Anche nel Trevigiano allo studio criteri per l’integrazione

«Le Regioni e la Moratti discutano delle quote»

Immigrati distribuiti nelle classi, proposta del Veneto

di Gabriela Jacomella  da Il Corriere della Sera del 13/9/2004

 

Un tavolo nazionale di confronto, che coinvolga il ministero dell’Istruzione e le regioni. Perché la presenza di bambini e adolescenti «migranti» non sia più un’emergenza da affrontare con soluzioni localistiche e a volte improvvisate, ma venga valutata come un problema comune, cui dare una risposta valida su tutto il Paese. La proposta viene dal Veneto, fra le zone più interessate dal flusso migratorio. E chi la lancia è Ermanno Serrajotto, assessore regionale all’Istruzione, leghista. Sceso in campo dopo che anche nel Trevigiano, come a Brescia e a Genova, le scuole iniziano a elaborare nuove strategie per accogliere gli alunni immigrati.

LA PROPOSTA - In Veneto, fa il punto l’assessore, ci sono 530 mila studenti. Di questi, 28 mila sono stranieri. «Una presenza accentuata su alcuni territori, nelle province di Treviso e Vicenza. E durante l’anno se ne aggiungeranno altri, come capita con i bimbi cinesi, che ormai arrivano quasi settimanalmente». Difficile, per un docente, seguire la «tabella di marcia» definita su una classe con 5 o 6 stranieri, quando a metà anno ci si ritrova a insegnare l’italiano a uno scolaro «neoarrivato». «Sarebbe saggio ipotizzare un tavolo di dibattito nazionale, il problema non è solo della Lombardia o del Veneto - chiosa Serrajotto -. Se ci sono buone prassi, condividiamole». Magari riflettendo anche sulla «ridistribuzione» dei bimbi migranti, le famigerate «quote»: «Credo ci sia stato un errore di valutazione, forse si temeva che la proposta celasse un velo di xenofobia. Nulla di più sbagliato: qui c’è da pensare solo agli interessi degli studenti, sia quelli italiani "da sempre" sia quelli che stanno diventando cittadini del nostro Paese. La scuola è un diritto. La ridistribuzione fra classi è un modo per organizzare la didattica e garantire il meglio, per tutti».

IL «CASO» FOLLINA - «Parlare di "quote" significa in ogni caso dare una risposta rozza al problema», taglia corto Gianni Busolini, dirigente didattico dell’Istituto comprensivo (elementari e medie) «Fogazzaro» di Follina (Treviso), salito agli onori delle cronache locali per l’impennata di allievi stranieri registrata negli ultimi anni (tanto da ospitare nel 2003 un convegno sull’intercultura, gli atti sono sul sito www.scuolafollina.it ). Un problema da risolvere, ma «niente "tetti" o iscrizioni sospese: al limite si possono ridistribuire gli alunni in classi parallele, nei plessi di un altro istituto». Una soluzione che al professore non dispiacerebbe («Quest’anno abbiamo 174 stranieri su 694 studenti, il 25%»). Con casi limite come a Cison, «già in una classe sono al 50%, se poi durante l’anno saliamo al 70%...». E allora si cerca di accogliere, distribuendo. «Ma la proposta non è realistica: i Comuni non hanno soldi per i trasporti e le mamme immigrate non hanno l’auto, chi li porta a scuola? Ci vuole una politica di accoglienza più seria, controlli su alloggi, sanità. E un tavolo di discussione, regionale e non solo. Perché è giusto accogliere questi bambini, ma l’accoglienza va ragionata».

CORSI E FONDI - E sulle modalità di accoglienza l’assessore Ferrajotto rilancia: «Molte scuole tengono corsi pomeridiani di alfabetizzazione. Io penso piuttosto a 30 ore settimanali per un quadrimestre, e solo alla fine l’ingresso in classe. Gruppi di 5-7 stranieri con un docente preparato: può essere anche un modo per creare occupazione, chissà». E i fondi? «Ci vuole un gioco di squadra tra regioni e ministero, le spese si possono dividere al 50%». «Proposta inefficace - ribatte Busolini -. Scommetto che un bimbo straniero in full immersion per 4 mesi nelle nostre aule saprebbe l’italiano meglio che con i corsi ipotizzati dall’assessore. Ma ci vogliono insegnanti ad hoc , ore di italiano fuori classe. Questi bambini sono una ricchezza, vederli giocare insieme senza problemi di lingua o colore della pelle è una festa. Ma il problema c’è. E va trovata una soluzione. Perché così non si può andare avanti a lungo».