SCUOLA. A lanciare la proposta di un quesito referendario abrogativo l'ex deputato verde Francesco Bortolotto «Referendum contro la Moratti» Il coordinatore regionale della Gilda: «Gravissimi i danni di una riforma che avanza in modo confuso»
Parte da Vicenza e dal Veneto la proposta di un referendum abrogativo della riforma Moratti. A lanciarla, Francesco Bortolotto, insegnante di chimica all'istituto "Rossi", ex consigliere comunale e regionale, nonchè senatore dei Verdi nella passata legislatura dal 1996 al 2001, eletto coordinatore regionale della Gilda, la prima associazione professionale degli insegnanti, nell'assemblea del 16 settembre a Padova. «Con la riforma costituzionale già approvata dai governi dell'Ulivo le Regioni hanno la competenza sull'istruzione professionale - spiega Bortolotto -. E per proporre un referendum abrogativo non servono le firme, ma è sufficiente una richiesta avanzata da almeno cinque regioni. Abbiamo inoltrato la nostra proposta a tutti i governatori, compreso quello del Veneto, Galan, e non dovrebbe rappresentare un problema raggiungere il quorum di regioni necessario. Abbiamo già chiesto inoltre un incontro con tutti i gruppi consiliari a Venezia».
Referendum a parte, come sta la scuola attuale? «In questo momento la scuola sta subendo i gravi danni causati da questa cosiddetta riforma che avanza in modo confusissimo. Il problema principale non è che vogliano costringere docenti e studenti a fare cose nuove ma che non si capisce dal testo della riforma cosa bisognerebbe fare. In compenso stanno tagliando classi, docenti, laboratori e tutti i servizi essenziali e indispensabili per il normale funzionamento della scuola».
La Gilda in passato si era opposta anche ad altri tentativi di riforma... «La Gilda era stata molto critica anche verso la riforma Berlinguer, non perchè gli insegnanti non vogliano le riforme ma perchè bisognerebbe introdurre innovazioni in grado di migliorare la situazione vigente. Per dare innanzitutto più strumenti agli alunni ed alle scuole. Si è parlato tanto ad esempio dell'introduzione dell'inglese fin dalla prima elementare ma sono state tagliate le ore ed anche la promessa di installare un computer in ogni classe non è stata mantenuta».
La scuola vicentina e veneta sta meglio o peggio delle altre? «È messa peggio della media nazionale, perchè il Veneto si ritrova con meno personale, meno risorse e meno insegnanti rispetto soprattutto ad altre regioni del centro-sud dove si registrano degli esuberi. I tagli colpiscono molto qui da noi ed arrivano in una fase in cui stanno aumentando gli studenti, in primis gli extracomunitari. Se vogliamo l'integrazione, la scuola ha un ruolo fondamentale. Noi vorremmo lavorare per il bene della scuola ed invece ci costringono ad adempimenti che nulla c'entrano, come questa cosa ridicola del portfolio».
Intanto non si è ancora concluso il balletto delle nomine. «Una tragedia incredibile. Il governo non è stato nemmeno in grado di adeguare il software del sistema che gestisce le graduatorie alle successive modifiche introdotte dalla maggioranza in Parlamento al momento dell'approvazione dei criteri di nomine già decise ai tempi dell'Ulivo».
Lei è stato parlamentare: come si è trovato dall'altra parte della barricata ed al momento del ritorno a scuola? «In Parlamento ho fatto una battaglia importante sui temi della scuola, soprattutto per risolvere il problema del precariato, tanto che eravamo riusciti a ridurne il numero da 180 a 60 mila. Adesso invece il numero dei precari è tornato oltre quota 180 mila e le 15 mila assunzioni sbandierate non sono nemmeno sufficienti a rimpiazzare chi va in pensione. Dopo l'esperienza parlamentare sono rientrato a scuola perchè penso che la democrazia consista nella possibilità di passare dalle istituzioni alla vita civile e viceversa. E perchè lavorare in aula è altrettanto importante che farlo in Senato».
Cosa pensa infine di quanto accaduto al Lampertico? «È un esempio della situazione nella quale ci troviamo. Classi con difficoltà di comportamento avrebbero necessità di maggior sorveglianza e personale che invece sono mancati per i motivi detti prima».
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