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P a v
o n e R i s o r s e |
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Aggiornamento in servizio:
obbligo di legge o diritto-dovere?
di Pasquale D'Avolio da
Pavone Risorse
dell'8/8/2005
E’
sfuggito a tutti, per quanto mi consta, la novità introdotta con il
Decreto 115 del 30 Giugno 2005 "Disposizioni urgenti per assicurare la
funzionalità della P.A." a proposito dell’aggiornamento dei i docenti.
L’art. 3 comma 4 così recita testualmente: "La partecipazione
obbligatoria ai corsi di formazione in servizio del personale docente
nell’ambito delle risorse attualmente disponibili, già prevista
dall’art. 1, comma 128, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, per le
esigenze di formazione derivanti dall’insegnamento della lingua
straniera nella scuola primaria, è estesa alle altre esigenze di
formazione in servizio del personale docente, derivanti da modifiche
di ordinamento (sott. mia) o da modifiche delle classi di concorso".
L’obbligatorietà non riguarda più solamente la formazione dei maestri
in lingua inglese, ma anche quelle derivanti da "modifiche di
ordinamento". Con la L. 53 e i Decreti derivati siamo in presenza di
"modifiche di ordinamento"? Per me non ci sono dubbi, anche se non
escludo bizantinismi a tal proposito. Ergo i corsi di formazione sulla
Riforma dovrebbero diventare obbligatori.
E’ vero che di corsi di inglese obbligatori finora non se ne è visti e
si sa che i sindacati sono già sul piede di guerra (come al solito!);
è vero che tutto è legato alle "risorse attualmente disponibili" e,
come è noto, di risorse il MIUR non ha grande disponibilità. Ma quello
che interessa è il principio, che a me appare sacrosanto, anche se
sono sicuro molti non condivideranno la mia posizione. Immaginiamo una
qualsiasi azienda pubblica o privata che introducesse nuovi sistemi
produttivi e lasciasse ai dipendenti la "libertà" di aggiornarsi o
meno; non si è mai vista una cosa del genere. Eppure nella Scuola è
possibile; tutti ricordano l’infausta ritirata seguita alla nota
dell’aprile 2003 sulla Formazione in servizio per i docenti del primo
ciclo. Si disse allora, a ragione,che mancava ancora il primo Decreto
attuativo della L. 53; ma l’obiezione di fondo dei Sindacati fu che
sulla formazione in servizio decidono gli organi collegiali della
Scuola e che non era possibile imporlo con atto amministrativo. A dire
il vero ancora oggi le Indicazioni Nazionali sono "provvisorie" e
questo dimostra la superficialità dell’Amministrazione che non riesce
a sottrarsi alle giuste contestazioni sul piano formale di chi si
oppone alla Riforma. Quanto alla disponibilità delle risorse per la
formazione esse andrebbero garantite contestualmente all’avvio del
processo di riforma, altrimenti tutto diventa aleatorio: da una parte
si impone la formazione, dall’altra non si è nelle condizioni di
attuarla. Le aziende serie , di cui si parlava prima, si garantiscono
innanzitutto la certezza di poter formare i dipendenti, altrimenti non
introducono l’innovazione. Ancora una volta il MIUR dimostra la
propria incapacità a gestire i processi di cambiamento.
Ma ciò che a me preme ribadire è che le norme contrattuali in tema di
formazione in servizio sono per lo meno discutibili. Si parla di
diritto-dovere, ma il tutto è lasciato alla "volontà" dei Collegi; in
genere i Collegi sono restii a "imporre" a chi non ne ha interesse o
voglia dei corsi di formazione autogestiti (con le dovute eccezioni e
salvo . . . colpi di mano di qualche Dirigente, che decide al di sopra
della volontà del Collegio!).
Nel caso del D.L. 115 infine, (ma anche della precedente L. 311/2004),
si è certi che l’obbligo stabilito dalle norme legislative abbiano
prevalenza sulle norme contrattuali? Il dibattito è ancora in corso:
vedi la questione del "tutor". A me sembra che un Governo serio
dovrebbe rivedere tutta la complessa materia che discende dalla L. 29
del 93 sul rapporto di impiego "privatizzato" con tutte le conseguenze
che ne sono derivate (vedi ad esempio le assurde norme sulle
supplenze).