Brescia, la scuola che dà fastidio.

Due genitori ritirano i bambini da una scuola perché ci sono troppi stranieri.

Scoppia un caso. Il direttore scolastico provinciale parla di quote per gli immigrati,

poi fa retromarcia.

 

 di Luca Fazio da il Manifesto dell'11/9/2004

 

Il povero Giuseppe Colosio, che di mestiere fa il dirigente scolastico provinciale a Brescia - non si sa ancora per quanto tempo - adesso non sa più che pesci pigliare. Il giorno dopo si lamenta, dice che è stato solo frainteso. Lui non avrebbe affatto parlato di «quote per gli extracomunitari nelle classi di Brescia» come riportato ieri in prima pagina dal Corriere della Sera, il giornale che si è prestato ad inventare il caso per fare del sensazionalismo un po' razzista, screditando il Secondo Istituto Comprensivo di Brescia, una delle scuole che invece è più all'avanguardia nei progetti di integrazione per gli alunni stranieri. Cosa sarebbe successo in quella scuola? Ad ascoltare il giornale più letto d'Italia, i genitori italiani avrebbero addirittura deciso di ritirare i loro figli per via dei troppi stranieri che (nella più sofisticata delle ipotesi) ritarderebbero la didattica. I genitori in questione però sono solo quattro: ma due hanno semplicemente cambiato casa, e sugli altri due sarebbe fin troppo facile esprimere un giudizio. Fatti loro. A quel punto, Giuseppe Colosio, invece di dare voce ai 698 genitori che non hanno niente di che lamentarsi, ha preso a cuore le sorti degli unici due che hanno deciso di iscrivere il figlioletto altrove, magari per specchiarsi davanti un bimbo dello stesso colore. Ecco allora la soluzione Colosio: spalmare gli stranieri nelle altre scuole, «una scelta necessaria per non creare disagi ai cittadini». Perdipiù concordata con il nuovo prefetto, Maria Teresa Cortellessa dell'Orco. Colosio un risultato l'ha già ottenuto. Una telefonata di quelle che non si dimenticano dal ministero e forse anche un'ispezione per capire cos'è questa bufala delle quote. Già che ci sono, gli ispettori potrebbero anche insegnarli che parlando di bambini stranieri non sta bene dire «faremo come per i disabili. Mica finiscono tutti nella stessa classe».

Solo chi non ha mai avuto a che fare con il mondo della scuola, soprattutto dei più piccoli, può pensare che gli stranieri possano essere in qualche modo «un problema» da confinare in una riserva indiana. Specialmente in una scuola modello come quella di Brescia, piena di bambini stranieri perché è nel cuore del centro storico, il quartiere dove abitano in maggioranza. Il responsabile dell'ufficio stranieri della Camera del Lavoro di Brescia, Ibrahim Diallo, per il primo anno ci ha iscritto suo figlio (poi ha cambiato casa). «Quella scuola elementare - spiega - è una realtà molto all'avanguardia proprio nelle pratiche di integrazione, in quelle aule sono ben rappresentate tutte le nazionalità e tutte le classi sociali. C'è sempre e ovunque il genitore che si lamenta, ma credo che in questo caso qualcuno abbia voluto strumentalizzare la vicenda. Ci siamo informati al provveditorato e ci hanno detto che in quella scuola non ci sono assolutamente situazioni problematiche». Ma allora come si spiega la bufera a mezzo stampa che si è abbattuta sulla scuola? Santo Gaffurini, segretario della Cgil scuola della Cdl di Brescia, una spiegazione ce l'ha. Ma prima di tutto ci tiene a ribadire una cosa: «Il numero degli stranieri nelle scuole di Brescia è molto elevato, ma il percorso scelto è stato quello di appoggiare progetti di integrazione, e tutto ciò in quella scuola è avvenuto. Stiamo parlando di un istituto che partecipa a progetti innovativi contro la dispersione scolastica, con attività incrociate che mobilitano diverse altre realtà sociali presenti sul territorio. Questa scuola sta subendo un attacco politico preciso dalla destra perché dimostra che la convivenza è possibile, proprio nel quartiere abitato dagli immigrati».

Piccoli retroscena aiutano poi a decifrare la miseria che può contribuire a costruire quella che la vicepreside Ebe Comini definisce una leggenda metropolitana. Per esempio, il fatto che la destra, per contrastare la decisione del comune che vorrebbe pedonalizzare via san Faustino, proprio nei pressi della scuola, usa argomentazioni di questo tipo: togliendo le macchine dal centro, lo abbandoneremo nelle mani della casbah.