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QUESTIONE STRANIERI.

C'ERA UNA VOLTA L'ACCOGLIENZA?

Cosa succede nella scuola italiana riguardo gli alunni stranieri?

 

di Elio Bettinelli da Scuola oggi del 15/9/2004

 

A Milano, classi islamiche, progettate dalle autorità scolastiche e poi bloccate, per andare incontro, si dice, a richieste di genitori egiziani che vorrebbero salvaguardare la propria identità culturale e religiosa, minacciata dalla convivenza con bambini e ragazzi di altre “culture”. Le classi “islamiche” sarebbero secondo i proponenti italiani l’unico modo di far venire nella scuola pubblica alunni che altrimenti sarebbero ancor più separati restando in una scuola privata senza alcuna autorizzazione. Insomma un tentativo pragmatico di integrazione, secondo i proponenti. Però uno dei responsabili della scuola privata dichiara alla stampa che loro non hanno chiesto nulla, hanno solamente posto il problema di come far sì che i loro alunni, passando alla scuola superiore, non fossero zavorra nelle classi in quanto in difficoltà con la lingua italiana e con il programma.

Ancora. In una scuola media di Milano su due classi prime una classe è composta in prevalenza da alunni immigrati in cui gli italiani sono una esigua minoranza: si dice che i genitori stranieri hanno scelto il tempo prolungato diversamente dai genitori italiani che hanno voluto il tempo normale. Un genitore italiano con figlio adottivo latino americano dice che così non è e ritira il figlio dalla classe “per stranieri”. Si avanza il sospetto che la scelta delle due classi diversamente composte sia il prezzo per mantenere nella scuola i ragazzi italiani. Quanti sono i casi simili in Italia? Qualcuno, un po’ brutalmente, ha parlato di “classi cestino”: un po’ di stranieri, uno o due handicappati, qualche “sfigato” autoctono…

A Brescia si propone di mettere un numero massimo di alunni stranieri per ogni classe: troppi di loro, specialmente se di recente immigrazione, costringono gli insegnanti o a “rallentare” il programma danneggiando così gli alunni autoctoni o, all’opposto, a trascurare gli alunni stranieri per seguire gli altri. Gli alunni stranieri sono un problema, un aggravio, dunque meglio sarebbe spalmarli sul territorio, su tutte le scuole, magari anche molto distanti dalle loro abitazioni. Insomma dai bacini d’utenza alla diffusione forzata.

Qua e là per l’Italia si segnalano scuole “polarizzate”, con una percentuale altissima di alunni immigrati o figli di immigrati, dal 30% al 50%, in alcuni casi addirittura con una presenza maggioritaria. Sono scuole che sorgono dentro o nelle vicinanze di quartieri “etnici”, in ghetti per stranieri con una naturale maggioranza di popolazione straniera? O piuttosto si tratta di scuole “polarizzate” perché c’è anche una “fuga” degli italiani verso scuole vicine (fuga non per razzismo ma perché i genitori temono che i propri figli “rallentino” nello studio)? E che dire di quelle scuole che accolgono gli italiani “fuggitivi” ma sono davvero poco ospitali rispetto ai bambini e ai ragazzi stranieri del loro stesso bacino, per non dire di quelli dei bacini altrui? E’ questa una delle conseguenza dell’autonomia dei singoli istituti o di una sua visione particolaristica ?

E che pensare della presenza massiccia di alunni stranieri nei corsi e negli istituti professionali, secondo molti dati oltre il 40%? Gli adolescenti stranieri sono più portati per il lavoro precoce o siamo di fronte a forme di autoselezione da un lato e di orientamento più o meno esplicito dall’altro?

Segnali sempre più evidenti di un disagio che sta montando, di una fase nuova, assai problematica, nella quale siamo già entrati. C’è stata fino a ieri l’attenzione, almeno dichiarata formalmente, all’accoglienza, all’integrazione, all’inserimento scolastico di bambini e ragazzi con cittadinanza non italiana. Nelle scuole – certo non in tutte - abbiamo affrontato tale fase pionieristica con disponibilità, richiamandoci alla nostra cultura “integrativa”, fruendo di risorse che qui e là, in modo disuguale, venivano messe a disposizione, allacciando legami con il territorio, sostenuti anche da un quadro normativo che conteneva una visone integrativa e interculturale.

Oggi tutto sembra tornare in discussione sotto l’urto dell’aumento impressionante degli alunni immigrati, in presenza di una riforma scolastica che pare ignorare questa realtà e di tagli drastici alle risorse. Il ministero dice no: alle classi islamiche (e siamo d’accordo), al tetto di alunni stranieri per classe (e siamo d’accordo) ma poi? Quali proposte, indicazioni, risorse si mettono in campo?

Si pone il problema di una politica scolastica non solo nazionale ma sul territorio, in quelle situazioni di forte flusso migratorio che hanno bisogno di essere monitorare costantemente e governate con saggezza. Ma insieme occorre dare nome alle cose, ai fatti che stanno avvenendo, rintracciare ragioni e cause, sovente non dette, nascoste. Molto si può fare anche a livello dei singoli istituti ma occorre evitare la facile via di puntare solamente sulla didattica, quasi che un suo rinnovamento – sicuramente necessario - sia sufficiente per affrontare i problemi che stanno emergendo. Occorre essere consapevoli che, per tanti aspetti, è in gioco il futuro della nostra società ormai culturalmente plurale che corre il rischio di nuove esclusioni. Le ricette separatorie proliferano nel silenzio deliberato di fronte ai problemi; nell’assenza di prospettive si ripropone di fatto la logica terribile del “nuota o affoga” che viene proposta a tutti, compresi i più vulnerabili.