Tagli all'integrazione. da Il Secolo XIX del 29/8/2005
Che l'Italia sia un Paese pieno di contraddizioni vissute con noncurante leggerezza è un dato ormai assodato, ma quando queste contraddizioni assumono il carattere drammatico dell'emergenza occorre davvero riflettere: il caso (o caos, se volete) della scuola italiana per quanto riguarda i problemi del sostegno scolastico, dell'accoglienza e dell'integrazione degli alunni immigrati, della prevenzione e dell'intervento sul disagio sono ben presenti agli operatori della scuola, ma fuori dalle mura scolastiche, forse, se ne parla troppo poco come se davvero un sistema scolastico inceppato non facesse parte del sistema-Paese; d'altra parte - in nome delle contraddizioni di cui sopra - basta andare sul sito del ministero dell'Istruzione per leggere che le operazioni di immissione in ruolo di 35.000 insegnanti e di 5.000 unità di personale amministrativo si sono regolarmente concluse e che il ministro dichiara la personale soddisfazione per la «macchina organizzativa del Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca che ha dato prova di grande efficienza»... Se ci si sposta, però, nelle realtà scolastiche regionali, si scoprono altri dati: in alcune regioni il numero degli alunni disabili è in graduale costante aumento, mentre quello degli insegnanti di sostegno resta al palo o è in diminuzione, in altre i percorsi di integrazione degli ormai numerosissimi studenti stranieri dovranno essere ridimensionati per mancanza di specifici investimenti ed è evidente che basta solo toccare il rapporto docenti/alunni per peggiorare i risultati, cancellare quello che in anni di lavoro e di impegno il mondo della scuola aveva costruito: penso alla costante riflessione sui temi della disabilità e alla stessa preparazione dei nuovi docenti che oggi escono maestri di scuola materna ed elementare dopo una laurea quadriennale e un semestre di specializzazione (facoltativo) per il sostegno; penso all'impegno di chi si è trovato a insegnare l'italiano a bambini e ragazzi stranieri, cercando di adattare la tradizionale metodologia alla consapevolezza che per questi l'italiano non è una lingua straniera ma una lingua seconda, viva, vissuta quotidianamente; rifletto, infine, sullo straordinario patrimonio di intercultura che alcuni editori per l'infanzia hanno messo in circolazione dalle fiabe popolari in due lingue della Carthusia (italiano-arabo, italiano-albanese) a libri illustrati con rimandi ad altre tradizioni figurative. Penso... e resto disarmato davanti a tante governative dichiarazioni del tipo "state tranquilli che tutto va bene": no, io non sono tranquillo davanti a tagli comunque mascherati sull'istruzione, non sono tranquillo davanti alle problematiche di bambini diversamente abili che non avranno tutto il sostegno richiesto, non sono tranquillo se il Ministero si limita a monitorare attraverso una ricerca gli esiti scolastici degli alunni stranieri, non sono tranquillo se l'integrazione del giovane immigrato avverrà domani attraverso canali scolastici tradizionali e ridotti, incapaci di trasferire insieme alle strutture linguistiche la voglia di partecipazione e condivisione di comuni valori... La scuola è ancora il territorio migliore per educare alla convivenza civile e lavorare a quell'integrazione sociale che a parole anche l'attuale governo (almeno nella sua componente meno radicale) sembra privilegiare: ogni ritardo scolastico, ogni abbandono, ogni intervento di sostegno non dato o ridotto in nome dell'economia, ogni risparmio sul sistema dell'istruzione dovrebbe suonare come sconfitta in un Paese che vuole dirsi civile e invece, forse, ci preoccupano più le chiacchiere del calcio e le crisi delle tifoserie. |