Gli alunni invisibili!
da Progetto Melting Pot del 15/9/2004,
pubblicato da Orizzonte scuola del 16/9/2004
Il totale degli studenti migranti iscritti
nell’anno scolastico 2002/2003 è di 232.766 il, circa il 3%
dell’intera popolazione della scuola dell’obbligo, ma a fronte di ciò
nei nuovi programmi ministeriali non troviamo mai indicato o trattato
il termine di intercultura, di educazione interculturale ecc.
Se, infatti, da un lato il MIUR continua a pubblicare il rapporto
sugli alunni di cittadinanza non italiana, dall’altro non troviamo nel
testo della “Riforma Moratti” (legge delega n°53 del 2003) , negli
atti o cornici normativi nessun accenno specifico sull’inserimento
degli studenti migranti, sull’accoglienza e sulla programmazione
didattica interculturale. Questa assenza - che coincide tra l’altro
con la già avvenuta eliminazione dei distacchi di docenti su
intercultura e alfabetizzazione (i cosiddetti ”facilatori”), con i
tagli ai finanziamenti e al personale docente e non – ha tolto ogni
collegamento tra alunni migranti e istituzioni, tra altre culture e la
scuola. Mancanze e silenzi “culturalmente inquietanti” così come
inquietante appare il modello di scuola attuale, una scuola dove – in
buona sostanza – si persegue l’idea di “sommare unitamente” o meglio
equiparare tutte le diversità (handicap, appartenenze culturali ecc)
con il rischio di promuovere un modello omologante sia culturale che
sociale, nonché di privilegiare indirettamente un concetto di
normalità e conseguentemente un azzeramento delle alterità.
Si delinea così di fatto una scuola integralista – dove la
multietnicità, il laicismo, la conoscenza e il rispetto di tutte le
confessioni religiose, saranno sacrificati di fronte al potenziamento
della centralità della religione cattolica – e classista – ossia una
scuola che non aiuta a superare le differenze sociali ma semmai le
sedimenta. Un esempio lampante a questo proposito sono le scelte
post/obbligo scolastico. Infatti il 40% degli allievi migranti
frequenta istituti o centri di formazione professionale a fronte di un
20% di allievi italiani, in altre parole il doppio degli allievi
stranieri sceglie i binari meno pregiati della formazione. Di fatto,
parallelamente a un’istruzione che diventa sempre più costosa si
istituisce una divisione netta tra chi sceglie scuole professionali -
e avrà quindi davanti a sé soltanto la possibilità di un lavoro di
basso profilo - e chi potrà permettersi dieci anni di studi, non certo
gratuiti, prima al liceo e poi all’università.
Dalle nostre scuole possono così uscire studenti migranti che hanno
competenze sulla letteratura e la storia italiana ma non sulla loro
tradizione letteraria e storica, questo probabilmente perché il
silenzio istituzionale – circa la presenza di allievi migranti e la
necessità di adottare strumenti per la gestione delle diversità nelle
classi – è determinato da fatto che si vede l’eterogeneità come un
elemento problematico, da “ignorare”, in attesa che avvenga un
“processo di integrazione assimilatrice” che già tanti danni ha
prodotto non solo in Italia ma anche in altri paesi europei (Francia,
Germania ecc) e che soprattutto sotto i “veli” emancipatori nasconde
per lo più l'annichilamento delle differenze.
Se fosse però solo un problema linguistico! In realtà c’è anche una
problematica di tipo legislativo/burocratico infatti la legge
Bossi/Fini prevede che uno studente migrante, compiute le scuole
superiori, non abbia automaticamente il permesso di restare qui e
cercarsi un’occupazione, devono infatti esserci dei requisiti
particolari come ad esempio un lungo periodo di residenza. In questo
scenario quello che appare più che necessario è che la cultura della
scuola educhi i suoi allievi al dialogo e al confronto perché mai come
in questo “qui ed ora” viviamo in una dimensione di interdipendenza
che connette tutte le regioni e tutti i molti mondi del pianeta. Se da
un lato infatti si tenta di diffondere e promuovere la solidarietà
planetaria e i diritti di cittadinanza, dall’altro la circolazione e
l’ibridazione delle culture viene impedita da leggi disumane e
xenofobe e da pregiudizi e false paure sempre più diffusi nella
società.
Diviene perciò fondamentale che le istituzioni educative si preparino
a favorire i diritti di cittadinanza, adoperandosi in una prospettiva
plurale e pluralistica che miri concretamente a valorizzare tutte le
differenze che già affollano e affolleranno lo scenario sociale
attuale e futuro.