LE TRE "Q" SCOLASTICHE

 

di Michele Rossena da la Repubblica del 14/9/2004

 

Si tratta di qualunquismo psicopedagogico, qualità discriminata, quantità mortificata. Riferendomi in particolare per quest'ultima al taglio d´investimenti, con la conseguente crescita non solo di un nuovo precariato d´insegnanti, ma pure di una rispolverata marginalità di studenti non all'altezza del compito istituzionale.

O per meglio dire non in sintonia con i «livelli essenziali di prestazione» normalmente previsti, per usare il linguaggio della riforma.

La cosa ci riguarda da vicino. Come cittadini campani e più specificatamente figli di quella Napoli che aveva lottato forte sulla trincea dell'uguaglianza e del diritto allo studio, ovviamente individualizzato nel caso di bisogni personali, dall'alunno culturalmente deprivato? il nostro hinterland scolastico che destino avrà? ? al soggetto portatore di disagio psicologico, allo studente disabile. E così, giusto per confrontare le nostre diverse prospettive, su questa riforma di rispolverato sapore classista che pompa i piccoli iperdotati (si veda l´anticipo agli studi) istigando le medie intelligenze e i loro familiari all'omologazione con le alte sfere e bocciando le scarse capacità come segno di devianza, vorrei attingere alle migliori risorse della psicologia. Mentre la psicologia scolastica più avanzata è intenta a ricercare nuove prassi di integrazione scolastica per quegli studenti, bimbi o adolescenti che siano, che stentano a trovare sintonia con tempi e modi istituzionali, ecco il ministro che taglia laddove c´è più bisogno. Chi non si allinea alla corsa a competere ha perso in partenza, recita fra le righe la riforma della "scuola di tutti".

Ci sarebbe ben poco da sperare, se l´operatività quotidiana di genitori e insegnanti si dovesse sintonizzare al tiro mirato della riforma su valutazione e redditività. E pensare che quel mal di scuola che negli ultimi anni è stato più volte denunciato nelle tante storie di vita nostrana, diverse ma comuni nei sentimenti di angoscia, paura, tristezza e ancor più senso di persecuzione, avrebbe preteso nuove strategie di comprensione e d´intervento nate da aspettative ricche di ben altri contenuti. È dunque necessario che insegnanti e genitori attingano altrove per districarsi nel difficile quotidiano.

Del resto la scuola non è fatta solo di regole dettate da un ministro. Si regge pure sul mettere in gioco il meglio delle risorse individuali. Perché in una scuola psicologicamente arida, seppure cognitivamente all'avanguardia, non si cresce, si parcheggia. Si sopravvive. Perché in una scuola ove insegnanti e alunni tirano la giornata senza consensi e gratificazioni è difficile pure sopravvivere: il sistema nervoso si ribella.

E allora continuate a credere nelle risorse di figli e allievi, cari genitori e cari insegnanti, convinti e ricchi del vostro potere personale d´inventare nuovi quotidiani modi di comunicare. Educare alle emozioni si può, oltre la "nuova" pedagogia di Stato.