Tutor, sul "Sole" un'interpretazione unilaterale
di Dedalus da Scuola oggi del 23/9/2004
A quanto pare, dopo una fase improntata alla cautela, il Sole24ore-Scuola ha deciso di “scendere in campo” con maggior determinazione sulle questioni più spinose della Riforma Moratti, in particolare sulla questione del tutor, figura sulla quale si concentrerebbe attualmente “la più aspra delle polemiche”, come scrive Giovanni Scaminaci sul n.14 del 17-30 settembre 2004.
Dopo aver sottolineato la delicata situazione in cui si possono venire a trovare i dirigenti scolastici, tra pressioni e minacce del MIUR da una parte e Collegi o sindacati dall’altra, e aver auspicato che il MIUR si decida a fornire le annunciate “nuove indicazioni alle scuole”, Giovanni Scaminaci, nell’articolo “Tutor in cerca di soluzioni”, sostiene che non tutte le questioni che vengono prospettate sono veramente problematiche dal punto di vista interpretativo ma che in molti casi si tratterebbe piuttosto di vere e proprie forzature, una sorta di “resistenza passiva” all’applicazione della Riforma. In questo senso, il Sole 24 ore ha dissolto ogni residuo dubbio: la figura del tutor, pur non essendo prevista esplicitamente nella legge 53/2003 - per quanto riguarda per la scuola primaria - ma solo nel decreto legislativo 59/2004, va comunque istituita.
Il fatto che vi possa essere un “eccesso di delega”, non essendo questa figura prevista specificamente nel testo della legge di riforma, non preoccupa minimamente Scaminaci. Collegi e dirigenti scolastici, scrive, devono procedere lo stesso: non sta alle scuole infatti dichiarare l’incostituzionalità delle norme. Il fatto che l’eventuale incostituzionalità di alcune norme debba essere “accertata e dichiarata dagli organi competenti”, quindi dalla Corte Costituzionale o da altri tribunali e non certo dai Collegi docenti, ci sembra un’ovvietà. I Collegi, salvo rari casi in cui qualcuno ha confuso gli organi collegiali della scuola con i Soviet, si limitano ad agire con le loro deliberazioni nel rispetto e in attuazione di altre norme dello Stato, di rango primario, appunto, quali la legge 59/1997 e il suo Regolamento attuativo Dpr. 275/99. Secondo cui materie come la progettazione delle attività didattiche, la formulazione degli orari, le modalità organizzative di impiego dei docenti competono esclusivamente alle istituzioni scolastiche nell’ambito della loro autonomia didattica ed organizzativa.
Non solo ma, come è stato rilevato più volte, manca un altro presupposto fondamentale per non procedere necessariamente alla nomina di un (solo) docente tutor per ogni gruppo docente: questa figura non è (tuttora) prevista nel Contratto di lavoro dei docenti come profilo professionale specifico. E tantomeno è stata avviata la necessaria e prevista “specifica formazione”.
C’è poi un’ambiguità di fondo, una contraddizione in termini nella tesi, ripresa dal Sole 24 ore, secondo la quale il tutor nella scuola primaria svolgerebbe le importanti funzioni assegnategli “con l’apporto degli altri docenti”, “fatta salva la contitolarità didattica dei docenti” sulle classi (così recita il Decreto L.vo). Ma come è possibile?
Molte delle funzioni individuate costituiscono compiti importanti, essenziali e costitutivi della stessa funzione docente. Si pensi all’assistenza e guida agli alunni del gruppo classe, alla cura dei rapporti con le famiglie, alla compilazione del portfolio (ergo, alla valutazione degli alunni). Fanno parte cioè della stessa (e comune) professionalità dei docenti ai quali sono affidati alunni e gruppi classe e non possono non essere svolte che da tutti. Com’è possibile pensare che solo un docente intrattenga rapporti (esclusivi) con i genitori o si prenda cura degli alunni senza che ipso facto non si configuri come una figura “diversa” dagli altri docenti? Che sia sovraordinato o sottoordinato si potrà anche discutere, ma sicuramente è “diverso”, per funzioni, responsabilità e compiti professionali dagli altri…
In questa stessa direzione va il riferimento alle 18 ore minime che l’insegnante tutor dovrebbe svolgere sulla classe. Come si fa a negare che, di fatto, in questo modo si viene a determinare una “prevalenza”? E come non vedere che con questa organizzazione oraria, inevitabilmente, oltre alle funzioni tutoriali, educative e relazionali, questo docente dovrà pure avere assegnato il carico maggiore delle discipline o quantomeno degli insegnamenti principali? A questo punto è evidente che si configurerebbe se non come insegnante unico, quantomeno come “insegnante di classe”, costellato, assistito da altri docenti che effettuano interventi differenti e di minor rilievo (i laboratori, il recupero, gli interventi specialistici) nella stessa classe. Insegnanti di contorno, al massimo collaboratori… altro che “collegialità” e “contitolarità”! Due diversi profili professionali di insegnante, appunto.
Perché allora non dire chiaro e tondo che in questo sta la vera innovazione, il cuore pulsante della Grande Riforma? Perché non dirlo a chiare lettere, fuori dall’ambiguità? Era molto più chiara, onesta e coerente, ai suoi tempi, la Falcucci, con la sua proposta di modello di scuola. Non possiamo che rimpiangerla, non fosse altro che per questo.
P.S. Su questo tema rinviamo agli articoli, già pubblicati, di Giancarlo Cerini e di Federico Niccoli. |