Una scuola a colori

 di Franca Zambonini da http://www.stpauls.it

pubblicato su Meridiano scuola il 22/9/2004

 

Dieci anni fa, nella scuola italiana c’erano 30 mila stranieri, oggi sono 282 mila. C’è chi teme problemi di integrazione per gli immigrati e ritardi nello studio per i ragazzi italiani. Ma da una classe multietnica tutti possono imparare qualcosa.

La maestra Giovanna ha passato il primo giorno di scuola a lezione dai suoi alunni. Il tunisino Abdoullah le ha insegnato a scrivere il nome con le vocali al posto giusto. L’indiano Nanak le ha spiegato che il Punjab in italiano si dice Pangiab e significa "terra dei cinque fiumi". Il filippino scritto sul registro col nome di Ike, l’ha pregata di chiamarlo Francesco, come adesso fanno i suoi genitori...

La mia amica Giovanna ha quindici scolari italiani più nove stranieri. È una insegnante di lunga esperienza, ma le resta qualche ansia. Si confronterà con lingue, abitudini, modi di vita, religioni che non le appartengono. Dovrà evitare conflitti tra quei ragazzini che arrivano da lontano e i compagni nati qui. Starà attenta a non usare, con gli alunni e i colleghi, formule di larvata esclusione, tipo: «il marocchino della quarta C», oppure: «quel cinesino della terza A». Dopo tanti anni di insegnamento, anche Giovanna si confronta con la svolta della scuola multiculturale.

Da questa svolta arrivano notizie diverse. A Roma, c’era il prefetto Achille Serra a inaugurare la scuola media "Ludovico Pavoni", nella difficile zona del Casilino dove abitano molti immigrati. Alunni e genitori stavano riuniti in palestra, italiani, cinesi, filippini, bengalesi, peruviani, e l’augurio di «buon anno scolastico» è stato ripetuto in cinque lingue. La parola "dialogo" era la più citata nei discorsi. E il preside Giovanni Piccolo annunciava vari progetti, come un’orchestra multietnica, giochi e sport dei diversi Paesi del mondo.

Poi ci sono le brutte notizie, ed eccone una. La Lega Nord di Brescia raccoglie firme per introdurre nelle scuole il sistema delle quote, cioè non più di tanti extracomunitari per classe. Come a dire che gli alunni stranieri sono un peso, un disturbo, vediamo di accollarcene un po’ per uno. È un’idea pericolosa, si comincia con le quote e si finisce alle classi segregate, come in Alabama prima di Martin Luther King, o in Sudafrica all’epoca dell’apartheid: si comincia con le quote e si finisce con la classe-ghetto. Per fortuna, Letizia Moratti ha buon senso: «La scuola statale deve essere capace di integrazione e non può fare discriminazioni. Vogliamo mantenere questo valore», ha risposto la ministra.

Dieci anni fa, i figli di immigrati iscritti nelle scuole italiane erano circa 30 mila. Oggi sono 282 mila. Detta così, sembra una cifra impressionante. In realtà, rappresenta solo il 3,5 per cento della popolazione scolastica, con un picco del 6 per cento nel Nord, il 4,8 per cento nel Centro e un minimo dello 0,9 per cento al Sud. Si capisce che la crescita inarrestabile dell’immigrazione porta problemi. Genitori, autorità scolastiche, insegnanti cercano vie nuove per mettere d’accordo accoglienza e rendimento scolastico; per garantire l’inserimento degli stranieri e insieme il diritto dei ragazzi italiani a non essere rallentati nello studio.

«Non esistono strade, i sentieri si formano camminando», dice il proverbio spagnolo. Dei tanti sentieri che si stanno sperimentando, mi sembra fruttuoso quello imboccato dalla maestra Giovanna. La mia amica ha già previsto che prima o poi inciamperà in qualche sasso, forse si scontrerà con i pregiudizi di certi genitori e la diffidenza di certi colleghi. Ma, mentre insegna ai suoi alunni dai diversi colori, sa anche che da essi potrà imparare qualcosa, e insieme a lei i loro compagni di banco italiani. Se non altro, uno sguardo sul mondo e i valori della convivenza. Un buon inizio di anno scolastico.