Viaggio tra i liceali italiani intimoriti dallo "scritto che giudica tutti".

Qualche anno fa capitava così anche ai padri

"Il compito? Un rituale militare"

cambia la scuola, resta la paura

di Marina Cavalieri da la Repubblica del  24 ottobre 2004

 

ROMA - «A volte ci arrivano telefonate, dicono che c´è una bomba nella scuola, sono i ragazzi che lo fanno per evitare il compito in classe, se dessimo retta non saremmo mai aperti». Ci scherza su il preside del Liceo Tasso di Roma, Achille Acciavatti, ma svela come una paura antica degli studenti abbia resistito a tutte le riforme, a tutti i capovolgimenti, alle generazioni. Perché tutto è cambiato ma non il compito in classe, il rituale della valutazione oggettiva, dei fogli che si compilano in silenzio e quel momento fatidico, da resa dei conti, retaggio di una scuola severa e minacciosa, è miracolosamente sopravvissuto a tutto il "nuovo" di cui si riempie oggi la scuola.

I ragazzi che hanno danneggiato il Parini di Milano hanno detto di averlo fatto per evitare il compito di greco, vero o falso che sia sicuramente svelano un "terrore" che si pensava scomparso o almeno ridimensionato. «E' un rituale militare, vessatorio, come l´interrogazione con il professore che fa scorrere l'indice sul registro. Sì, il compito in classe fa ancora paura», ammette Giuseppe Beccia, studente del´Uds, «ma tutta la valutazione è vissuta male dagli studenti, c'è ancora timore e non il piacere d´imparare». «Finchè la valutazione sarà così lo studente sarà sempre impaurito», continua Claudio Riccio. E Ciro del liceo Garibaldi di Napoli: «La paura della verifica esiste, non sarebbe così se ci fosse più partecipazione». Per Federica del liceo Monticelli di Brindisi: «Si vive in funzione dei voti e c'è paura di deludere le aspettative di insegnanti e genitori». E Giulio del Tasso aggiunge: «E´ colpa dei professori che a volte fanno vivere il compito andato male come un´umiliazione».

Ansia, paura, umiliazione, parole che stridono nella scuola del dialogo. «La scuola è vista come facile e permissiva da molti adulti che hanno studiato in altri tempi ma è considerata impegnativa dagli studenti di oggi, per loro certamente è difficile perché non hanno provato nessuna situazione più difficile di questa», spiega Tilde Giani Gallino, docente di Psicologia dello sviluppo. «Non conta tanto la difficoltà della prova ma quanto i parametri a cui si è abituati. I ragazzi oggi vivono una situazione iperprotetta, la società tutta non chiede molto, il compito è il momento in cui bisogna sottoporre se stessi ad una prova, o la superi o non la superi e nell'ottica soggettiva di un ragazzo può creare timori più o meno grandi». Retaggio di una scuola antica o strumento di valutazione ancora valido, il compito in classe ambiguamente sopravvive. «E´ vero che oggi la scuola è più permissiva ma ha lasciato intatti dei simboli del passato, potevano essere accettati un tempo ma per i ragazzi di oggi è più difficile», dice Benedetto Vertecchi, pedagogista. «Il compito in classe ha la struttura di valutazione di un prodotto, "vediamo cosa sai fare e poi ti giudico", un criterio che andava bene un tempo, quando la scuola era per pochi, ora in una scuola più aggiornata la valutazione dovrebbe essere più simile ad un "processo". In questa situazione cambiata i ragazzi si trovano a vivere un disagio forte, la strumentazione valutativa corrisponde a quella di una scuola che non c´è più».

Ma odiato o contestato, obsoleto o no, il compito in classe continua ad essere difeso dagli insegnanti. Ultimo punto fermo a cui ci si aggrappa in una scuola di cui non sempre è chiara la rotta. «E' obbligatorio, fa parte degli ordinamenti scolastici, è un appuntamento pedagogico importante che non si può eliminare», dice Filippo Tarantino, preside del liceo classico Cagnazzi di Altamura. «Molto dipende dagli insegnanti, dal clima, dal rapporto che creano, poi si può anche spostare, con gli studenti si contratta». Pragmatismo, dunque, ma senza sconti. «La scuola è cambiata e la paura è fuori luogo», dice Achille Acciavatti, «il compito in classe non è una mannaia: è solo una verifica indispensabile».