Insegnanti a rischio follia Le ragioni di un fenomeno che minaccia l’equilibrio dell’intero mondo scolastico e gli interventi necessari nell’intervista a Vittorio Lodolo D’Oria, autore della ricerca e responsabile Area Scuola e Sanità della Fondazione Iard di Federico Pace da Orizzonte scuola del 28 settembre 2004
Ci racconta da dove è partita questa indagine? La ricerca coinvolge casi che vanno dall’inizio del 1992 fino a dicembre 2003 e copre quindi dodici anni di osservazione. Lo spunto è stato del tutto occasionale ed è venuto adll'osservazione che, nei primi anni della Commissione, i casi psichiatrici coinvolgevano quasi sempre gli insegnanti. Così dal 1998 ho deciso di andare a raccogliere tutti i casi che avevo analizzato come medico.
Cosa la spinge a lanciare un grido d’allarme? Se è vero che il mestiere dell’insegnante è un mestiere ad alto rischio psicopatia, come dimostra questo studio comparato, proprio per il logoramento psico-fisico, allora questi insegnanti vanno tutelati negli interessi di tutti. Nessuno si può chiamare fuori, né studenti, né genitori, né insegnanti, né dirigenti, né ispettori o medici. La cosa strana è che venga tutto sommerso e non se ne parli a fondo da questo punto di vista. Andrebbe detto che i ragazzi hanno insegnanti a rischio di follia.
Quali sono le cause principali? Le cause sono molteplici. Si va dalla persistente condizione di precario, alle riforme continue e mancate. Dall’ingresso dei sempre più numerosi stranieri nelle classi e dei portatori di handicap nelle classi normali. Ma c’è anche la rottura fra l’asse genitori-insegnati a favore dell’asse genitori-figli. Il genitore è il sindacalista del figlio. Il figlio è quasi sempre unico oggetto di tutte le proiezioni narcisistiche del genitore. Deleghiamo sempre di più a questi poveri insegnanti.
Quali sono le principali patologie? Più del settanta per cento sono di tipo ansioso-depressivo e quindi patologie secondarie e non primitive come la schizofrenia o i disturbi di personalità. Questo vuol dire che sono reattive e secondarie a una situazione di disagio e poiché noi diciamo che eventi stressanti di vita privata incidono ugualmente nelle quattro popolazioni osservate le cause sono a carico dell’attività professionale.
Alle volte si fa confusione tra mobbing e psicopatia… Il confine che le separa è molto sottile. I casi più gravi di insegnanti con una psicopatia franca denunciano di solito di essere mobbizzati. Bisogna fare una distinzione tra quello che è un caso di mobbing vero e proprio e quello che invece è affetto da psicopatia.
Si può parlare quindi di mestiere usurante anche per gli insegnanti? Questo è un mestiere ad alto logoramento psico-fisico. Uno dei grossi problemi è che questo problema non viene riconosciuto. Gli stereotipi sono un cancro che erodono lo stesso insegnante. Il docente si vergogna di star male facendo una professione dove gli viene concessa mezza giornata libera. La vergogna è quella macchina che fa scattare l’isolamento e l’isolamento è quello che fa passare da una situazione di stress e a una situazione di psicopatia e poi di isolamento sociale. E’ una dinamica perversa.
Nella ricerca si registra un peggioramento negli ultimi anni del numero dei casi… Questo dato è molto interessante perché l’incremento coincide con la riforma delle baby-pensioni. Dalla Riforma Amato abbiamo avuto un’escalation dal 45% al 57%. Questa prevalenza di malattie psichiatriche cresce negli insegnanti mentre invece va a livellarsi nelle altre professioni. Con le baby-pensioni si poteva andare in pensione con 15 anni sei mesi e un giorno. Tutte le persone che si sentivano esaurite prendevano la palla al balzo e uscivano. Ora invece il sistema ti obbliga in modo coatto ad andare avanti ad insegnare, l’unico modo per uscire da questo disagio è quello di ricorrere alla commissione di inabilità lavoro.
E’ un escamotage? Assolutamente no. Tutti i provvedimenti (quasi il 90%) dicono che chi lo richiede è davvero inabile all’insegnamento. Gli insegnanti sono davvero in difficoltà.
Qual è il comportamento dei sindacati riguardo a queste tematiche? C’è una inspiegabile assenza da parte sindacale. La riforma delle pensioni era più che giusta, però nessuno, nemmeno i sindacati hanno studiato il fenomeno. Anche perché c’è il problema della causa di servizio. Se questi insegnanti facessero la causa di servizio non sarei molto tranquillo per la casse statali.
Colpisce anche il fatto che non ci siano diversità significative per i diversi livelli scolastici… Aggiungerei il dato interessante di uno studio della collega Vizzi di Torino dove si vede che le malattie esordiscono prima negli insegnanti delle elementari, poi in quelli delle medie e infine nei docenti delle superiori. Questo perché gli insegnati delle elementari cominciano a lavorare prima. Le patologie escono dalla fase latente dopo circa 20-22 anni. Le patologie quindi sono direttamente legate agli anni di servizio mentre il livello scolastico di insegnamento è indifferente. Questo spiega anche perché il ternd mostra un aumento dopo la riforma delle pensioni. E non potranno che aumentare.
Sorprende anche il fatto che non ci sia differenza nei dati della componente femminile e di quella maschile. Stanno tutti male? In un recentissimo studio mondiale dell’Oms si dice la donna si ammala il doppio di depressione rispetto all’uomo e di ansia per il triplo dei casi. Ebbene invece per i docenti i dati sono identici. Questo significa che il fattore di logoramento legato al mestiere dell’insegnante è così forte da annullare le differenze di genere. E secondo me questo è il dato più eclatante della nostra ricerca.
Quali interventi suggerisce? Bisogna muoversi. Immaginiamo la popolazione degli insegnati come una piramide a tre piani. La punta in alto sono gli “psichiatrici”, ovvero quelli che hanno bisogno delle cure psichiatriche, con questi c’è il problema di come agganciarli e curarli. Poi ci sono quelli di mezzo che sono gli “stressati”, ovvero quelli che rischiano di diventare “psichiatrici”, anche questi devono essere agganciato. Gli appartenenti a questo gruppo devono avere consapevolezza, devono sapere fare un’autodiagnosi, devono essere informati che il loro è un lavoro a rischio e come difendersi, con loro c’è da fare un lavoro di informazione e formazione. E poi c’è la base di quelli sani che vanno mantenuti sani, qui il lavoro di prevenzione.
Quali sono le vostre iniziative? Noi della Fondazione Iard abbiamo predisposto questo triplice intervento. Soprattutto ai dirigenti scolastici indichiamo come devono comportarsi. La cosa curiosa è vedere come si comporta un dirigente quando ha una “patata bollente” come questa. Il dirigente, quando va bene, si comporta come uno psichiatra e pone lui la diagnosi con il rischio però di venire denunciato. Alcuni chiedono il trasferimento per incompatibilità con il rischio di passare il problema ad un altro istituto. Il rischio che questi casi rischiano di circolare attraverso il sistema scolastico per più di dieci anni. Altri suggeriscono di prendere delle ferie o li mandano in biblioteca.
Viene fuori uno scenario della scuola assai preoccupante… E’ un mondo sommerso. In questa scuola ci sono casi di insegnanti delle elementari che morsicano gli alunni. Poi è naturale che i bambini rimangano terrorizzati. Questo è un mondo di cui pochi vogliono parlare come invece si dovrebbe.
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