DIBATTITO

Perché tanti studenti delle superiori rinunciano.

L’ora di religione non piace?

Proviamo a cambiar metodo.

di Sergio Moravia, da Il Giorno del 14/8/2005

 

«L’ora di religione»: una questione — non solo scolastica — discussa, si può dire, da sempre. Ma ora nuovi dati statistici non possono non riaprire una riflessione assai importante per l’opinione pubblica. Secondo tali dati oltre un terzo degli studenti delle superiori chiederebbe l’esenzione dall’ora predetta. La cosa sorprende molto. Da un lato le famiglie italiane avevano, in passato, accettato un’educazione religiosa nella scuola consonante col loro credo (reale o formale che fosse). Dall’altro, è noto che l’istanza religiosa sembra oggi, sopratutto nei giovani, in notevole aumento. E allora? Allora bisogna avere il coraggio di ammettere che i nostri figli non trovano nell’“ora di religione” qualcosa che corrisponde ai loro bisogni spirituali — e siccome ci si può esentare...

Io non dico che a tali bisogni si possa rispondere con appena [\FIRMA]un’ora settimanale. Dico solo che questa vastissima richiesta di esenzione offre — anzi impone — l’occasione per un ripensamento radicale dell’educazione religiosa nella scuola italiana. E mi piacerebbe — da filosofo molto simpatetico con le questioni della religione e dell’istruzione — avviare qui tale ripensamento.

Ecco le mie prime idee su quanto accennato sopra.

  1. La problematica religiosa è, anche solo attraverso i suoi simboli e perfino attraverso certe assenze o negazioni (dal dio che non c’è del buddismo, al rifiuto di dio dell’ateo) una parte costitutiva dell’umano.

  2. Quanto al cristianesimo, anche a parte il suo messaggio di fede, esso è una componente dell’Occidente senza la quale non comprenderemmo dimensioni essenziali della nostra cultura (come capire Cimabue ignorando il senso della crocefissione?).

  3. La religione è composta di una parte a-razionale privata (la fede) e di una parte dottrinale, esprimente scelte di senso e di valori di grande rilievo.

  4. La fede è connessa a una comunità di “fede-li” — la Chiesa — cui spetta il compito di trasmetterla; “insegnarla” nella Scuola di una società laica e multi-culturale è — insieme — discriminatorio e velleitario: chi deciderà quale fede insegnare?; e sarà mai possibile insegnarla come le altre materie?

  5. La dottrina, invece, si può (si deve) insegnare — come la filosofia, la storia, la letteratura; e proprio è bene che tali materie si insegnino in modo non “militante” (il prof. di filosofia che spiega i filosofi dallo stretto punto di vista spiritualista o marxista...: succede, ma è sbagliato), così la religione si può insegnare in modo “oggettivo”; rispettando le diverse opzioni di fede degli allievi.

  6. Forse, in una società pluralistica come la nostra, si dovrebbe passare dall’insegnamento di una religione (già arduo in un Paese cattolico-protestante come la Germania) a quello di più religioni. Come? Ma attraverso la storia comparata delle religioni — almeno di alcune di esse (il tempo è così poco) — come si fa in filosofia. I giovani si accosterebbero così ad aspetti della spiritualità umana che ignoravano. Ne sarebbero probabilmente contenti. E forse si esenterebbero meno dall’“ora di religione”.