengono attribuite e, soprattutto, non prevista dalla legge 53. Si determina, in questo modo, un “vulnus” giuridico lacerando quel rapporto di garanzia istituzionale, sancito dall’articolo 76 della Costituzione, che deve esistere fra una legge delega e un decreto legislativo. Si scatena un contenzioso contrattuale irridendo l’art.43 del contratto nazionale di lavoro e si mortificano le competenze dei docenti e del consiglio di classe. Poi si afferma la “contitolarità didattica dei docenti”(3).

o Si cancella il concetto di obbligo scolastico, previsto dall’art. 34 della Costituzione, invocando l’art. 4 che richiama il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”. Seguono inevitabili discussioni, dibattiti, interrogazioni: non solo non è possibile immaginare la modifica di una norma costituzionale con un decreto legislativo ma, nel caso specifico, come è possibile sanzionare un dovere sociale e spirituale”? Non avevamo fatto i conti con la fantasia degli apprendisti stregoni. Infatti, l’ultima versione del decreto legislativo sul diritto-dovere così recita: “In caso di mancato adempimento del dovere di istruzione e formazione si applicano a carico dei responsabili le sanzioni relative al mancato assolvimento dell'obbligo scolastico previsto dalle norme previgenti”(4).

o Con riferimento ai provvedimenti relativi alla scuola del secondo ciclo, si sostiene che i due percorsi, i Licei e i corsi di Istruzione e Formazione Professionale, hanno pari dignità. Anche in questo caso, nascono discussioni interminabili. Ma è lo stesso Ministro del MIUR a porre fine al dibattito con un sorprendente documento di lavoro (allegato allo schema di decreto legislativo) con il quale definisce i Licei propedeutici rispetto alla prosecuzione degli studi e i corsi di Istruzione e Formazione Professionale terminali rispetto all’inserimento nel mondo del lavoro e delle professioni. La parola terminale (piuttosto inelegante, più di tipo sanitario che formativo....) non lascia dubbi. La pari dignità dei due sistemi è solo dichiarata ma, di fatto, non garantita dalle differenze esistenti: durata dei corsi, ordinamenti didattici, certificazioni, opportunità professionali e formative, riferimenti istituzionali. Si afferma in tutte le sedi (dibattiti, conferenze, giornali..) che non si ha alcuna intenzione di annullare il tempo pieno e, nel contempo, con il decreto legislativo n. 59, art. 19, comma 4, si abrogano gli articoli 130 e 162 comma 5, del testo unico in materia di istruzione(5), inerenti il tempo pieno.

o Si analizza lo schema di decreto legislativo sulla scuola del secondo ciclo, presentato sul sito ufficiale del MIUR in data 17 gennaio 2005, quando, in data 3 marzo 2005, viene messa in circolazione una bozza diversa che come attento osservatore devi immediatamente approfondire. C’è solo un problema: pochi giorni fa è stata presentata al Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione una nuova bozza. E siamo alla quinta o alla sesta edizione. Nel frattempo, ovviamente, il sito ufficiale del MIUR presenta ancora la bozza del 17 gennaio. Straordinario!

o Sempre nel decreto legislativo del 17 gennaio 2005 si fa riferimento (vedi art. 1 comma 5) a degli allegati. Non provate a cercarli. Sono irreperibili, almeno per un cittadino normale.

Vorremmo continuare ad esplorare questo incredibile compendio di antinomie fra un apprendista stregone e l’altro, ma c’è il rischio di intristirsi un po’.

Per ora ci fermiamo qui, ma con una convinzione profonda: la legge Moratti non è emendabile, deve essere abrogata anche perché ripropone un modello formativo selettivo, di tipo ottocentesco, che non offre pari opportunità e obbliga i ragazzi, nella prima adolescenza, ad effettuare una scelta prematura, accentuando le condizioni socioculturali di partenza e penalizzando quelle più svantaggiate. Inoltre, il sistema previsto, penalizza in particolare gli Istituti Tecnici e Professionali che hanno avuto un ruolo importante nel processo di scolarizzazione in questi ultimi decenni e che, a tutt’oggi, rappresentano una garanzia per lo sviluppo del nostro paese.

 

Dott. Francesco Dell’Oro - Responsabile Servizio Orientamento Comune di Milano

Dott. Flavio Albrici – Collaboratore dell’Assessore all’Istruzione e all’Edilizia Scolastica della Provincia di Milano

 

(1) Rapporto Eucation 2004, II volume, pag. 18-21, Ufficio Studi Confindustria.

(2) Note sindacali CGIL. Conferenza di Programma “Tutti i taglia alla conoscenza”, Roma 11 marzo 2005.

(3) Decreto legislativo 19 febbraio 2004, n.59, art. 7 (attività educative e didattiche), comma 5.

(4) Schema di decreto legislativo “Definzione delle norme generali sul diritto-dovere all’istruzione e alla formazione..”, art. 5 (vigilanza sull’assolvimento del diritto-dovere e sanzioni), comma 3. Approvato in via definitiva dal Consiglio dei Ministri il 24/3/2005.

(5) Decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, “Testo unico delle disposizioni legislative in materia di istruzione”. Art.130 (Progetti formativi di tempo lungo) e art.162 (Istituzione delle cattedre e dei posti di ruolo), comma 5 (Nelle scuole medie integrate a tempo pieno).