La Procura punta a identificare i vertici dell’organizzazione.

«Gli oltre cento finiti nei guai sono solo l’anello debole», dice un avvocato

Truffa nelle scuole, si indaga anche sui prof


L’inchiesta sui dipendenti senza titolo tocca il personale docente:

primi accertamenti su un insegnante

di Lavinia Di Gianvito da Il Corriere della Sera del 23 Settembre 2004

 

C’è anche un professore nell’inchiesta sulle assunzioni di bidelli e impiegati che hanno trovato lavoro grazie a titoli falsi. Il nome (anzi, il solo cognome) dell’insegnante è contenuto in una segnalazione recapitata ai carabinieri del Nucleo operativo. È una lettera di poche righe, sulla busta c’è il timbro di Brescia. Chi scrive sostiene che il docente è «fortemente coinvolto» nella vicenda dei diplomi e degli attestati di servizio contraffatti e aggiunge che in questa storia «il giro di denaro e di illecito è più ampio di quello riscontrato». I militari hanno inserito la segnalazione nell’informativa consegnata alla procura il 19 luglio dell’anno scorso. Il professore potrebbe essere una delle menti dell’organizzazione che per anni ha creato e venduto i falsi documenti. Al vertice, secondo lo stesso rapporto del Nucleo operativo, ci sarebbe G.S., «dipendente del provveditorato agli studi di Roma, attualmente in distacco sindacale presso la Uil». L’impiegato ha lavorato nel Centro servizi amministrativi di via Pianciani fino al 2002, lo stesso anno in cui è iniziata l’inchiesta ed è arrivata in ufficio una nuova dirigente, Maria Assunta Palermo.

«Abbiamo svolto controlli a campione per tutto il 2003 - spiega Palermo - e alcuni attestati di servizio sono risultati contraffatti. Gli atti sono stati inviati alla procura, gli iscritti alle graduatorie sono stati depennati e i contratti dichiarati nulli. Naturalmente gli indagati sono stati esclusi dalle assunzioni per l’anno scolastico in corso». La dirigente annuncia che il Csa si costituirà parte civile e lo difende dall’accusa, mossa da qualche istituto, di non aver mai nutrito sospetti prima che iniziasse l’indagine: «Colpa nostra? Bisognava vederli quegli attestati di servizio, erano così perfetti che soltanto quando le scuole da noi interpellate hanno risposto di non averli mai rilasciati ci siamo convinti della loro falsità. Come si faceva ad accorgersene? Allora bisognerebbe mettere in dubbio tutti i titoli presentati».

I timbri apposti sui documenti fasulli provenivano da istituti della Campania o di regioni del nord Italia. Emila, Veneto, Lombardia. Ma la «tipografia» usata per stampare diplomi e attestati di servizio non è ancora stata trovata. È questo uno dei capitoli aperti dell’inchiesta, che ora punta a individuare i vertici della piramide. «La sensazione - dice l’avvocato Gianluca Arrighi, che difende un bidello casertano - è che le assunzioni illecite siano state pilotate da un’organizzazione. I 111 indagati erano dei poveracci, disoccupati in cerca di lavoro. È chiaro che c’è qualcuno che ha gestito il traffico dietro le quinte».