Devolution in arrivo

 da Tuttoscuola del N. 166, 27 settembre 2004

 

Il testo in discussione

In settimana la Camera dovrebbe arrivare al voto finale  sull'art.  34 del disegno di legge di riforma della Costituzione. È l'articolo  che contiene la cosiddetta  "devolution",  e  che  recepisce  con  qualche modifica l'originaria proposta avanzata dalla Lega. In particolare  il comma    quarto   dell'art.  117  dell'attuale  Costituzione  sarebbe sostituito - sempre che non intervengano ulteriori  aggiustamenti  nel successivo    iter   della  legge,  che  prevede  altri  tre  passaggi parlamentari - dal seguente testo:

"Spetta alle Regioni la potestè legislativa esclusiva nelle  seguenti materie:

a)     assistenza e organizzazione sanitaria;

b)     organizzazione scolastica, gestione degli istituti scolastici e  di formazione, salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche;

c)     definizione della parte dei programmi  scolastici  e  formativi  di interesse specifico delle Regioni

d)     polizia locale;

e)     ogni altra materia non espressamente  riservata  alla  legislazione dello Stato".

Rispetto alla formulazione iniziale, la materia scolastica  "devoluta" alle   Regioni  è  meglio  specificata.  In  sostanza,  alle  Regioni sarebbero assegnate tutte le competenze  organizzative  e  gestionali, senza la distinzione contemplata nell'attuale art. 117 tra sistema  di "istruzione" (a  legislazione  concorrente  tra  Stato  e  Regioni)  e sistema di "istruzione e  formazione  professionale"  (a  legislazione esclusiva    delle   Regioni).  Simmetricamente,  la  definizione  dei programmi scolastici  e  formativi  di  interesse  nazionale  -  senza distinzione tra i due sistemi -  sarebbe  tutta  di  competenza  dello Stato.

 

 

Quali conseguenze per la scuola

Come muterebbe dunque  il  quadro  delle  competenze  disegnato  dalla "devolution" rispetto alla situazione attuale?

Da una parte verrebbe a cadere la competenza concorrente  sul  sistema di istruzione, a rischio di perenne contenzioso, mentre dall'altra  la definizione dei programmi sarebbe fatta a livello nazionale anche  per i percorsi del sistema di istruzione e formazione, senza le complicate negoziazioni che hanno  finora  reso  faticosa  la  vita  dei  modelli integrati (IFTS, corsi sperimentali  triennali  per  la  qualifica  ex legge 53).

C'è da considerare che le modifiche all'art. 117 non toccano il comma 2, e che quindi resta confermata allo Stato la competenza  legislativa esclusiva in materia di "norme generali sull'istruzione" (punto  n)  e di    "determinazione   dei   livelli  essenziali  delle  prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti  su tutto il territorio nazionale" (punto m). Il combinato disposto, cioè l'insieme, di queste due competenze, e di quelle assegnate allo  Stato in materia di definizione dei programmi di interesse  nazionale  anche per il sistema di istruzione professionale, configura  addirittura  un ampliamento delle competenze dello Stato, rispetto a  quelle  attuali, almeno per quanto  riguarda  l'architettura  complessiva  del  sistema formativo.

Così stando le cose, i timori di una forte deriva regionalista  verso la   formazione  di  20  autarchiche  repubbliche  educativo-formative potrebbero ridursi. E l'autonomia scolastica?

 

 

Quali conseguenze per l’autonomia

Quanto alla "organizzazione scolastica e gestione degli istituti scolastici e di formazione", si deve rilevare che la competenza legislativa esclusiva è sì riconosciuta alle Regioni, ma "salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche" (estensibile magari, per connessione, a quelle formative).

 La quale autonomia, che è di tipo funzionale e non sostanziale (come quella, per esempio, dei Comuni), continuerà ad essere governata da normative statali (legge 59/1997, art. 21; DPR 275/1999; la stessa legge n. 53/2003, che la richiama). Peraltro l’attribuzione alle Regioni della competenza legislativa esclusiva in materia di "organizzazione scolastica, gestione degli istituti scolastici" e di "definizione della una parte dei programmi scolastici e formativi d’interesse specifico" potrebbe in qualche modo aprire la questione di un possibile ridimensionamento o, comunque, di rapporti critici con il principio dell’autonomia delle istituzioni scolastiche, che rappresenta un’esplicitazione di sussidiarietà orizzontale.

Perché? Le istituzioni scolastiche potrebbero essere limitate, oppure impossibilitate, ad intervenire su parte dei piani di studio ("di interesse specifico delle Regioni"), peraltro riferita ad una quota non determinata né dalla legge di riforma degli ordinamenti né dal decreto attuativo.

Sul versante del personale docente e dirigente, che sarebbe gestito dalle Regioni, non dovrebbero venir meno le regole generali, uniformi a livello nazionale, in materia di formazione, inquadramento, carriera, sia nel caso (di cui si discute proprio in questi giorni) di un nuovo stato giuridico introdotto per legge, sia a seguito e nell’ambito dei contratti nazionali di categoria.

Non secondari sono gli effetti sulle strutture dell’amministrazione con lo snellimento delle funzioni e la riduzione della gestione.